La presenza nella nostra Regione di ampi territori protetti rappresenta una scelta strategica di lungo respiro finalizzata a valorizzare, esaltare e rendere economicamente produttive aree che potrebbero per incuria e per dolo essere irrimediabilmente dilaniate da pratiche che poco hanno a che fare con la natura e le bellezze paesaggistiche.
La Regione Basilicata, al fine di raggiungere gli obiettivi di salvaguardia, di protezione, di tutela, di promozione e di conservazione dell’habitat rupestre istituì il “Parco archeologico storico naturale delle chiese rupestri del materano”
Un’area incastonata a ridosso della Città dei Sassi caratterizzata da emergenze archeologiche che si perdono nella notte dei tempi che vede la presenza di insediamenti rupestri di valore inestimabile.
Circa 9000 ettari quasi completamente di proprietà privata preservati fino ad oggi dall’azione di tutela praticata nei secoli dalle popolazioni rurali dedite alla pastorizia e alla coltivazione dei campi.
Gente che con sacrificio ha vissuto e operato nella consapevolezza che proteggendo e controllando l’habitat, contenendo la proliferazione di determinate specie animali, adottando tecniche agronomiche antiche e oggi riconosciute ampiamente dalla scienza agronomica, preservava la propria vita e quella dei propri figli.
La proliferazione di specie animali che non vedono idonei antagonisti naturali deve essere controllata adeguatamente per evitare che esasperazioni possano sfociare in atti deleteri per il Parco stesso. Questo equilibrio oggi viene messo a dura prova da un ambientalismo sordo e cieco, da una burocrazia snervante e deleteria, da una lettura aberrante di regolamenti scritti senza una adeguata concertazione con il mondo agricolo che deve essere il primo beneficiario della istituzione del Parco. La presenza di una popolazione di cinghiali che ha raggiunto numeri a dir poco esagerati è proprio il risultato eclatante di un mancato coinvolgimento di tutti gli attori del Parco e della incapacità e superficialità con cui si affrontano i problemi ingabbiati da un ambientalismo spesso cieco e illogico.
E’ indispensabile che coloro che per millenni hanno preservato questo habitat abbiano voce in capitolo nell’ambito del Consiglio direttivo dell’Ente affinché le decisioni da adottare in termini di scelte strategiche non siano avulse dalla realtà. Il Consiglio di Amministrazione del Parco delle Chiese Rupestri, organo deputato ad assumere decisioni, di disegnare linee strategiche di sviluppo sia agricolo che turistico sostenibile deve vedere la presenza di rappresentanti degli agricoltori proprietari, che oggi a causa di una legge istitutiva ormai datata e lontana dalla realtà è rappresentato esclusivamente da ambientalisti e sedicenti tali.
Meraviglia molto che gli agricoltori proprietari non si coalizzano in Associazioni e che le Organizzazioni Professionali rimangano mute e distratte permettendo a coloro che non rischiano nulla di decidere, senza nessuna concertazione, delle sorti delle proprietà private di agricoltori che fanno della coltivazioni dei propri fondi il sostentamento economico familiare.
Troppo facilmente si dimentica che l’istituzione di un Parco deve essere una opportunità per tutti e in particolare per coloro che lo vivono quotidianamente preservandolo con sacrificio e dedizione lavorando i propri campi.
Si esprime tutta la propria solidarietà sia nei confronti degli agricoltori che sono quotidianamente impossibilitati a contenere i danni provocati da animali che vivono e si riproducono indisturbati distruggendo vigneti, colture orticole, seminativi, frutto di sacrifici fisici e economici, sia dei dipendenti di questi Enti che non riescono a dare dovute risposte a legittime richieste.
Non ci si meravigli, cadendo dalle nuvole, se poi qualcuno perde il lume della ragione perché gli viene negato il giusto ristoro dei danni o perché viene trattato con pressappochismo o ancora peggio deriso per i propri guai.
Michele Lamacchia, Consigliere comunale PS I