Saranno circa un migliaio i braccianti agricoli lucani che parteciperanno, sabato 25 giugno, alla manifestazione nazionale contro il caporalato organizzata dai sindacati di categoria Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil. Una scelta non casuale, quella di tenere la manifestazione nazionale nel capoluogo pugliese, in considerazione del fatto che, pur essendo un fenomeno diffuso a livello nazionale, il caporalato assume nel Mezzogiorno i connotati di una vera e propria emergenza sociale. Il tema sarà al centro domani, 23 giugno, del consiglio generale della Fai Cisl, in programma al Park Hotel di Potenza, dalle 10, alla presenza del segretario generale nazionale Luigi Sbarra, che torna nel capoluogo lucano dopo aver partecipato il 9 aprile scorso alla marcia per il lavoro. Una giornata per riflettere sul caporalato e per rilanciare le proposte del sindacato contro il lavoro irregolare in agricoltura.
“Sabato più di 10 mila braccianti agricoli scenderanno in corteo a Bari per dire no al caporalato”, spiega Sbarra, sottolineando che “il primo passo è l’approvazione del ddl 2217 che recepisce le richieste del sindacato su più stringenti norme penali e un maggiore coinvolgimento delle parti sociali nel contrasto al fenomeno del caporalato”. Il leader della Fai Cisl chiede a governo e parlamento la rapida approvazione del provvedimento, se necessario “individuando una corsia preferenziale o ricorrendo alla decretazione d’urgenza”.
Sul tema caldo dei voucher, invece, Sbarra critica fortemente la scelta del governo di alzare da 2 mila a 7 mila euro il tetto massimo consentito per i voucher. “È una scelta sbagliata, iniqua, in grado da sola di smantellare e destrutturare il rapporto di lavoro subordinato in agricoltura, e che pertanto va rimossa. L’estensione fino a 7mila euro dei buoni per lavoro occasionale configurerebbe una vera tipizzazione che colpirebbe le contrattualizzazioni, promuovendo forme di lavoro che negano il diritto all’assistenza, al Tfr, alla malattia, agli ammortizzatori sociali. La strada da percorrere va nel senso opposto: occorre ridurre il volume consentito, controllare l’effettivo rispetto della legge, affidare alla contrattazione la definizione delle nuove regole. La questione va affrontata nel suo complesso, definendo limiti invalicabili, che riconoscano le specificità del lavoro occasionale agricolo, che vive di stagionalità e di rapporti di brevissima durata”.