Lunedì 11 luglio 2016 a Montescaglioso dalle ore 17,30 presso il Convento dei Frati Cappuccini dell’Abbazia di San Michele, in occasione della ricorrenza della festa di San Benedetto partirà la Marcia Intergenerazionale per l’accoglienza dei popoli sulle orme di San Benedetto.
Il tema proposto per questa Marcia consegue dalle sollecitazioni di grande attualità, derivanti dai numerosi dibattiti che da tempo si susseguono, sulla necessità del recupero di una identità umana ancorata alla storia e ai valori autentici di ogni popolo tenendo conto della propria eredità culturale e spirituale. L’aver orientato la nostra attenzione verso la figura di S. Benedetto , ci ha fatto scoprire come per preparare con fiducia il domani, sia necessario attingere all’esperienza delle grandi figure di ieri che, oltre ad agevolare l’uscire fuori dal nostro “essere sequestrati” dall’orizzonte corto del presente ci aiutano a non disperdere il patrimonio di vita e di fede che illumina la visione dell’uomo, della società, della fraternità, della solidarietà, della sussidiarietà. San Benedetto, nella tradizione agiografica, è recepito come uomo di Dio, carismatico, padre spirituale dei monaci e taumaturgo. A lui si deve l’organizzazione del monachesimo in Occidente, grazie alla Regola da lui redatta a metà sec. VI, la quale oltre a contenere le norme essenziali per la vita comunitaria è pervasa da un grande senso di moderazione e di umanità. La Regola di S. Benedetto, capolavoro di saggezza e di equilibrio, riconosce il primato di Dio nella vita personale e indica le norme di comportamento per dare ai monaci sicuri punti di riferimento. Nel rispetto della dignità della persona, Benedetto indica al monaco una strada di perfezione non troppo ardua, caratterizzata dalla discrezione, dal senso della misura e dall’ordine nella vita. Il monachesimo benedettino, perciò, ebbe un grande successo e si diffuse nelle varie regioni dell’Europa medievale, con una rete di abbazie le quali oltre ad essere fari di spiritualità, contribuirono in modo determinante al progresso economico e sociale del territorio. Ora et labora (prega e lavora), fu il motto che caratterizzò il monachesimo benedettino. I monaci pregavano e lavoravano manualmente, curando il culto e la cultura, la liturgia e l’arte. Ogni monastero aveva la sua biblioteca e lo scriptorium, dove si trascrivevano i testi degli antichi autori cristiani e pagani, salvati dalla distruzione, e si decoravano i preziosi codici con splendide miniature. Una particolare cura era dedicata ai malati e all’assistenza dei più bisognosi, invalidi e orfani. Le abbazie erano anche luoghi di sosta lungo le strade di transito e di pellegrinaggio, perciò avevano una foresteria che accoglieva viaggiatori e pellegrini, con grande spirito di carità. Di fondamentale importanza, per il progresso della società civile e religiosa del tempo, furono le scuole curate dai monasteri – anche al di fuori del recinto – nelle quali i giovani venivano formati non solo culturalmente mediante l’apprendimento dottrinale, quanto soprattutto attraverso la comunicazione dell’esperienza di vita. Una trasmissione di esperienza e sapienza, di generazione in generazione, in prospettiva di un arricchimento umano per un futuro migliore. Il monachesimo benedettino, in quindici secoli di esistenza, nel suo diffondersi a livello planetario si è caratterizzato, oltre che per il rispetto della dignità della persona, anche per l’apertura alle varie culture con le quali é venuto a contatto, mediante un processo d’inculturazione che lo ha visto impegnato nel dialogo e nell’integrazione dei valori umani e religiosi condivisi. Si vuol dire che la Regola di S. Benedetto, affermando il primato di Dio e la grandezza dell’uomo, si è rivelata una realtà viva, aperta alle situazioni che di volta in volta – ovunque e in ogni tempo – si sono presentate, punto di riferimento sicuro per il bene della persona e della società umana.