“La riforma della Pubblica amministrazione: pubblico impiego, trasparenza e prevenzione della corruzione”. Questo il tema del seminario che si è svolto oggi presso la sala “B” del Consiglio regionale che lo ha promosso in collaborazione con la School of Government dell’Università degli studi “Tor Vergata” di Roma. Obiettivo cardine del seminario quello di costituire un momento di riflessione sui temi principali della cosiddetta “Riforma Madia” che, pur nella diversità degli aspetti trattati, si propone, da un lato, di avviare un generale ripensamento del pubblico impiego, con particolare riferimento alla dirigenza e ai processi di valutazione e, dall’altro, di ampliare il livello di trasparenza e prevenzione della corruzione, attraverso il recepimento dei principi tipici dei Freedom of Information Act e il rafforzamento dei poteri dell’Autorità Nazionale Anticorruzione.
“Soddisfacimento delle richieste e aspettative della comunità: è questo il principale obiettivo delle riforme sulla Pubblica amministrazione”. Così il Presidente del consiglio, Francesco Mollica, intervenendo oggi al seminario sulla legge Madia, sottolinea il ruolo delicato e importante che spetta ai dirigenti ed ai funzionari pubblici.Fondamentale – ha continuato – è la formazione per sviluppare la giusta competenza e motivazione. Formazione non intesa con il supporto di un mental coach. Così come prioritario è la giusta selezione del personale organizzativo che non si vede solo dal superamento di un concorso, ma dalle attitudini che quel dirigente è in grado di avere anche e soprattutto per motivare i dipendenti. Perché – ha spiegato Mollica – bisogna distinguere il leader che deve guidare dal manager che, invece, è legato al raggiungimento di obiettivi di economicità di utile aziendale.Altro elemento vincente è appunto la motivazione volta al soddisfacimento del bisogno perché sentirsi parte di una squadra è motivo di orgoglio. La gente – ha aggiunto il Presidente – è l’elemento che meglio determina il grado di soddisfazione. Altro punto fondamentale è la semplificazione che passa anche attraverso un linguaggio semplice”.
“Il rapporto tra dirigente e dipendente è come accarezzare una mano, non bisogna farlo sempre allo stesso modo, essendo le dita di lunghezza diversa.Essendo in presenza di una legge delega- ha precisatoMollica – la legge ‘Madia’ appunto, si è in attesa della completa implementazione della stessa con i vari decreti attuativi. La Riforma ultima della Pubblica amministrazione, in realtà, vuole porre rimedio ad una serie di interventi legislativi degli anni ’90 che, evidentemente, non hanno risolto il problema della trasparenza e di un sistema dicontrollo efficace. Non servono regole – ha continuato Mollica – se non interpretate in senso duttile. Occorre intervenire in modo chiaro su una materia sensibile in cui la formazione riveste un ruolo preponderante, ovviando ad altri interventi normativi rimasti sulla carta e che non hanno tenuto conto del fatto che l’obiettivo principale per la P.A. è il soddisfacimento delle esigenze dei cittadini. Gli obiettivi variabili in una Pubblica amministrazione sono pochi. La competenza non si può pensare derivi solo dalla selezione, quello che conta è ciò che si è capaci di mettere in campo. Così come le motivazioni non devono consistere solo nella contropartita in denaro, quest’ultimo deve divenire la motivazione per supportare la giusta eticità di comportamento. All’interno del sistema tutto è collegato e la motivazione ne è l’elemento vincente. Alla fine, quando il bisogno di sicurezza è raggiunto, ecco che sopraggiunge la grande responsabilità che è graduata a partire da chi le leggi le concepisce per giungere a chi le applica. Non bisogna sottovalutare le esigenze mutuate da esperienze positive, tantomeno la semplificazione che si attua attraverso un linguaggio semplice”.
“Una Pubblica amministrazione più funzionante per la politica è una manna scesa dal cielo – ha concluso il Presidente – perché nel confronto con la comunità può solo prendere vantaggio e visibilità. E se funziona, il vantaggio è anche di chi amministra”.
Domenico Tripaldi, dirigente generale del Consiglio regionale della Basilicata, aprendo i lavori, ha sottolineato l’importanza della collaborazione tra l’ Università di “Tor Vergata” ed il Consiglio regionale, puntualizzando che quello di oggi, è il primo appuntamento che comporta un fase di carattere generale, cui faranno seguito altre due fasi dedicate, rispettivamente, alla valutazione delle politiche della Pubblica amministrazione ed alla trasparenza e prevenzione della corruzione.
Maurizio Decastri, prorettore, coordinatore della School of Government e professore ordinario di organizzazione aziendale presso l’Università di Roma “Tor Vergata” nella sua relazione su “La gestione delle risorse umane nella Pubblica Amministrazione alla luce delle recenti riforme”, ha detto che “ il comportamento efficace di una P.A. è dato da due macro fattori: il tipo di persona e le caratteristiche dell’organizzazione in cui è inserita. Della persona vanno analizzati due aspetti: le competenze e le motivazioni che ne spiegano il comportamento. Quattro, in effetti, i fattori fondamentali: la persona e le competenze, quindi, il contesto organizzativo e la competenza dei capi. La gestione della persona è un qualcosa di estremamente complesso, bisogna saper influenzare il comportamento grazie ad un bagaglio di proprie competenze che non appartengono al singolo specialista. Le competenze sono un insieme di tre pezzi: lo studio delle teorie, le esperienze e le attitudini che si formano e plasmano all’inizio della vita per poi diventare difficili da modificare. Ruolo precipuo spetta alla leadership carismatica. Vi sono, poi, altre attitudini, magari più gestibili, vedi quelle cognitive di tipo analitico o sintetico, quelle decisionali prettamente emotive. Saper decidere non è un problema di capacità cognitive, bensì di stabilità emotiva. Tre i temi pregnanti – ha aggiunto Decastri – nei concorsi pubblici come si valuta? Le conoscenze sono, comunque, sintesi di studio. Non esiste un sistema per scoprire il più bravo, questi può uscire dalla statistica dei grandi numeri e il profilo attitudinale deve sfociare nella formazione professionale. Infine, il tema legato al mondo della motivazione che è un suk, un processo di mercato tra persone e superiori e datori di lavoro. La percezione dello scambio ha una regola di fondo: la soddisfazione di un bisogno che vuol dire colmare un vuoto, sopperire ad una carenza. Non tutti i bisogni sono possibili da soddisfare nella Pubblica amministrazione, come il riconoscimento del lavoro fatto, dei risultati prodotti, l’aumento di status e di stima. Di qui il dubbio sulla abnegazione da mettere nel proprio lavoro dal momento che i meccanismi impediscono la soddisfazione del bisogno. Si giunge così al criterio sbandierato del ‘fannullone’ fino al punto di quasi giustificarlo come persona razionale. Ma non farne certo l’apologia è doveroso, bisogna piuttosto ricorrere al combinato disposto per il processo di lavoro per motivi esogeni, perché ci si crede, rivivono i valori sani, si ama il proprio lavoro, il piacere di dare il proprio contributo, la passione quotidiana che deriva da una scuola, quella italiana, portatrice di valori indelebili ed inarrivabili. Dinanzi alle responsabilità del sistema ecco apparire la coscienza individuale in cui sperare, il meccanismo dell’autorealizzazione. Il lavoro interinale era basato solo sulla ricerca di una motivazione che i dipendenti a tempo indeterminato non avevano: la motivazione del precario per il proprio progetto. La legge Ferradini– ha detto ancora Decastri – con la sua canzone ‘Teorema’ è una vera sintesi della demotivazione umana. Rendere garantiti alcuni aspetti del lavoro senza alcun attacco al sindacato e, nel contempo, lottare per cacciare i ‘professori’ del far niente. Sistema di regole sintomatico del sistema di valutazione, ma non fatto di moduli e crocette, piuttosto della descrizione del ruolo, obiettivi dichiaratia priori, non strumenti formali, ma sapere cosa l’Amministrazione si aspetta. Si tratta di un vero passaggio culturale, un patto tra galantuomini, non di un sistema autoritario. Il vero manager, e i migliori sono nel pubblico, ha capacità di osservazione, di colloquio, almeno il 30 per cento del tempo lo deve dedicare alla gestione dei collaboratori, a parlare con loro. Valutare e misurare non sono la stessa cosa. La prestazione si valuta non si misura. E’ indubbio, che è fisiologico come certi giudizi non siano oggettivi essendo presente la dose di soggettività. Ma l’importante è che i risultati non siano solo qualcosa di quantitativo e che i comportamenti da adottare vadano definiti all’inizio e non in corso d’opera. Il passaggio più difficile viene con il colloquio di valutazione e, soprattutto, quando bisogna dire le cose che non vanno bene, gli obiettivi non raggiunti. Il sistema deve essere perciò orientato a far crescere le persone, a capire insieme per migliorare. Non distribuzione di denaro ma trasformare il denaro in occasione di crescita. Il bravo capo non ha attitudini verso soluzioni di tipo tecnico, ha capacità valutative collegate strettamente alla conoscenza della persona in virtù del rapporto costante”.
“Per quanto concerne lo stato attuale della Riforma della Pubblica amministrazione – ha riferito Decastri – c’è da dire che alcuni decreti delegati non sono stati ancora approvati e per alcuni esiste ancora un velo di nebbia che li rende di difficile lettura. Il criterio di grande importanza al quale si sta dando peso e importanza è il sì alla valutazione su tre livelli: oltre a quello individuale, quello organizzativo e, soprattutto, quello sulle politiche dell’amministrazione, oggi del tutto assente. Valutare, quindi, gli obiettivi della P.A. legando la prestazione alla politica aziendale, agli obiettivi strategici stabiliti. Questo – a parere di Decastri – è un cambiamento epocale. Premialità economica e prima di tutto premialità di sviluppo. Non ci si attendadalla legge – conclude Decastri – un cambiamento repentino, il cambiamento avviene negli anni, un lustro se va bene, il cambiamento lo facciamo noi”.
Poi l’intervento di Fabio Monteduro, componente della School of Government e professore associato di Economia aziendale presso l’Università di Roma “Tor Vergata” su “Trasparenza e prevenzione della corruzione alla luce della Riforma Madia”. Monteduro ha parlato, essenzialmente, di “formazione del personale, etica organizzativa, collaborazione istituzionale, e il seminario di oggi ne è esempio lampante, efficacia ed efficienza della pubblica amministrazione, semplificazione. Da questi fattori – ha rimarcato – parte la prevenzione alla corruzione. Formare e fare ricerca di base favorendo il trasferimento tecnologico, il trasferimento delle conoscenze tra Università ed Enti pubblici. Prevenzione della corruzione ed efficacia della repressione non sono incompatibili, strategia preventiva e repressiva, cercando di non arrivare alla corruzione nella pubblica amministrazione. Si sono dati strumenti nuovi ma sono stati affidati a chi non ne aveva la conoscenza. Altro problema quello della pubblicazione e dell’accesso ai dati. Anche qui la formazione diviene indispensabile. Basti pensare – ha fatto notare Monteduro – che la legge anticorruzione è del 2012 ed il primo corso strutturato di formazione è stato fatto nel 2014: due anni di completa mancanza di coordinate. Pur avendo gli stessi interessi è pressochè inesistente la collaborazione tra le amministrazioni. Un concetto più ampio di corruzione la individua nell’utilizzo del potere pubblico per trarre vantaggi personali, il che può anche essere considerato cattiva amministrazione. Prevenire, allora, ogni forma di cattiva amministrazione. La semplificazione amministrativa è l’antidoto al malaffare. Per quanto concerne i provvedimenti normativi a partire dalla legge del 2012 – ha specificato Monteduro – vi è da registrare un esubero eccessivo che ha creato una forte criticità nella semplificazione dei processi legislativi. Con la legge 190 sono stati accorpati elementi interni con elementi esterni che hanno portato all’Autorità nazionale anti – corruzione. Attori interni ed esterni con compiti di monitoraggio e sanzionatori. Individuati anche alcuni strumenti, quali la rotazione dei dirigenti, la trasparenza degli atti, la gestione del conflitto di interesse. E’ l’attuazione della legge che, nella maggior parte dei casi, è apparsa irrazionale con la convinzione che sarebbe bastato applicarla a tutti in maniera indistinta senza decidere modalità e tempi. Ma bisogna stabilire le regole del gioco, dando una forte etica organizzativa, al di là di quella individuale e occorre definire il contesto organizzativo, ovviando a quella che è stata definita ‘opacità per eccesso di trasparenza’ (i cosiddetti pidieffoni, documenti dalla mole a dir poco spropositata). Evitare, poi, la sovrapposizione tra controllori e controllati, riducendo la quantità di informazioni da pubblicare con l’uso civico dei dati stessi. Analisi razionale delle pubblicazioni non dando informazioni già presenti su altri data base. Se ogni singola amministrazione individua le informazioni definisce un atto attuativo. In conclusione: semplificazione e maggiore trasparenza”.