I consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle,Gianni Leggieri e Gianni Perrino, in una nota sottolineano l’illogicità e la sterilità nell’azione del governo regionale e annunciano che i petrolieri tornano alla carica”. Di seguito la nota integrale.
Si sta facendo un grande strombazzare sulla presunta prossima riapertura del centro oli di Viggiano, attualmente sotto sequestro a seguito dello scandalo #Trivellopoli. La macchina della propaganda è stata ben oleata e tirata a lucido: i media lucani inseguono gli annunci bilaterali ENI-Pittella senza che vi sia stata alcuna pronuncia da parte della Magistratura. Persino il dimissionato Aldo Berlinguer ha avuto il barbaro coraggio di affermare: “Le compagnie hanno imparato la lezione, anche su come estrarre”. Come se questo bastasse per poter cancellare gli scempi perpetrati sino ad ora.
Oltre alla propaganda c’è purtroppo la realtà, quella fatta di atti e sentenze che spesso sono determinanti per definire anche parte della politica regionale. La realtà che oggi parla della pronuncia del Consiglio di Stato che ha dichiarato infondato il ricorso in appello della Regione Basilicata sul permesso di ricerca idrocarburi “Palazzo San Gervasio”: AleAnna Resources torna alla carica e bussa alle porte di un’area di quasi 47.000 ettari che coinvolge direttamente 13 Comuni della Provincia di Potenza dell’area del Vulture.
Della vicenda ci eravamo occupati un anno fa con un’interrogazione a firma di Gianni Leggieri, nella quale si chiedeva conto delle azioni che la Regione intendeva mettere in campo per contrastare il progetto. La risposta arrivò attraverso una comunicazione di Belinguer al consiglio regionale e certificava un vero e proprio stato di inerzia e sterilità degli atti messi in campo da parte della regione, attuati senza tener conto delle istanze provenienti dal territorio. Difatti anche i Sindaci dei territori interessati avevano chiesto alla regione di mettere in campo azioni più incisive per negare l’intesa al progetto: il 13 luglio 2015, la Conferenza dei Sindaci dell’Area Alto Bradano aveva approvato all’unanimità un documento proposto da una serie di associazioni ambientaliste.
Sia il TAR che il Consiglio di Stato hanno bocciato la Regione, evidenziando l’ambiguità e la contradditorietà di fondo che hanno caratterizzato il procedimento: da via Verrastro in un primo momento non avevano ritenuto che il progetto fosse assogettato a valutazione di impatto ambientale (Det. Dir. n. 279/2011), poi hanno negato l’intesa evidenziando svariate criticità ambientali, paesaggistiche e naturalistiche.
Una strategia a perdere e confusionaria che si è sciolta completamente davanti ai giudici e che di fatto ha rafforzato l’Aleanna Resources. Stessa strategia è stata messa in campo per il permesso relativo all’area di Montegrosso, anche questo in una preoccupante situazione di stallo decisionale.
I proclami dei finti no-triv governativi stanno rivelando la loro natura: sono delle vere e proprie montature, così come lo sono come tutte quelle leggi regionali promulgate che sistematicamente vanno a sbattere contro i pareri della Corte Costituzionale. Questa strategia sembra essere il filo conduttore delle giunte regionali degli ultimi anni: ricordiamo la finta moratoria sui permessi di estrazione targata De Filippo, le finte vittorie ottenute da Pittella nelle contrattazioni col governo, la mancata impugnazione dello Sblocca Italia e la Strategia Rifiuti Zero (una vera e propria truffa semantica).
Siamo davanti al primo banco di prova per il nuovo assessore al ramo, Francesco Pietrantuono. Speriamo vivamente in una netta discontinuità con la politica attuata dal suo predecessore, quel Berlinguer che si è limitato (prodigato) a fare da tramite per l’attuazione del disegno scellerato del ducetto di Firenze.
I Lucani, dal canto loro, si sono già ampiamente espressi col tanto bistrattato referendum del 17 aprile, facendo della Basilicata l’unica regione a raggiungere il quorum, con un 96% che ha votato per lo stop delle concessioni in mare. Un chiaro messaggio alle cricche, le lobby e i faccendieri che vogliono continuare a violentare il nostro territorio.
Permesso di ricerca idrocarburi “Palazzo San Gervasio, nota dei deputati di Sinistra italiana Giovanni Barozzino, Vincenzo Folino, Antonio Placido.
La decisione del Consiglio di Stato sul permesso di ricerca idrocarburi liquidi e gassosi “Palazzo San Gervasio” – che segue le decisioni assunte a suo tempo dal T.A.R. di Basilicata che, con sentenza n. 325 del 25 giugno 2015, aveva accolto il ricorso proposto dalla società AleAnna Resources LLC, contro la Regione Basilicata, per l’annullamento della D.G.R. n. 682 del 7.6.2013 per mezzo della quale era stata negata l’intesa precludendo il rilascio del titolo minerario – rimette al centro del nostro dibattito la vicenda dei rapporti tra cittadini, Politica, Istituzioni, lobby energetiche.
Nel luglio 2015 la Conferenza dei sindaci del Vulture e dell’Alto Bradano, con Delibera n. 2 del 13.07.2015 votata all’unanimità, aveva esortato la Regione a non seguire la strada del ricorso al Consiglio di Stato, poiché era ampiamente prevedibile una sentenza sfavorevole. I Sindaci, memori di quanto accaduto durante l’iter che aveva portato alla bocciatura – sempre da parte del Consiglio di Stato – della moratoria voluta a suo tempo da De Filippo, e leggendo il rigoroso approccio mantenuto dal Tar di Basilicata, chiedevano al presidente Pittella e alla Regione di valutare la possibilità di rivedere il parere favorevole di esclusione dall’assoggettabilità a VIA del progetto – rispetto al quale la società poteva chiedere la proroga per raggiungimento del termine di scadenza – e valutare così l’urgenza di approvare una nuova Delibera diniego all’intesa adducendo motivazioni differenti da quelle riportate nell’atto annullato dal T.A.R. Basilicata, evitando vizi d’illogicità e manifesta contraddittorietà poiché la stessa sentenza ebbe modo di precisare che «l’intesa ex art. 29, comma 2, lett. l), D.Lg.vo n. 112/1998, disciplinata dall’art. 5 dell’Accordo sancito nella Conferenza Stato-Regioni del 24.4.2001, è un’intesa di tipo “forte” e/o a “struttura necessariamente bilaterale”, in quanto il dissenso della Regione non può essere superato dallo Stato in modo unilaterale». La decisione, da parte della Regione e dei suoi vertici, di non ascoltare i suggerimenti delle comunità e dei loro rappresentanti, preferendo ripercorrere strade già in passato rivelatesi inefficaci (accogliendo altri suggerimenti?) pone a tutti noi una riflessione sulla natura del governo di questa regione e sulla sua propensione a una sorta di subalternità – anche procedurale – nei confronti delle compagnie petrolifere. E se la vicenda specifica rischia di compromettere, ancora una volta, il futuro di un territorio che interessa quasi 47.000 ettari di terreno e delle comunità che vivono nei 13 comuni della Provincia di Potenza direttamente interessati, in realtà, i temi più generali su cui vale cimentarsi sono quelli del modello di sviluppo che s’intende perseguire e dell’idea di governo che lo determina; idea di governo resa sempre più impermeabile alle istanze e alle aspettative delle classi popolari e d’intere comunità. La vicenda petrolifera lucana, come dimostra il silenzio calato sullo straordinario risultato del 17 aprile scorso – quando le lucane e i lucani si espressero, a grande maggioranza, contro la ‘petrolizzazione’ dei nostri mari – non è indifferente al modello di rappresentanza che s’intente perseguire attraverso lo stravolgimento della Carta Costituzionale, il cui portato rischia di trasformare il governo centrale in un Leviatano dai poteri sconfinati. Ai cittadini, che spesso hanno dimostrato maggiore acume di classi dirigenti sempre più subalterne ai poteri forti, deve essere restituito un potere d’indirizzo e controllo reali. È anche per questo che al referendum costituzionale sosterremo con convinzione le ragioni del NO.