La sentenza della Corte Costituzionale sulla mobilità attiva (le prestazioni erogate da strutture pubbliche e private lucane ad utenti extraregionali) dà ragione alla posizione assunta da sempre da Sanità Futura: la Regione non può legiferare in materia di finanza pubblica che è competenza statale. Ci verrebbe spontaneo commentare la sentenza come “la scoperta dell’acqua calda” se non fosse che siamo di fronte ad una situazione serissima che tira in ballo responsabilità di livello amministrativo-dirigenziale e politico oltre che per gli effetti sulle aziende sanitarie e il loro personale anche e soprattutto sul diritto alla salute dei cittadini. Un’ulteriore conferma di responsabilità viene dalla mancata costituzione da parte dell’ufficio legale della Regione all’udienza della Corte del 14 giugno scorso che non sappiamo se voluta, in quanto anche l’ufficio legale era consapevole dell’esito perdente dello scontro istituzionale.
Intanto, rispetto ad un’interpretazione giornalistica pubblicata oggi, è il caso di chiarire e non di generare confusione. La sentenza che, come tutte quelle della Corte, non può avere attuazione retroattiva e che adesso aspetta il recepimento con una nuova legge della Regione Basilicata, ha un primo vero effetto sull’amministrazione pubblica lucana: si ripristina l’identica situazione ante legge e cioè quella che si registra in tutte le Regioni italiane: la mobilità attiva va tenuta fuori dai tetti di spesa, non è una spesa ed è materia di compensazioni in sede di conferenza Astato-Regioni. Sarebbe stato più facile e sicuramente più veloce che qualche dirigente-funzionario del Dipartimento Salute della nostra Regione si fosse rivolto al collega della vicina Regione Puglia per comprendere quello che invano e in tanti modi abbiamo cercato di spiegare. Nessuna Regione ha attuato una simile norma contenuta per giunta in una legge; è compito della Conferenza Stato-Regioni definire intese che abbiano efficacia e quindi siano applicabili sull’intero territorio nazionale e non certo di una singola Regione che non può erigere barriere geografiche agli utenti del servizio sanitario nazionale sino a disporre, di fatto, il loro “respingimento”.
Lo abbiamo ricordato nella nostra nota di ieri e o ribadiamo: la mobilità sanitaria è un diritto di ogni cittadino italiano ed è l’unico strumento per ridurre i costi della mobilità passiva (i lucani che si rivolgono a strutture fuori regione) che si aggira intorno ai 39 milioni di euro l’anno per la nostra Regione.
Riteniamo che il lavoro che si accinge a portare a termine la Quarta Commissione oggi con l’esame della delibera della giunta regionale n.740 del 29 giugno scorso (tetti di spesa per le strutture private sanitarie accreditate), sul punto della mobilità attiva sia finalmente libero da equivoci e da interpretazioni errate, come quelle che dirigenti e funzionari del Dipartimento Salute hanno fornito alla Commissione in occasione di audizioni per tentare di giustificare determinazioni dirigenziali, e che quindi vada ripristinata la piena legalità: le prestazioni regolarmente erogate fino alla data di pubblicazione della sentenza vanno pagate. E i pagamenti vanno disposti immediatamente per evitare danni non giustificabili alle casse pubbliche e per evitare il tracollo definitivo di strutture e lavoratori.
Non ci sono più “quesiti” da porre a nessuno; non ci sono più “barili” da scaricare ad altri.
Sanità Futura, infine, è in attesa dell’esito del quesito rivolto all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in materia di distribuzione del tetto di spesa tra le diverse strutture sanitarie private accreditate.
Sulla sentenza della Corte Costituzionale si registra anche una nota dello Studio Porsia.
sulla Gazzetta Ufficiale del 19 luglio 2016 è stata pubblicata la sentenza n. 183/2016 della Corte Costituzionale che dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art.12, comma 1, della legge della Regione Basilicata 27 gennaio gennaio 2015, n. 5 (Legge di stabilità regionale 2015), nella parte in cui prevede l’acquisto delle prestazioni sanitarie da privato debba essere calcolata al netto della mobilità sanitaria attiva.
Tale sentenza è particolarmente importante poiché pone termine ad una diatriba , che, per molti mesi ha campeggiato sui giornali lucani e che ha visto contrapposti il Sindacato Sanità Futura e il funzionario dell’ASM dottor Cilla.
L’oggetto del contendere era il seguente:
L’ASM, con decorrenza dal gennaio 2016 aveva deciso di applicare correttamente l’art. 15 comma 14 del d.l. n. 95 del 2012 (spendingreview) laddove stabiliva che su tutti gli acquisti di prestazioni sanitarie da privato andava preso come riferimento il consuntivo dell’anno 2011 meno il 2%.
Avverso tale decisione Sanità Futura aveva scatenato una vera e propria battaglia nei riguardi dei funzionari responsabili solo di applicare la legge.
Sanità Futura affermava , infatti, che le prestazioni di radiologia riguardanti i cittadini provenienti da altre regioni dovevano essere illimitatamente pagate dalla Regione Basilicata .
Finalmente la Corte Costituzionale ha posto termine ad una questione che, laddove la Regione Basilicata avesse correttamente applicato la legge nazionale, non sarebbe mai dovuta sorgere e che costerà ai cittadini della Basilicata molti milioni di euro, poiché le Regioni, i cui residenti hanno beneficiato di molti milioni di euro di prestazioni radiologiche, non hanno alcuna intenzione di effettuare i rimborsi.