Le misure annunciate dal ministro Martina per affrontare la crisi del comparto cerealicolo, pur andando nella giusta direzione, rischiano di essere insufficienti e tardive, considerato il livello di sofferenza raggiunto nelle campagne. Lo afferma la Cia annunciando per il 28 luglio prossimo in Basilicata una giornata di mobilitazione all’insegna dello slogan “Noi non seminiamo”. La giornata prevede anche incontri di carattere istituzionale.
I produttori di grano – evidenzia Leonardo Moscaritolo, coordinatore nazionale GIE (Gruppo Interesse Economico) cerealicolo – continuano a essere oggetto di un’azione di speculazione che non ha precedenti, con il grano duro pagato 18 euro al quintale, largamente al di sotto dei costi produttivi, e perdite fino al 50% sulla scorsa campagna di commercializzazione.Senza un’inversione di marcia sui prezzi pagati agli agricoltori e senza un freno immediato alle importazioni “spregiudicate” dall’estero, il rischio che si corre è quello di una progressiva marginalizzazione della produzione di grano in un Paese che, paradossalmente, esporta il 50% della pasta che produce. Per questo abbiamo scelto il significativo slogan della giornata di mobilitazione: il rischio di non seminare più è reale.Non è più possibile che il frutto del lavoro di un anno venga così svalutato. Oggi 100 chili di frumento valgono quanto 7 chili di pane: un “gap” intollerabile e contro la logica delle cose, che non può nemmeno lasciare indifferenti i consumatori.
Ecco perché ora bisogna essere tempestivi -ribadisce la Cia-. Bisogna favorire una maggiore aggregazione dell’offerta e serve che i Consorzi agrari tornino a fare il loro lavoro. Perché oggi, invece di stoccare il prodotto, lo immettono sul mercato accrescendo di fatto la pressione sui prezzi, con comportamenti di tipo speculativo e anticoncorrenziale. Inoltre, è necessario incentivare da subito accordi e contratti di filiera capaci di garantire una più equa redistribuzione del valore e ottenere la massima trasparenza nella formazione del prezzo. Misure non più rinviabili per permettere un cambio di passo e sostenere la redditività degli agricoltori: il grano è diventato amaro per chi lo produce.
In queste condizioni e senza interventi imminenti c’è il rischio che molti agricoltori non seminino grano per il prossimo anno mettendo a rischio la materia prima nazionale per una produzione di eccellenza del made in Italy agroalimentare come la pasta.
Possibili interventi delle istituzioni parlamentari:
verificare presso il Ministro dell’agricoltura la possibilità di sospendere temporaneamente le autorizzazioni alle importazioni in regime di TPA (Traffico di Perfezionamento Attivo) per evitare ulteriori speculazioni.
Impegnarsi in Europa affinchè la PAC oggi in periodo di revisione possa incentivare strumenti come i fondi mutualistici per la stabilizzazione del reddito.
Velocizzare l’attuazione delle misure annunciate nel piano cerealicolo nazionale con provvedimenti mirati che possano andare incontro alle esigenze degli agricoltori come ad esempio potenziare i centri di stoccaggio e favorire una maggiore aggregazione dell’offerta.
Incentivare accordi e contratti di filiera capaci di garantire una più equa ridistribuzione del valore.
Prevedere una campagna di promozione e valorizzazione della pasta italiana nel mondo che trova oggi una concorrenza impensabile fino a soli pochi anni fa.
Perseguire la massima trasparenza delle borse merci con un ruolo maggiore dei rappresentanti degli agricoltori.
Rendere obbligatoria e non facoltativa la comunicazione delle scorte da parte degli operatori commerciali e industriali in modo da avere dati oggettivi e verificabili, rendere più trasparente la valutazione di mercato e approntare un bilancio previsionale affidabile della nuova campagna di commercializzazione.