Dopo le ultime stragi che hanno sconvolto in particolare Nizza, Rouen, Parigi, Bruxelles, Monaco arrivano le riflessioni del politologo materano Franco Vespe. Di seguito la nota integrale.
Da bambino vidi un film con il compianto immenso Anthony Queen che interpretava Barabba. Dopo una tormentata avventura alla ricerca di senso e di un’appartenenza si ritrova a Roma e decide di convertirsi al Cristianesimo proprio nei giorni in cui Nerone appiccò il fuoco a Roma dando la colpa a Cristiani. Che cosa fa il nostro Barabba? Credendo che ad appiccare il fuoco fossero stati veramente i Cristiani prende una torcia e gridando la sua conversione in nome di Cristo inizia ad incendiare anche lui Roma. Preme precisare che non è una storia vera.In questi ultimi mesi l’Europa si è interrogata sul perché di quella serie di innumerevoli attentati che hanno mietuto centinaia di vittime a Nizza, Rouen, Parigi, Bruxelles, Monaco. Ci siamo interrogati soprattutto sul perché una legione di ragazzi, seconda generazione di ex emigrati, ormai apparentemente integrati provenienti da stati di religione islamica, si ritrovino a fare gesti così estremi ed autodistruttivi in nome di una religione che fino a pochi giorni prima non praticavano se non tiepidamente. E’ chiaro ormai che non siamo in presenza di una guerra di religione (lo spettacolo terribile di musulmani che sterminano senza pietà altri fratelli musulmani è ormai tragica cronaca quotidiana in medio oriente fino al Pakistan). Non è dovuta al flusso di immigrati che l’Europa imbarca nel quale si confondono malefici terroristi come certa narrazione xenofoba va propagando per far leva sugli umori più belluini delle nostre società. Quello che sta succedendo in Europa forse ha più a che fare con un disagio sociale, che si trasforma poi anche in psicologico. Poi perché in Francia e Belgio? Non è che in quei paesi qualcosa non ha funzionato nei modelli di integrazione? La Francia, come il Belgio di fatto hanno applicato un modello di integrazione assimilativo! In che cosa consiste ? Secondo questa dottrina l’ assimilazione alla cultura del paese ospitante deve essere totale, tanto che gli immigrati devono rinunciare alle proprie tradizioni, alle proprie leggi e alle usanze della propria comunità di origine” ci informa wikipedia. “Secondo questa prospettiva dunque l’integrazione viene intesa come uguaglianza di trattamento, che si sostanzia nella totale neutralità e laicità dello Stato”. E’ semprewikipedia che ce lo dice . L’unico interlocutore della comunità nazionale francese diventa così il singolo individuo e i gruppi sociali perdono qualunque tipo di influenza (è il modello della società liquida di cui ci parla ZygmundBaumann). Di fatto tutti i segni identitari di una comunità immigrante vengono cancellati per adeguare i singoli individui alla totale neutralità e laicità dello Stato! Ma le domande di senso e la ricerca di un’appartenenza e di una propria identità culturale e religiosa rimangono.Mi hanno parlato di un caso di una coppia francese di religione mista: lei cattolica e lui islamico. Il loro bambino ad un certo punto chiese di fare anche lui la cresima come gli altri suoi compagni. Vivevano in Francia all’interno di quella scatola fatta di vuoto pneumatico frutto dell’implementazione del modello di integrazione assimilativo. Ma la cosa più sorprendente e che subito dopo il bambino espresse il desiderio al padre di frequentare il culto in una moschea. Semplicemente per dire che questa seconda generazione cresciuta nella nuvola asettica del modello di integrazione assimilativo nella quale ogni simbolo è stato cancellato, non sopprime la ricerca di senso, del quale la sfera religiosa è parte integrante. Purtroppo la radicalizzazione islamica a presa rapida come quella diBarabbanel film, condita con una spruzzatina di disagio psichico, fa da formidabile detonatore perché siano perpetrate certe efferate e disumane stragi. Cosa fare ? E’ questa una guerra impalpabile nella quale il nemico non è mai sotto il nostro mirino e non è chiaro di conseguenza come agire per evitare il ripetersi di questi episodi.Una cosa è certa: occorre cambiare il modello di integrazione. Da quello assimilativo, occorre passare a quello dello scambio culturale. In questo modello l’alterità non solo è ammessa, ma è riconosciuta come positiva. Le diverse culture si incontrano arricchendosi vicendevolmente, rimanendo tra loro diverse, ma anche trasformandosi tramite processi di scambio.In questo contesto i simboli identitari non solo non vengono cancellati, ma vengono sommati e valorizzati. Insomma un modello di integrazione “colorato e variopinto ”. Nel passato sono stati implementati questi modelli di integrazione. Nella Spagna occupata per metà dai saraceni e per metà dagli europei per esempio. La stessa Sicilia. Ma questo modello costa fatica..soprattutto per chi ospita. L’urto benefico del confronto con altre culture esige in dotazione un forte e robusto senso di appartenenza, un forte radicamento alla propria cultura (della quale, volente o nolente, sono parte integrante le tradizioni religiose) alla storia ed all’arte dei luoghi che ci hanno visto nascere. Senza questa dotazione non ci può essere vero dialogo. E’ come andare ad una festa di fraterna condivisione (agape fraterna) senza portare niente da condividere! Alla fine, si finisce per cadere nel baratro della paura di essere “occupati da presenze e culture aliene”. E’ su questo che l’Europa deve riflettere profondamente. A parole tutti sono d’accordo nel favorire il dialogo fra culture diverse ma, nei fatti, pochissimi sanno quali siano gli ingredienti necessari perché questo dialogo si inneschi realmente. Un premessa è che gli “otri” a confronto devono essere sufficientemente pieni (non totalmente!) dimodoché il reciproco travaso sia possibile! Una cosa è certa: dalla “tabula rasa” asettica e cristallina tanto cara alla cultura laicista e relativistica europea non può nascere alcun fiore! A parafrasare De Andrè..”dal letame nascono i fiori, dal diamante non nasce niente”!
Franco Vespe