Con la Sagra del Canestrato Igp di Moliterno e a breve del fagiolo di Sarconi e del peperone di Senise entra nel vivo la tradizionale stagione delle sagre con protagonisti i prodotti alimentari della migliore qualità, simboli del “mangiare sano, mangiare lucano”. Ma – avverte la Cia – non tutte le sagre hanno le caratteristiche di promozione, ulteriore spinta alla commercializzazione, valorizzazione degli itinerari del gusto e del turismo rurale. Eppure non dovrebbe essere difficile identificare le vere sagre da altre manifestazioni esclusivamente commerciali. Per la Cia la “bussola” è l’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali realizzatodal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali che con l’aggiornamento a luglio 2015 (il quindicesimo) riconosce 95 prodotti lucani, di cui 35 classificati quali paste fresche e prodotti panetteria e pasticceria; 25 prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati; 16 carni fresche e loro preparazione; 12 formaggi; 4 prodotti di origine animale (miele, lattiero-caseari); 2 prodotti della gastronomia, uno bevande alcoliche, distillati e liquori. Lo strumento della selezione è di facile individuazione: si tratta di affidare ai Consorzi-comitati di prodotto riconosciuti a livello istituzionale la titolarità della sagra in grado di coinvolgere i veri produttori.
La produzione di prodotti tipici – sottolinea il direttore regionale della Cia Donato Distefano- è importante per le varie zone della Basilicata perché è anche fattore di comunicazione della cultura e del paesaggio in cui questi sono inseriti. Per questo motivo dobbiamo lavorare per innalzare la qualità dei prodotti tipici che calati nel contesto degli agriturismi, alberghi, borghi albergo, ristoranti, musei della civiltà contadina, artigiani, commercianti consentono di proporre l’intero territorio, dando così vita ad una nuova filiera agricoltura-turismo-ambiente-cultura.L’obiettivo centrale è quello di accrescere la fruibilità del territorio e le opportunità occupazionali dei territori rurali attraverso lo sviluppo e il sostegno di attività non tradizionalmente agricole. Per la Cia non è più rinviabile l’istituzione di una una società – l’Agripromo – per favorire la promozione e la commercializzazione dei prodotti che hanno ottenuto o che stanno per ottenere i marchi Dop, Igp e Stg, e per allargare la “rete” dei marchi a livello comunale e territoriale, specie in attuazione del recente protocollo “Res Tipica” tra Cia ed Anci. C’è poi da contrastare efficacemente l’agripirateria: una “rapina” da 7 milioni di euro l’ora e da 60 miliardi di euro l’anno, di cui alcune centinaia di milioni di euro solo in Basilicata. A tanto ammonta – per la Cia – il business dell’agropirateria, della contraffazione, della frode nei confronti dell’agroalimentare “made in Italy”, il più clonato nel mondo. Si tratta di un vero e proprio “scippo” ai danni del settore, un assalto indiscriminato e senza tregua, dove la criminalità organizzata fa veri affari. I consumatori vengono truffati, gli agricoltori e gli industriali dell’agroalimentare derubati. A questo si aggiunge il fatto che ogni anno entrano nel nostro Paese prodotti alimentari “clandestini” e “pericolosi” per oltre 2 miliardi di euro. Purtroppo – sottolinea la Cia – nelle nostre sagre è molto diffuso trovare punti ristoro con prodotti gastronomici di indubbia provenienza e salubrità e non certamente locali.
“La situazione – osserva la Cia lucana – è di estrema gravità. Ci troviamo di fronte a un immenso supermarket dell’agro-scorretto, del ‘bidone alimentare’, dove a pagare è solo il nostro Paese. E il danno, purtroppo, è destinato a crescere, visto che a livello mondiale ancora non esiste una vera tutela delle nostre ‘eccellenze’ Dop, Igp e Stg”.
Ago 10