Le previsioni messe a punto da Unioncameresul mercato del lavoro al 2020 indicano nelle figure professionali della salute, specie ad elevata qualificazione, un buon futuro occupazionale. E’ il commento di Sanità Futura, associazione delle strutture sanitarie private accreditate, che riferisce i dati più significativi del rapporto: complessivamente nei servizi per la salute le nuove assunzioni previste ammontano a 425.500 di cui al primo posto infermieri professionali, fisioterapisti, ecc. con 133.900 unità, seguiti da tecnici in scienze salute e vita (136.000), professioni di servizi alla persona (56.800), professioni dirigenziali – specialisti in salute (56.600), lavoratori qualificati in servizio sanitari e sociali (42.200). Secondo le previsioni di Unioncamere, quindi, su 100 persone che troveranno un lavoro entro il 2020, 41 dovranno avere una qualifica elevata (le cosiddette high skill) e saranno 2 in più del 2016.
Sono dati che – commenta Michele Cataldi, presidente Sanità Futura – confermano la necessità di organizzare una rete di assistenza primaria sul territorio dalla quale si possono ottenere quattro vantaggi: rispondere meglio ai bisogni; contenere la spesa pubblica; realizzare nuova occupazione; decongestionare le strutture ospedaliere. Non si sottovaluti che un ricovero ospedaliero costa mediamente tra i 700 e gli 800 euro al giorno a persona. Con le stesse risorse si possono assistere 10 persone fuori dagli ospedali organizzando una rete di assistenza sul territorio in grado di garantire più servizi, senza per questo fare aumentare i costi, migliorando le prestazioni e creando nuova occupazione. Per questo è interessante la “via cooperativa al welfare” come soluzione che affianca il pubblico sempre più in affanno. Un modello di assistenza socio sanitaria costruito attraverso l’integrazione tra le diverse specializzazioni settoriali: cooperative sociali, medici, infermieri, farmacisti, mutue. Una molteplicità di professioni in grado di prendere in carico i bisogni delle persone, un nuovo servizio di welfare a cui il cittadino utente può fare riferimento sul territorio. Noi – dice Cataldi – pensiamo che aziende, associazioni di pazienti e professionisti, cooperative, e tutti quei soggetti che rappresentano l’humus vitale di un territorio, in ambito non solo sanitario, ma anche in termini più generali di impatto sociale, hanno bisogno di trovare le condizioni adatte per poter esprimere al meglio le proprie potenzialità, per poter crescere e operare insieme, altrimenti tutto diventa più lento e complicato, addirittura impraticabile, nonostante l’impegno individuale che ognuno può profondere nella propria attività. Il modello di welfare tradizionale rischia di crollare sotto il peso dell’andamento demografico e della sostenibilità economica. Secondo l’ISTAT gli over 65enni nel nostro paese sono passati dall’11% al 22% in poco più di 15 anni. Negli ultimi due anni 1 famiglia su 2 in Italia, secondo il CENSIS, ha rinunciato almeno una volta a visite specialistiche e approfondimenti diagnostici.In sintesi – conclude – puntare sui poliambulatori e sull’assistenza domiciliare, per creare una rete che parta dal basso e attraverso la collaborazione di medici di medicina generale, farmacisti, cooperative sociosanitarie, strutture pubbliche e private accreditate ramificate su territori possa dare risposte efficaci ai bisogni dei cittadini.
Ago 20