Il crollo dell’ospedale di Amatrice è un campanello d’allarme. Del resto solo l’8 per cento di tutti gli edifici ospedalieri italiani è stato progettato dopo il 1983, quando fu adottata la normativa antisismica per la costruzione di edifici. E’ quanto sottolinea Sanità Futura, associazione delle strutture sanitarie private accreditate di Basilicata e Puglia riferendo che nel 2009 l’allora capo della protezione civile Guido Bertolaso, in una relazione al Senato, ha parlato di almeno 500 ospedali a rischio sismico che, in caso di terremoto, avrebbero fatto la fine di quello “San Salvatore” della città di L’Aquila. Nel 2013 la Commissione speciale presieduta da Ignazio Marino riconfermava il dato dei 500 ospedali a rischio, supportandolo con un approfondimento della situazione sulle verifiche effettuate su 200 edifici ospedalieri. Ebbene, secondo questo report, il 75 per cento dei 200 ospedali verificati presentava un indicatore di rischio di stato limite di collasso compreso tra lo 0 e lo 0,2 (lo “0” indica il rischio più alto), quindi carenze gravissime.
Ci sembra utile riproporre alcuni stralci della “relazione Marino” tenuto conto che sono strutture distribuite lungo l’arco appenninico, nella zona dell’Italia centrale ma soprattutto meridionale, in particolare in Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia e che la raccolta dei dati relativi alle verifiche finanziate, alla data del 10 giugno 2009,non risultava ancora completata.
“La Commissione ha ottenuto informazioni relative a 200 verifiche che sono state completate su altrettanti edifici ospedalieri. Per quanto riguarda l’epoca di progettazione degli edifici, risulta che il 16 per cento degli edifici è stato progettato prima del 1934; il 31 per cento tra il 1935 e il 1961 (quindi circa la metà degli edifici italiani sono stati progettati prima del 1961); il 28 per cento tra il 1962 e il 1973; il 17 per cento tra il 1974 e il 1983 e solo l’8 per cento dopo il 1983. Le date citate corrispondono a passi successivi compiuti in materia di normative tecniche antisismiche, adottate nel passato secolo sempre dopo qualche terremoto di notevole importanza e che però non sempre sono state rispettate. Solo l’8 per cento di tutti gli edifici ospedalieri italiani è stato progettato dal 1983 ad oggi: la stragrande maggioranza risale quindi a periodi antecedenti alla adozione della normativa antisismica dal 1983. Anche in relazione all’anno di ultimazione dei lavori emerge il lungo lasso di tempo che intercorre tra la progettazione e l’ultimazione dei lavori. Solo nel 2 per cento dei casi intercorrono meno di due anni, ma probabilmente si tratta di epoche lontanissime, quando si costruiva molto più rapidamente che negli ultimi anni. Nel 25 per cento dei casi tra la progettazione e l’ultimazione dei lavori intercorrono invece dai due ai tre anni e nel 31 per 27 cento tra i quattro e i sette anni. Infine, nel 30 per cento dei casi ci sono voluti più di otto anni per riuscire ad ultimare un ospedale che era stato progettato anzitempo. Per quanto riguarda la tipologia costruttiva e sempre in relazione al campione di cui stiamo parlando, il 62 per cento degli ospedali è stato costruito in calcestruzzo armato, il 23 per cento in muratura, il 13 per cento in calcestruzzo-muratura combinato e il residuo 2 per cento è coperto da prefabbricato e acciaio. Nell’ambito degli edifici che sono stati presi in esame, tuttavia, la stragrande maggioranza – il 93 per cento – è collocata nella seconda zona sismica e non in quella rossa di grande pericolosità….
…. L’indicatore di rischio viene misurato secondo quelli che sono criteri specifici per questi edifici: viene cioè indicato il criterio di stato limite di collasso (che è il comportamento di un edificio di fronte a un terremoto molto violento, ma comunque estremamente raro), lo stato limite di danno severo (che viene misurato quando il terremoto è comunque significativo, ma non violentissimo), lo stato limite di danno limitato (quando il terremoto rispetto a cui si effettua la verifica è poco severo e abbastanza frequente). Quindi, lo stato limite di collasso indica il comportamento degli edifici in caso di terremoto davvero devastante. In questo caso il 75 per cento degli edifici verificati presenterebbe un indicatore di rischio di stato limite di collasso compreso tra lo 0 e lo 0,2, quindi carenze gravissime. Se cioè si verificasse un terremoto particolarmente violento con magnitudo superiore a 6,2-6,3, il 75 per cento degli edifici che sono stati verificati crollerebbe. In situazioni di stato limite di danno severo, quindi in caso di terremoto sicuramente severo ma raro con intensità non estremamente forte, è emerso, sulla base delle indagini, che 28 circa il 60 per cento degli edifici presenterebbe un indicatore di rischio di stato limite di danno severo compreso tra lo 0 e lo 0,2 quindi, ancora carenze molto gravi. Pertanto , riassumendo, si manifesta il 75 per cento di carenze gravi per terremoti molto forti e il 60 per cento di carenze per terremoti abbastanza importanti (ossia un terremoto di intensità 6 della scala Richter). Lo stato limite di danno limitato classifica i casi in cui si manifestano terremoti di intensità pari a 5-5,5. Risulta che nella situazione di danno limitato, che si presenta in occasione di terremoti frequenti ma non violentissimi, la risposta degli edifici sarebbe leggermente migliore rispetto alle due situazioni già citate”.
L’allarme di Bertolaso –commenta Sanità Futura – è purtroppo sempre attuale: strutture che si trovano principalmente lungo tutta la dorsale appenninica e nelle regioni meridionali – diceva Bertolaso – “considerate punto di riferimento in caso di emergenza e che avrebbero bisogno di interventi di messa in sicurezza perché si trovano in zone a rischio sismico, idrogeologico o vulcanico”.
Ma la riqualificazione degli ospedali italiani, secondo le norme tecniche antisismiche, procede in maniera lenta e parziale nelle regioni a maggior rischio sismico. E, considerando che gli ospedali non sono gli unici edifici pubblici a rischio, per realizzare la messa in sicurezza di tutti gli edifici pubblici, disse allora sempre Bertolaso, servirebbero “una decina di Finanziarie messe insieme”.