Una media di 0,6 centesimi al kg (0,8 il lungo e 0,7 il tondo), riduzione della produzione, qualche problema sulla qualità (sia pure a macchia di leopardo), difficoltà nel conferimento e nel rispetto degli accordi con le industrie di trasformazione: sono queste le tendenze secondo la Cia della campagna pomodoro (da industria) in pieno svolgimento in Basilicata. Tra le aree più vocate – il Lavellese, Palazzo San Gervasio-Alto Bradano dove la resa oscilla tra i 1.300-1.400 quintali/ha – riferisce Saverio Carlucci dirigente di zona della Cia – la quotazione anche delle qualità migliori e più richieste dalle industrie è decisamente bassa con qualche decina di centesimo in meno rispetto a quanto avevamo previsto (tra gli 11 e i 12 centesimi/kg). Gli industriali utilizzano il pretesto della qualità che, indubbiamente, risente delle numerose avversità atmosferiche e che riconosciamo può incidere ma non secondo la loro valutazione. Questa situazione – continua il dirigente della Cia – scoraggia i produttori lucani al punto che se la superficie coltivata a pomodoro nella precedente campagna 2014-2015 ha subito (dati Ismea) un calo medio del 2 per cento (più marcato in provincia di Matera, meno 5 per cento) pur con una resa ad ettaro del 2 per cento, quest’anno dovremmo attestarci intorno ad una riduzione di superficie del 15-18 per cento e un calo di resa tra il 3 e il 4 per cento e per il nuovo anno le previsioni sono più nere. Siamo molto lontani dai dati ufficiali di raffronto del 2011, quando complessivamente in Basilicata si producevano 204.418 t su una superficie di 3.799 ha.
La confederazione fa un po’ di conti: coltivare un ettaro di terreno a pomodori, e portare a compimento il ciclo di coltivazione con la raccolta, costa non meno di 9mila euro a un’azienda agricola. «Questo fa capire – afferma ancora il dirigente della Cia Alto Bradano – che oltre un certo limite non si può andare: il prezzo corrisposto ai produttori deve essere remunerativo, altrimenti tutta la filiera diventa insostenibile sia per gli agricoltori che per i lavoratori. Soltanto nell’ultima decade di settembre sarà possibile tracciare un primo attendibile bilancio sull’andamento della stagione dal punto di vista quantitativo e qualitativo. Dobbiamo lavorare tutti insieme affinché il pomodoro, come gli altri prodotti di pregio della nostra agricoltura, siano il motore di uno sviluppo economico giusto e sostenibile, che premi il duro lavoro di produttori e lavoratori. Gli agricoltori vanno sostenuti, perché schiacciando loro si schiaccia e si mortifica ogni speranza di rilanciare questo territorio attraverso la sua vocazione più autentica e con maggiore potenziale». L’obiettivo comune è quello di superare le divergenze tra i molteplici attori della filiera agricola meridionale e giungere ad un obiettivo univoco, quello di percorrere una strada comune di sviluppo, superando le barriere geografiche e creando un sistema di rete tra tutte le rappresentanze territoriali del Sud. Bisogna, tuttavia, creare le condizioni favorevoli -continua il dirigente della Cia – affinché le sinergie di filiera si concretizzino in accordi stabili tra produzione ed industria ed accrescendo l’iniziativa sul fronte delle polizze assicurative e del fondo mutualistico da applicare quando i prezzi sono troppo bassi. Ecco perché la Confederazione ritiene che per il Mezzogiorno il Distretto sia il giusto contenitore di questi rapporti economici di filiera.
Per la Cia c’è poi da fare i conti con la riduzione del consumo di pomodoro: nel periodo luglio 2015 – giugno 2016, gli acquisti di conserve di pomodoro in Italia sono diminuiti del 3,3% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente. Se si scende più nel dettaglio della gamma delle conserve di pomodoro, le passate – che sono la tipologia di prodotto più venduta – hanno registrato una flessione dei volumi acquistati (-1,9%), dei listini medi (- 0,8%) e della spesa (- 2,7%). E a ciò si aggiunge l’arrivo di pomodoro estero persino cinese che negli scaffali del supermercato si trova sempre “in offerta speciale”.