C’è chi scopre solo oggi che i lucani si sono ripagati, con l’accise sui carburanti, la ricostruzione del terremoto 1980 ed hanno contribuito alla ricostruzione degli altri: lo afferma il Csail in riferimento ai cinque provvedimenti di Governo sugli incrementi delle accise sui carburanti introdotti in questi ultimi 48 anni per recuperare le risorse da destinare alla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto, tra cui il sisma del 1980. E’ la conferma – commenta Filippo Massaro, portavoce del Csail – della validità della nostra proposta di Zona franca che riducendo il costo dei carburanti alla pompa in Val d’Agri ci sgravi delle accise, vale a dire sia un beneficio diretto e perenne per gli automobilisti residenti nel comprensorio del petrolio. Nelle stazioni della Val d’Agri a pochi chilometri dal Centro Oli di Viggiano i prezzi alla pompa sono superiori a quelli che si registrano altrove. Sono sempre le accise a pesare sul costo finale. Si tratta di balzelli anacronistici, introdotti per finanziare guerre ed emergenze e mai eliminati, al punto da pesare per 0,50 euro su ogni litro di carburante, considerata anche l’Iva.
Le tasse, stando alle rilevazioni di Assopetroli-Assoenergia, rappresentano in Italia il 64,45% del prezzo finale della benzina, una quota che nella media europea si attesta invece al 58%. Rinnoviamo pertanto un appello ai cittadini e ai parlamentari di tutti i partiti affinché si costituisca un fronte comune per chiedere al Governo una sensibile riduzione delle accise, volta a ridurre da noi il costo del carburante alla pompa per renderlo più sostenibile per famiglie ed imprese, e a compensazione dei gravissimi danni procurati dal Centro Oli Eni di Viggiano all’ambiente all’economia e alla salute dei cittadini.
Il risparmio nei distributori “no logo” è stimato mediamente intorno agli 11-15 centesimi da Federconsumatori e Adusbef, che parlano di «132 euro all’anno in meno sui pieni di carburante». Il problema, segnalano le associazioni dei consumatori, è che «questi impianti sono ancora troppo poco diffusi sul territorio nazionale: appena il 5% circa dell’intera rete di distribuzione, percentuale che per incidere maggiormente sulle tasche degli automobilisti dovrebbe crescere almeno al 15%». Benché i distributori della grande distribuzione e le pompe bianche siano diffuse in tutta Italia, con una concentrazione delle «no logo» pari al 40% del totale al Sud, gli effetti sui prezzi sono differenti. «I prezzi più bassi sono stati praticati nel Nord-Est», spiega l’Antitrust, mentre, «a prescindere dalla tipologia di operatore, il Sud ha sempre prezzi più elevati e il Centro ha una posizione intermedia». Si risparmia anche a Nord-Ovest, ma il nodo è sviluppare il maggior numero di operatori indipendenti efficienti, esportando il «modello Nord-Est» anche in quelle aree del Paese dove attualmente i distributori no logo non rappresentano un effettivo stimolo concorrenziale.
In cosa consiste – spiega Filippo Massaro – il «modello Nord-Est» delle pompe bianche? Lì gli operatori sono di medie dimensioni, con punti vendita in cui il self-service e i servizi non-oil sono più diffusi che nel resto d’Italia. In questo modo riescono a sfruttare tutte le leve della concorrenza. Il risultato è che la quantità media di carburante erogata è elevata e superiore a quella dei punti vendita legati alle compagnie petrolifere. L’effetto finale – aggiunge Massaro – è una battaglia sui prezzi, che così scendono. Al Sud, invece, gli impianti sono poco efficienti e l’erogato medio è molto basso. In molti casi, poi, i proprietari delle pompe bianche hanno anche impianti convenzionati con le società petrolifere. «Queste caratteristiche spiegano in parte i prezzi praticati dalle pompe bianche al Sud – scrive l’Authority – che non risultano molto diversi da quelli praticati dalle reti colorate». Insomma – sottolinea Massaro – per l’Antitrust si deve continuare sulla strada delle liberalizzazioni, privilegiando lo sviluppo di impianti della grande distribuzione e incentivando un’evoluzione anche delle reti colorate e creando una“banca dati istituzionale” che raccolga e renda pubblici i prezzi praticati dai singoli impianti su tutto il territorio nazionale.
Per noi del Csail-Indignati – continua Massaro – è questa una battaglia essenziale per il“ristoro” dei danni incalcolabili dall’attività petrolifera in Val d’Agri e nel Sauro.
Set 04