Una riforma sbagliata spacciata come risolutiva produrrà nuovi problemi e porrà una pesante ipoteca sulla possibilità di affrontarli seriamente. Una riforma che rischia di produrre una marginalizzazione della Basilicata non solo per la sua ridotta rappresentanza in quello che dovrebbe essere il nuovo Senato, di fatto una sorta di Camera di quarta serie, ma anche e soprattutto darà man forte al disegno delle macroregioni.
Sono queste le motivazioni principali del Comitato di cattolici, popolari e riformisti per il NO al referendum costituzionale illustrate oggi ai giornalisti dal portavoce Antonio Flovilla.
Il Comitato – ha spiegato Flovilla – è composto da professionisti, imprenditori, uomini e donne del “fare” di diversa sensibilità ideale e culturale, provenienti anche da vari partiti e accomunati da un denominatore condiviso che si sintetizza in “riformismo mite” e che hanno già organizzato punti di riferimento a Potenza, Matera, Vulture-Melfese e presto nell’area sud della provincia di Potenza.
In Basilicata – è stato detto nella conferenza stampa – ci sono specifiche motivazioni di impegno: la Basilicata ha bisogno di recuperare il senso civico della partecipazione per esprimere al meglio le sue potenzialità. E dopo le amministrative si guarda al nuovo appuntamento elettorale referendario come appuntamento importante per rilanciare la partecipazione democratica che è seriamente a rischio con la riforma costituzionale dettata dal GovernoRenzi e sostenuta da buona parte del Pd oltre che da un Parlamento delegittimato. La Costituzione non si cambia né a colpi di voti di fiducia in Parlamento e tanto meno con patti trasversali e sicuramente poco trasparenti. La posizione assunta da numerosi ed insigni costituzionalisti che esprimono perplessità di metodo e di merito è una buona base per un confronto che intendiamo animare dalle prossime settimane ed in primo luogo con i cittadini.
In una fase così convulsa per la Basilicata non chiederemo agli elettori lucani di esprimere il No a Renzi e a Pittella ma alle proposte che ritornano di tanto in tanto, ultimo tentativo piuttosto maldestro quello del Presidente pugliese Emiliano, di sopprimere la Regione, come è già avvenuto con numerosi presidi di importanti e delicati servizi pubblici.
C’è chi – ha detto ancora Flovilla – si è spinto a costituire i comitati degli operatori sanitari per il sì con tesi “farneticanti” del tipo: “Con il SI in Sanità si accorcia il divario nord-sud» . Tutt’altro: come testimonia la vicenda dei nuovi LEA attesi alla prova generale, altro che riduzione Nord-Sud e freno ai viaggi della speranza.La sanità ha bisogno di interventi e programmi che riorientino la spesa e i servizi sui territori e nei rapporti Stato-Regioni superando gli attuali 21 Sistemi Sanitari Regionali.
Inoltre come cattolici – è stato detto – votiamo NO per coerenza storica.Per secoli si è chiesto alla Chiesa di riconoscere la sovranità del diritto e la divisione dei poteri, e sarebbe assurdo che proprio ora che il Papa le ha solennemente proclamate all’ONU, i cattolici italiani ne abbandonassero la difesa per tornare a quella vecchia, decrepita, infausta cosa che è l’uomo solo al comando e tutti gli altri a dire di sì. Ma coerenza storica ci impone di votare no anche perché i cattolici in Italia, come ci ricorda l’esempio di Aldo Moro a 100 anni dalla sua nascita, hanno messo il meglio di sé nella Costituzione repubblicana. È la cosa migliore che hanno fatto nel Novecento. Grazie alla partecipazione alla Resistenza, la Costituzione è stato il dono più alto che i cattolici, certo non da soli, hanno fatto all’Italia. Ora si dovrebbe cambiarla per portarla su posizioni più avanzate (più diritti, più sicurezza sociale, lavoro, cultura, più garanzie contro la cattiva “governabilità” e l’arroganza della politica), non certo sfasciarla. Quanto ai costi della politica non vengono dimezzati: con la riforma si andrà a risparmiare circa il 20%, ma in realtà sono in arrivo nuove indennità al rialzo per i funzionari parlamentari mentre il bicameralismo non viene davvero superato, come dice il governo, bensì reso più confuso creando conflitti di competenza tra Stato e Regioni e tra Camera e nuovo Senato.
Set 24