“Le vicende dell’ex Arbea tengono banco ma è pur sempre la verità che deve essere comunicata. Sia per la complessità della vicenda, sia perché sarebbe prudente attendere ancora, che i Servizi della Commissione ed i suoi organi (Olaf) completino gli accertamenti, prima di pronunciarsi definitivamente in proposito, converrebbe abbassare i toni, evitare proclami e strumentali allarmismi e comunicare la realtà dei fatti. Peraltro, per non incorrere nel rischio di annunciare correzioni finanziarie ed importi che nella realtà non esistono. Non corrisponde al vero dichiarare correzioni, a carico della regione, di oltre 90 milioni di euro, e ritenere, nientemeno, che ne sia derivata una sottrazione di risorse finanziarie agli agricoltori della Basilicata”. Lo comunica l’assessore alle Politiche agricole e forestali Luca Braia.
“Infatti, – spiega l’esponente del governo regionale – – ancora nel maggio 2016 vi è stata un pronunciamento del Tribunale dell’Unione europea (causa T-384/14) che ha confermato una rettifica finanziaria per l’esercizio 2010 (finché il riconoscimento non è stato revocato), avviata sulla base delle relazioni di liquidazione dei conti da parte dell’organismo di certificazione dell’Arbea. Tuttavia alla Regione non è pervenuta alcuna comunicazione in proposito dallo Stato e, volendo prendere per buone le affermazioni dell’europarlamentare Pedicini, l’importo quantificato dovrebbe ammontare a circa 3,5 milioni di euro.
Va precisato che gli importi che vengono sbandierati, sono relativi alle annualità 2007-2008-2009 vanno assolutamente ridimensionati ed ammontano ad euro 6.553.797,44.
Sulla base delle informazioni in possesso delle strutture dipartimentali, risulta infatti che nella causa T-255/13, del 12 novembre 2015, il Tribunale dell’Unione europea ha respinto la richiesta dell’Italia di annullare la decisione di esecuzione 2013/123/UE della Commissione, del 26 febbraio 2013, recante esclusione dal finanziamento dell’Unione europea di alcune spese confermando la rettifica finanziaria Arbea sopra citata.
Senza voler entrare nei tecnicismi che la procedura comunitaria prevede nella fattispecie, riteniamo utile riepilogare la vicenda.
La proposta dei Servizi della Commissione su cui fondavano la rettifica forfettaria riguardava violazioni dei criteri di riconoscimento dell’allora Organismo pagatore e si basava sulle risultanze delle valutazioni dell’organo di certificazione dei conti dell’Op Arbea. Ebbene dalle matrici relative agli anni 2007, 2008 e 2009 si rilevava che le gravi carenze contestate all’Arbea non investivano tutti gli elementi considerati essenziali, ai fini del riconoscimento, e cioè: la struttura organizzativa, le attività di controllo e di monitoraggio continuo, ma erano circoscritte alla sola matrice dei debiti Feaga e Feasr. Ovvia la contestazione da parte dello Stato membro per il fatto che i Servizi della Commissione, pur non deducendo specifiche carenze nei settori di cui sopra, avessero poi proposto anche per essi il massimo della rettifica.
La rettifica finanziaria si basava sul presupposto che, avendo l’Arbea manifestate “gravi carenze organizzative”, nel senso di un organico sottodimensionato rispetto alla molteplicità di funzioni cui doveva quotidianamente attendere (l’Op regionale ogni anno mediamente erogava aiuti per circa 120 milioni di euro, tra domanda unica e sviluppo rurale) ne conseguiva, a parere di Bruxelles, il venir meno della garanzia della tutela degli interessi finanziari comunitari. Poiché non fu possibile pervenire ad una oggettiva determinazione del rischio per i fondi (Feaga e Feasr) la correzione finanziaria fu calcolata forfettariamente.
L’Italia si oppose a tale modalità di determinazione della correzione ma l’Organo di conciliazione non fu nella possibilità di conciliare le posizioni della Commissione con quelle dello Stato Membro come da conclusione del 31 maggio 2011. Tuttavia, in seguito alla relazione finale dell’organo di conciliazione, i servizi della Commissione procedettero al riesame dell’importo della rettifica finanziaria e comunicarono alle autorità italiane, con lettera del 22/12/2011, la loro posizione finale, vale a dire rettifiche forfettarie del 16% per le spese effettuate nel 2007, nel 2008 e nel 2009, per un importo pari ad euro 55.144.932,00.
La Stato italiano comunicò, successivamente, ai servizi della Commissione, tutte le misure organizzative e gli interventi correttivi che erano stati attuati, nel frattempo, dall’Arbea, che neutralizzavano le conseguenze finanziarie generate dalle carenze constatate. Alla luce di tanto, i servizi della Commissione riesaminarono la loro posizione effettuando un nuovo calcolo del rischio effettivamente a carico dei fondi interessati, e nello specifico nei settori che non riguardavano il sistema integrato di gestione e controllo e dall’altro il settore relativo alla gestione dei debiti. In tal senso la rettifica finanziaria proposta dalla Commissione si ridusse ad un importo totale pari ad euro 6.553.797,44. Tale posizione veniva comunicata alle autorità italiane con lettera del 3/12/2012.
Benché l’ammontare della correzione fosse stata drasticamente ridimensionata (dagli originari euro 55.144.932 ai 6.553.797,44 di euro) lo Stato italiano ritenne di dover adire la Corte di Giustizia. Ma quest’ultima ha ritenuto di respingere tutti i motivi e le censure sollevate condannando lo Stato italiano alle spese che, quindi, ammontano ad euro 6.553.797,44 .
Infine – conclude l’assessore Luca Braia – senza voler assolvere o condannare nessuno, da Arbea alla politica che ha gestito quella fase, è risultato evidente che l’inadeguatezza della organizzazione messa allora in campo, riscontrata dagli organismi di certificazione e che hanno generato la correzione finanziaria della commissione, non essendo state risolte, hanno fatto sì che fosse accettata come ineluttabile la revoca del riconoscimento di Op (Organismo Pagatore)”.