Su SassiLive ritornano le fantastiche avventure di Mister Stackewtch. Di seguito la nuova puntata.
Mister Stackewtch all’inferno: la tromba.
Mister Stackewtch non ne può più della estenuante campagna presidenziale che vede la Clinton impegnata contro quel pittoresco, ma pericoloso, personaggio da far west che è Trump. Le mail nascoste e i tradimenti di Bill, l’ignoranza, la goffagine, gli affari poco puliti di Trump, i sondaggi dei giornali, gli endorsement dei vari artisti e politici … uffa! Non ne può più. Talvolta fa zapping col telecomando, talvolta spegne la tv, talvolta ancora va a letto, ancorchè non abbia sonno, si rotola a destra e a sinistra finchè la stanchezza della mente, più che quella fisica, ha la meglio e lo conduce nelle braccia del dio preposto alla quiete notturna. Non prima, però, che la sua mente vada a ripescare, rallentando l’abbandono, quelle notizie, giuntegli negli ultimi tempi da Rocks City, riguardanti salti da un campo all’altro di soldati di ventura abbagliati dalla prospettiva di trovare nella nuova collocazione lo spazio vitale a cui sentono di essere stati vocati in nome della Cultura; sempre in nome della Cultura ciascun soldato richiede la mercede, la partecipazione al banchetto. Triste fenomeno è codesto, tutt’altro che recente, che con il pudore aspramente contrasta. Solo i cretini non cambiano mai, si dice … però quando non sono le idee ma l’interesse a spingere al cambiamento …A questo punto – dice a sé stesso – mi sento un cretino, però mi va bene così. E sogna, sogna Mister Stackewtch; il sogno gli fa rivivere, e da sveglio se ne meraviglia poi, un’avventura …infernale, che un ignoto ha per lui trascritto.
…la tromba di retro…
(Premessa: la parola “la” è da intendere come articolo, la parola “tromba” è da intendere come nome, non come verbo della prima coniugazione)
Poscia ch’usciti fummo dal loco,
ove dannate giacean l’anime
di quei ch’intelletto a fraude piegaron sempre,
un uom vedemmo che, con nero vestito
e seco una tromba di retro traendo,
la seggiola del potere giammai cessava d’inseguir con affannoso respiro;
ma questa, come da spirto mossa, sempre li sfuggiva.
Ond’io, a lo mio maestro, che di Enea le gesta cantò, :
”Maestro, che loco è cotesto? E chi è costui
che cotanto affanno preme, sì che bava la bocca gli empie?”.
E lo duca a me, che d’ascoltar molto disioso ero,:”Figliol, dirotti in breve. Loco è cotesto, ove in etterno giaccion li paleotoponi;
di costoro il mondo è pieno, che notte e dì la mente aguzzaron
per lo potere, che talor non ghermiron.
Ma, acciocchè tu più ne sappia, priega costui
ch’a te ne parli e di sua pena narri”.
Poscia che pregato io l’ebbi, cotali parole udii: “O passeggero, che pietoso passi per cotesto loco, ove lamenti e lugubri romori l’aer contiene,
di me, di mia vita e di mia pena in breve udrai,
ché sostar più a lungo non puote chi, come me,
in cotesto loco a correr sanza sosta dannato fu.
Nacqui al tempo che già imperava Julio il gobbuto,
ch’al siculo fetuso un bacio dette
(questo allor in pentimento qualcun disse),
La fazion dei Bianchi crociati conobbi,
pur anco i Neri da fiamma anneriti,
i Rossi più volte in aspra lotta fra lor,
i Verdi di natura amanti,
li seguaci del cavalier di Biscione,
amici di quelli che fuor da maroni volean quelli come noi.
Sempre ‘l poter d’afferrar cercai,
sempre di conservar, talora ‘l persi, talora da me fuggì.
Dannato fui, perciò, ad inseguir la seggiola del potere,
meco recando il segno di sconfitta,
chè trombato fui talor ne la mia vita,
pur se ‘l cammin sempre ripresi.
Quando il mio corpo, ormai lasso,
inseguir più non puote,
col cul degg’io suonar la tromba,
ch’altri con la bocca suole suonar.
E la cosa ognor m’offende”.
Tali parole lacrimar mi fecero.
Ma lo mio Maestro a me:”Folta è la schiera de li trombati
e lugubre suono in cotesto loco s’ode!
Tu d’esta tromba non ti curar,
de lo clarinetto è d’uopo ch’ognun si curi !”.
Domenico Gallipoli