Sabato 29 ottobre 2016 alle ore 18 il MUSMA festeggia i suoi dieci anni con l’inaugurazione della personale dell’artista milanese Valerio Rocco Orlando, mostra concepita come una scultura sociale che coinvolgerà visitatori e comunità materana.
Il 14 ottobre 2006 nasceva il MUSMA, il Museo della Scultura di Matera, progettato e realizzato dalla Fondazione Zétema di Matera, con l’allestimento del critico d’arte Giuseppe Appella e dell’architetto Alberto Zanmatti. Le generose donazionidi artisti, collezionisti, galleristi, critici d’arte e privati cittadini alla Fondazione Zetema hanno reso possibile la nascita di una collezione permanente di gran pregio che di anno in anno cattura e affascina un numero crescente di visitatori.
Il MUSMA, collocato nel cuore dei Sassi, unico al mondo per la sua ambientazione in grotta, compie quest’anno dieci anni, un decennio ricco di mostre, eventi, attività didattiche, incontri e momenti di crescita e confronto.
Il 29 ottobre 2016 il MUSMA festeggia l’importante traguardo con l’inaugurazione di Portami al confine, la personale dell’artista Valerio Rocco Orlando, promossa dalla Fondazione Zetema e a cura del neo direttore del MUSMA, Tommaso Strinati. La mostra, che dà l’avvio al nuovo corso del museo, sotto la direzione di Strinati,è concepita come un’opera d’arte collettiva, che verrà costruita nell’arco di quattro mesi, fino al 28 febbraio 2017, attraverso il coinvolgimento dei visitatori e della comunità materana in cui il Museo è nato e cresciuto.
Nato a Milano nel 1978 da una famiglia di origini lucane, Valerio Rocco Orlando sviluppa nel suo lavoro una metodologia basata su una necessaria e profonda relazione con le comunità che vivono dove si trova ad operare. Attraverso la pratica dell’ascolto attivo, dell’immedesimazione, dell’individuazione delle urgenze e dell’analisi e conoscenza reciproca, la sua ricerca produce un discorso aperto che esplora il processo osmotico che può e deve stabilirsi tra istituzioni, musei, accademie e sfera sociale.
Giunto per la prima volta a Matera nel dicembre 2015, in occasione della realizzazione del progetto OSMOSIS promosso da AMACI, Orlando ha da subito avvertito, nella città e nei suoi abitanti, tutte le potenzialità per sviluppare la sua ricerca. “La relazione con Matera e il MUSMA – ha spiegato l’artista – nasce da un desiderio destinato a crescere. Un confronto che nell’ultimo anno, nel corso dei diversi soggiorni e incontri, si è formalizzato nel progetto di un film da costruire con la città, in una mostra e in una nuova commissione per la collezione del museo. Dopo un decennio di produzioni tra Cuba, India, Corea e Stati Uniti, proprio qui ho ritrovato un senso di appartenenza particolarmente fertile per sondare, secondo una prospettiva diacronica, le possibilità e i limiti di una pratica volta a esplorare la relazione tra individuo e comunità”.
Il confronto con il presidente della Fondazione Zetema, Raffaello De Ruggieri, con il nuovo direttore del MUSMA, Tommaso Strinati e con le operatrici della cooperativa Synchronos, ha portato l’artista a elaborare, come punto di partenza della sua personale, un invito necessario e attualissimo: Portami al confine, dove il termine confine non è un limite, ma lo spazio estremo nel quale ciascuno dà appuntamento a se stesso e agli altri per riconoscersi e riconoscere il diverso da sé, nella consapevolezza che i confini dell’identità non ci circondano ma ci attraversano.
Protagonisti della mostra, che, saranno quindi cittadini e visitatori con i quali l’artista intende stabilire un contatto ravvicinato.
Una scritta al neon, un grande tavolo/laboratorio e un video daranno corpo ad una installazione “immersiva” dove i fruitori possano confrontarsi sulla propria idea di confine e possano condividerla per costruire una scultura sociale. In un secondo momento il dialogo si sposterà dal Museo nella città, con l’artista che inviterà gli abitanti ad accompagnarlo fisicamente a quello che è, per ciascuno di loro, il confine della comunità.
L’imprescindibile legame con il territorio, che ha guidato la nascita e la crescita del MUSMA, trova, così, la sua naturale continuazione in Portami al confine.
“Attraverso il progetto commissionato ad Orlando – spiega il direttore del MUSMA, Tommaso Strinati – ho inteso avocare a me anche il ruolo di curatore, nel rispetto di una figura chiave nel sistema dell’arte contemporanea di oggi ma anche nell’urgenza di mettere in gioco a tutto campo la figura del direttore di museo. Con Portami al Confine, in continuità con il carattere sperimentale del MUSMA, ho scelto di riservare due sale del museo all’installazione. Un segno forte, che ha permesso a Valerio Rocco Orlando, subito dopo la sua partecipazione alla collettiva romana Par Tibi Roma Nihil al Palatino, di lavorare a questo nuovo progetto. Sovente le installazioni di scultura ambientale, nella loro fisicità, vengono descritte nei termini della tecnica mista; io definisco Portami al Confine figlia di un translinguismo sempre in atto, dove l’esperienza del video-maker, del reportage poetico e di una sorta di regia dello spazio, passano attraverso la necessità di un fare artigianale, come il tavolo/laboratorio, e di una traccia di scultura policroma, come il neon colorato, con tutti i rimandi che esso innesca”.
Scandagliare, analizzare se stessi grazie alla mediazione dell’artista, porre domande senza cercare risposte immediate, ma generando nuove domande, in un moltiplicarsi incessante di idee che mettano in discussione la realtà per una diversa idea di confine, è questo il concetto – guida della mostra del decennale del MUSMA. Portami al confine è un invito a guardare se stessi e il mondo che ci circonda da nuovi punti di vista, a capovolgere certezze cristallizzate.
L’arte, e il lavoro di Valerio Rocco Orlando ne è un esempio emblematico, è lo strumento indispensabile per rompere i muri e incontrarsi. In un’epoca in cui si vogliono ricostruire frontiere abbattute da tempo e in una società che ha preso la direzione dell’individualismo involutivo, l’arte riacquista la sua funzione sociale e si riappropria di spazi e rituali collettivi per coinvolgere un pubblico sempre più ampio, restituendogli la naturale predisposizione all’evoluzione e al cambiamento.