Sono sempre più numerosi gli agricoltori lucani over 65 anni che, per sopravvivere, aiutare la famiglia e arrivare a fine mese, continuano ad occuparsi dei lavori nei campi.Una distorsione che azzera il ricambio generazionale in agricoltura. La denuncia viene dal Patronato Inac della Cia sottolineando che la media della pensione percepita da noi si attesta sui 400 euro al mese, con punte minime di assegni da 276 euro. In Basilicata ben il 78 per cento dei pensionati della regione (circa 135 mila) percepisce un’indennità che è inferiore di un terzo alla minima.
Siamo di fronte – si legge nella nota – a pensioni da fame per chi ha lavorato in agricoltura, le più basse d’Europa. Questo costringe i produttori a continuare l’attività, bloccando il turn-over nei campi. La diretta conseguenza è uno dei più bassi indici mondiali di nuovi ingressi nel settore da parte dei giovani, fermi sotto il 6%.
“Con le riforme Amato, Dini e poi Fornero vengono sottratti ai pensionati qualcosa come 900 miliardi di euro. Ma ora è il momento di dare e non di togliere ancora – sottolinea la Cia. E’ sotto gli occhi di tutti che il sistema pensionistico italiano debba essere fortemente riformato. Abbiamo le retribuzioni minime più basse d’Europa, chiediamo quantomeno che vengano uniformate a quelle degli altri Paesi Ue. E tra i pensionati che stanno peggio, ci sono senza dubbio gli agricoltori che, tra l’altro, continuano a vivere nelle aree interne e rurali dove già scarseggiano welfare e servizi. Con queste premesse non ci si può certo stupire che stenti il ricambio generazione nel settore primario. I titolari di azienda sopra i 65 anni rappresentano oggi il 43% del totale.
“L’incidenza vera della spesa pensionistica sul Pil è pari al10,7% – evidenzia il presidente dell’Inac Antonio Barile-. Le entrate superano i 183 miliardi di euro, per uno sbilancio positivo di 10,2 miliardi. Questi dati dimostrano che esistono i margini per aumentare le pensioni, al contrario di quanto sostenuto da più parti. Un processo che non è più rinviabile, perché gli italiani che vivono sotto la soglia di povertà sono quasi 5 milioni e tra questi c’è chi ha lavorato una vita intera nei campi”.
Un’ingiustizia non più tollerabile a cui si può cominciare a porre rimedio subito. La Cia ha proposto di lavorare perperfezionare la proposta di legge Gnecchi-Damiano, che prevede l’istituzione di una “pensione base” (448 euro), in aggiunta alla pensione liquidata interamente con il sistema contributivo.
Nelle aree di campagna gli effetti della crisi sono amplificati, soprattutto per gli “over 65”, perché agli assegni pensionistici mediamente più bassi si unisce la carenza a volte strutturale dei servizi sociali -sottolinea l’Anp-Cia- aggravata dai continui tagli alla sanità e in particolare al Fondo per la non autosufficienza. La conseguenza è che oggi sono 7 su 10 i pensionati delle aree rurali a rischio di povertà o esclusione sociale: un rapporto ancora più allarmante di quello relativo alla popolazione italiana, che tocca il 30 per cento.
Gli ultrasessantenni -evidenzia ancora l’Anp-Cia Basilicata- sono circa il 20 per cento della popolazione ed entro 15 anni raggiungeranno il 25 per cento. Attualmente oltre l´80 per cento (in pratica 8 su 10) degli anziani chiede servizi sociali, sanitari e assistenziali pronti ed efficienti.
E’ nostra intenzione – si legge nella nota – tutelare gli interessi dei pensionati e degli anziani, sollecitando le istituzioni a sviluppare interventi a livello locale e nazionale che abbiano come obiettivo quello di favorire un invecchiamento attivo e sano. Riteniamo che sia giunto il momento di cambiare rotta e di dare il giusto valore all’esperienza degli anziani, che hanno sacrificato gran parte della loro esistenza per il raggiungimento di una vita migliore”.