“L’esito del referendum costituzionale ha effetto anche sulla salute dei cittadini perché la riforma ricentralizza la sanità”. Lo sottolinea Antonio Flovilla, portavoce del Comitato di cattolici, popolari e riformisti per il NO, partecipando a Rionero ad un incontro zonale di aderenti al Comitato provenienti dal Vulture-Alto Bradano.
“Uno dei quesiti su cui sono chiamati a pronunciarsi gli italiani il 4 dicembre – evidenzia -modifica l’articolo 117 che sancisce il riparto delle competenze tra Stato e Regioni, affidando al primo competenza esclusiva sulla tutela della salute e politiche sociali, alle seconde l’organizzazione dei servizi. Cosa potrebbe cambiare, dunque, per il sistema sanitario nazionale e di conseguenza su quello regionale? E’ una domanda che richiede un’attenta riflessione con al centro le possibili conseguenze dell’abrogazione della legislazione concorrente tra Stato e Regioni, gli impatti della cosiddetta ‘clausola di supremazia’ e i potenziali cambiamenti negli assetti organizzativi regionali e nazionali, ma anche la mobilità interregionale per motivi di cura, l’accesso alle terapie, liste d’attesa e i Lea.
C’è chi si è spinto a costituire i comitati degli operatori sanitari per il sì con tesi “farneticanti” del tipo: “Con il SI in Sanità si accorcia il divario nord-sud” . Tutt’altro: come testimonia la vicenda dei nuovi LEA attesi alla prova generale, altro che riduzione Nord-Sud e freno ai viaggi della speranza. La sanità ha bisogno di interventi e programmi che riorientino la spesa e i servizi sui territori e nei rapporti Stato-Regioni superando gli attuali 21 Sistemi Sanitari Regionali. Non si sottovaluti: l’aspettativa di vita in Italia era abbastanza omogenea, oggi nascere in regioni del Sud come la nostra significa avere un’aspettativa di vita di 4 anni di meno: praticamente in 15 anni hanno perso tutto il guadagno maturato dal secondo dopoguerra. Così i cittadini del Sud – prosegue – sono beffati tre volte: pagano di più, hanno meno servizi e sono costretti a emigrare per curarsi”.
Inoltre ci sono ragioni di coerenza storca che inducono i cattolici a votare NO.
“La nostra iniziativa per il no al referendum – conclude – non è una posizione politica e ideologica, ma spieghiamo perché i cittadini hanno tutto da perdere da questa riforma, che ricentralizza i servizi a partire proprio dalla sanità”.
Ott 25