L’agricoltura familiare è un elemento essenziale dell’economia rurale da attualizzare e modernizzare in primo luogo valorizzando l’imprenditoria femminile. E’ la conclusione dell’ assemblea nazionale di Donne in Campo-Cia alla quale ha partecipato una delegazione di dirigenti lucani.
E’ soprattutto il modello di conduzione familiare che in Basilicata è il più diffusocon donne e uomini che lavorano insieme -coniugi, figli, parenti- e che svolgono tutti un ruolo chiave per garantire la sicurezza alimentare, proteggere l’ambiente e la biodiversità dei territori. Ecco perché bisogna riportare questo modello di agricoltura al centro delle politiche agricole, ambientali e sociali: solo così si può garantire uno sviluppo più equo e sostenibile.
le aziende agricole di tipo familiare sono quasi tutte di piccole dimensioni (da noi la media è pari a 4 ettari), ma insieme coprono praticamente la metà della superficie agricola utilizzata. Con un peso specifico sostanziale, che dipende dal fatto che questo tipo di agricoltura è legata indissolubilmente alla biodiversità: preserva i prodotti locali e le varietà autoctone e promuove l’uso sostenibile delle risorse naturali.
Le aziende femminili in agricoltura – è stato inoltre evidenziato – sono portatrici di innovazione di processo ma anche di una nuova idea di crescita che coniuga tradizione, biodiversità e qualità con una costante attenzione all’ambiente. Ben il 9% delle imprenditrici sceglie il settore primario, a fronte di una quota che tra gli uomini si ferma 6,6%. Il tratto di marcata modernità delle imprese agricole femminili è dato dalla spiccata multifunzionalità che si concretizza specialmente negli ambiti più innovativi del settore, come ad esempio le fattorie didattiche (fatte 100 le imprese agricole con fattorie didattiche annesse, 33,6 hanno un capo azienda donna), gli agriturismi (32,3), le attività ricreative e sociali (31,1) e la prima trasformazione dei prodotti vegetali (29,2). L’incidenza delle donne nelle aziende agricole lucane va oltre il 33 per cento, valore al di sopra della media nazionale (30,1 per cento).
“ E’ chiaro, quindi, che l’agricoltura familiare è la via da seguire -ha dichiarato la vicepresidente vicaria della Cia Cinzia Pagni-. Bisogna sollecitare le politiche a offrire maggiori opportunità per mantenere questo modello fondamentale per il settore e i territori rurali. Anche perché agricoltura familiare non vuol dire agricoltura ‘vecchia’, anzi è sempre più vero il contrario. E in questo processo le donne hanno svolto e continuano a svolgere un ruolo da protagoniste”.
“Le aziende ‘al femminile’ –affermano le associate a Donne in Campo Basilicata – tengono meglio la crisi e per questo motivo è fondamentale che nel nuovo Psr venga promossa l’imprenditoria femminile agricola, come in generale favorire il ricambio generazionale, e sostenerla nei processi di innovazione. L’altro elemento distintivo -aggiungono – è che le nuove imprenditrici agricole hanno un titolo di studio mediamente più alto dei maschi. Il che significa che le aziende in rosa sono dotate di maggior know-how. Pur avendo una superfice mediamente inferiore a quella delle aziende al maschile, le imprese “rosa” registrano una maggiore intensità di lavoro e dunque una migliore performance di redditività con un più alto valore aggiunto derivante anche dall’opzione di coltivare in biologico, che è la scelta operata dal 90% delle giovani imprenditrici”.