Riportiamo di seguito il testo dell’omelia che l’Arcivescovo Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo ha offerto ai fedeli nella notte di Natale durante la Santa Messa nella cattedrale di Matera.
“Meditazione Notte di Natale nella Basilica Cattedrale di Matera”
Carissimi,
Rallegriamoci tutti nel Signore perché è nato nel mondo il Salvatore. Oggi la vera pace è scesa a noi dal cielo (Antifona d’ingresso).
L’invito che la liturgia ci fa questa notte è uelldi aprire il cuore e la mente alla contemplazione adorando la presenza della Luce venuta nel mondo, Cristo Gesù. Non a caso nel prefazio, prima della consacrazione, sentiremo queste parole: Nel mistero del Verbo incarnato è apparsa agli occhi della nostra mente la luce nuova del tuo fulgore, perché conoscendo Dio visibilmente, per mezzo suo siamo rapiti all’amore delle realtà invisibili (Prefazio I di Natale).
Questa è la notte in cui siamo rapiti all’amore per contemplare ciò che da soli non riusciremmo mai a comprendere. Dio si è reso visibile con l’incarnazione di Gesù nel seno di Maria e la sua nascita per stare in mezzo a noi. Ciò che era invisibile si è reso visibile.
In questa notte santa noi vegliamo coscienti che le tenebre della storia oscurano spesso la luce della vita. Vogliamo accogliere la Luce. Ne abbiamo bisogno. Mai come in questo momento storico più che scorgere la vittoria della luce sulle tenebre viviamo nella paura che siano le tenebre a prevalere sulla luce stessa.
Questa è la notte in cui siamo rapiti all’amore affinchè come, dice il profeta Isaia, nella prima lettura: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia,
hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete
e come si esulta quando si divide la preda (Is 9,1ss).
E di tenebre in questo tempo ce ne sono tante! Si chiamano: paura!
– La paura della famiglia sempre più in crisi. Ci sono tante fragilità che vengono fuori e che hanno bisogno di essere capite e interpretate. Non si tratta di fare processi e dare sentenze gratuite e frettolose. Il Dio Bambino ha scelto di nascere in una famiglia chiedendo aiuto al “SI” di Maria e al “SI” di Giuseppe. Un “SI” fondato non sulle loro forze e capacità o semplici promesse di amore eterno. Un “SI”, il loro, che si fida del Dio che si è rivelato e mostrato alla loro vita. Hanno la certezza che Dio li sosterrà sempre, soprattutto nelle avversità della vita e nei momenti di crisi o conflitto. Nel Vangelo abbiamo sentito: Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito. Da questo momento in poi quanti guai, quante sofferenze, quante paure. Costretti, come immigrati, a scappare addirittura in Egitto pur di salvare il loro bambino che Erode voleva uccidere. L’amore per il figlio fa mettere da parte ogni rivendicazione personale. Giuseppe, soprattutto, ne aveva tutte le ragioni. Gesù non era nemmeno suo figlio! Ma l’amore che Dio mise nel suo cuore diventa più grande delle sue rimostranze o ragioni di lasciare Maria, sua sposa.
– La paura per il riesplodere del terrorismo e i vili attentati in nome di un “dio” che una piccola porzione dell’umanità l’ha rivestito come dio dell’orrore, assetato di sangue. Un dio giustiziere. Esattamente il contrario del Dio di Gesù Cristo che si è spogliato della sua divinità per rivestirsi di umanità e venire in soccorso alla fragilità umana. Il Dio che annunciamo questa notte è quella “grande luce” che tutti gli uomini possono vedere. In questa terra tenebrosa una luce rifulge. Gesù viene nella povertà della miseria umana per distruggerla facendosi, da Grande, piccolo; da Assoluto, bambino. Questa è la logica di un Dio che ama e che nel volto di un bambino mostra tutta la sua tenerezza per noi moltiplicando la gioia, aumentando la letizia. Solo il potere di un bambino riesce a fare tutto questo. «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,13).
– La paura per un futuro incerto per mancanza di prospettive nel mondo occupazionale, soprattutto giovanile. Quante promesse disattese! Quanti progetti miseramente arenati e incagliatesi a causa di una politica sempre più litigiosa, incapace di operare per il bene comune e alla ricerca di rivalse personali o di partito! In questo scenario, questa notte, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo (Tit 2,11). I credenti siamo chiamati ad un impegno nel sociale partendo dai principi fondamentali della dottrina sociale della Chiesa. Gli interessi personali devono lasciare il posto agli interessi della collettività. Dio, in Cristo, non redime soltanto la singola persona, ma anche le relazioni sociali tra gli uomini. Come insegna l’apostolo Paolo, la vita in Cristo fa emergere in modo pieno e nuovo l’identità e la socialità della persona umana, con le loro concrete conseguenze sul piano storico: « Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù » (Gal 3,26-28). In questa prospettiva, le comunità ecclesiali, convocate dal messaggio di Gesù Cristo e radunate nello Spirito Santo attorno a Lui risorto (cfr. Mt 18,20; 28,19-20; Lc 24,46-49), si propongono come luoghi di comunione, di testimonianza e di missione e come fermento di redenzione e di trasformazione dei rapporti sociali. La predicazione del Vangelo di Gesù induce i discepoli ad anticipare il futuro rinnovando i rapporti reciproci (n 52). In questa notte, il Dio Bambino, ci invita a rinnegare tutto ciò va contro la promozione umana. Ci sprona ad avere il coraggio per aprirci ad orizzonti nuovi dove la giustizia, il bene per il territorio, l’amore verso la gente più debole, siano da stimolo per una progettualità seria, condivisa e orientata verso il futuro rinnovando i rapporti reciproci.
– La paura del diverso.
Sta prevalendo, come dice Papa Francesco, la cultura dello scarto. C’è un nord del mondo, ricco, che ha paura di accogliere un sud dell’umanità che avanza e chiede di essere aiutato ed accolto. Gesù in questa notte nasce in questa miseria umana. Anche lui, prima del parto di Maria, ha trovato le porte degli alberghi e delle case chiuse. Non c’era posto per lui. E’ stato accolto in una grotta per animali. E’ la storia che si ripete continuamente. E oggi, come allora, tanti bimbi, tante mamme, tanti giovani hanno trovato accoglienza nei fondali del nostro mare (le cifre ufficiali parlano di 5.000 morti nel solo 2016!). Difronte a una così grande ingiustizia, sempre nella prima lettura, abbiamo sentito che Dio, facendosi uomo, viene oggi ad annientare questa miseria che la paura ha posto nel cuore di tanti uomini: Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Màdian. Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco.
Le opere del Dio Bambino continuano ad essere a favore di una umanità nuova, rinnovata, capace di costruire ponti umani e abbattere ogni forma di barriere. Sempre S. Paolo, nella seconda lettura ci ricorda: Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.
– La paura per le tante tensioni internazionali e la mancanza di pace nel mondo. Solo alcuni scenari conosciamo e nemmeno pienamente. Sicuramente la sorte di Aleppo è stata e rimane apocalittica. A volte si ha l’impressione che nemmeno le atrocità del passato siano servite come monito per il presente per costruire un mondo più giusto, più umano. A noi, come ai pastori, questa notte, viene detto dall’Angelo: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». Questo segno, del Dio Bambino, deposto in una mangiatoia, senza armi, viene per fare scoppiare la pace. Una pace costruita sulla giustizia e il rispetto dei diritti umani. E’ quanto la schiera degli Angeli dicono ai pastori: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama». E’ quanto abbiamo cantato anche noi stanotte. E’ il canto che nella Chiesa sparsa in tutto il mondo continua ad essere intonato fino a quando questa pace non riempirà tutti gli spazi della terra.
Carissimi, questa notte, si riempie di luce, in questo scenario, se pur non completo che ho presentato, per ricevere luce ed essere noi stessi luce. Nella colletta (preghiera iniziale) ho detto: O Dio, che hai illuminato questa santissima notte con lo splendore di Cristo, vera luce del mondo, concedi a noi, che sulla terra lo contempliamo
nei suoi misteri, di partecipare alla sua gloria nel cielo. Vogliamo guardare al Dio Bambino e lasciarci smontare dalla sua tenerezza, come quella, appunto, di un qualsiasi bambino. Ci avvolga il manto della sua divinità per non soccombere davanti alle prove e provocazioni della vita.
Vieni, Dio Bambino, nelle grotte:
della mente senza luce,
dei cuori arresi e senza speranza,
dei sogni ormai svaniti in una realtà senza sogni.
Vieni, Dio Bambino, nei tuguri:
di chi geme nel silenzio,
di chi soffoca il suo pianto,
di chi non sa più gridare il suo dolore.
Riportiamo di seguito il testo dell’omelia che l’Arcivescovo Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo ha offerto ai fedeli nel giorno di Natale nella Cattedrale di Matera.
Santo Natale 2016
Carissimi fratelli e sorelle tutti, presenti in questa Basilica Cattedrale, voi che ci seguite da casa attraverso il servizio televisivo di TRM.
Un giorno santo è spuntato per noi: venite tutti ad adorare il Signore; oggi una splendida luce è discesa sulla terra (Canto Alleluja).
Questo è il giorno che apre gli occhi, il cuore, la mente dell’uomo a contemplare e gustare quanto Dio ha fatto per l’intera umanità. Dio si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi. Dio, che molte volte e in diversi modi, nei tempi antichi, aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo (Eb).
Questo è il giorno in cui siamo chiamati ad adorare la divinità che si mostra nella tenerezza di un bambino. E’ la potenza dell’amore di Dio che viene riversato nei cuori degli uomini a volte affranti, soli, piagati, aridi, senza vita, lasciati ai margini della storia, dimenticati, poveri di amore. Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza, agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia. Egli si è ricordato del suo amore, della sua fedeltà alla casa d’Israele (Sl).
Un giorno speciale durante il quale si respira un’aria speciale. Non solo quella delle ninne nanne, delle zampogne. Soprattutto non quella della pubblicità televisiva, dei raduni da sballo. E’ speciale questo giorno perché c’è un festeggiato: il suo nome è Gesù, colui che salva. E’ il Dio con noi, per noi, in noi. Coscienti di tutto questo siamo stati convocati in questo luogo santo e ci è stato detto: Cantate inni al Signore con la cetra, con la cetra e al suono di strumenti a corde; con le trombe e al suono del corno acclamate davanti al re, il Signore (Sl).
– E’ il Dio con noi. Da lontano, incomprensibile, impossibile da vedere, si è svelato completamente, si è svuotato della sua divinità per stare in mezzo ad ogni uomo bisognoso. Il Dio con noi per dare senso alla nostra umanità e rivestirla della sua stessa natura divina. Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo. Il Dio con noi che condivide gioie e dolori, ansie e attese, che promuove la giustizia e la pace, che libera dall’indifferenza e dall’apatia, dalle vanità e dalle estasi facili e brevi che lasciano nel vuoto e nella rabbia. Non un Dio con la bacchetta magica che risolve tutti i problemi ma che ci è di aiuto e di sostegno nell’affrontarli. Pronti a reagire positivamente alle avversità e ad ogni ingiustizia che si subisce. Un Dio che si fa carne nella mia carne perché questa carne sia sanata, irrobustita, capace di agire e operare a favore dell’uomo e del creato.
– E’ il Dio per noi. Vuole solo ed unicamente il nostro bene. Ci ama gratuitamente al punto tale che A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio:a quelli che credono nel suo nome,i quali, non da sanguené da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.Questa figliolanza ci responsabilizza a costruire rapporti di umanità che nascono dalla consapevolezza di essere fratelli. Fratelli nella fede, fratelli perché uomini della stessa terra. Fratelli capaci di sentire che c’è una carne che ha bisogno di essere sostenuta, nutrita, vestita, accolta, riscaldata, amata. Dio si è fatto carne per rimettere in movimento la stessa carne a ritrovare l’inizio di vita: creati a immagine e somiglianza di Dio, cioè: essere amore. Solo così si respinge il bruto, esecrabile e violento atteggiamento per combatterla, ucciderla, respingerla, lasciarla al suo destino.
– E’ il Dio in noi. Siamo abitati dalla presenza dello Spirito Santo, ci nutriamo nell’Eucaristia del Dio Bambino che si è fatto carne, cibo di vita eterna. Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Avere questa consapevolezza ci porta ad adorare la presenza reale di Dio nella vita che va rispettata, accolta, servita e amata dal suo concepimento al suo morire. Significa che non siamo i padroni o i signori della nostra stessa vita. Di conseguenza non possiamo pensare di comandare o sfruttare la vita degli altri approfittando delle loro debolezze, necessità, bisogni immediati, ad esempio con contratti di lavoro,nei quali le retribuzioni che il dipendente percepisce sono di gran lunga inferiori a quelle a cui realmente avrebbe diritto. Se Dio è in noi siamo chiamati a far agire la pienezza della grazia divina ricevuta, quella che Gesù ci ha consegnato.
Questo è un giorno che ha cambiato la storia per un mondo più umano, più vero, più autentico, più fraterno. La luce è venuta in mezzo a noi che, senza rendercene conto, spesso viviamo nel buio della vita, camminiamo a tentoni, trasciniamo nello stesso fosso altre persone. Un cieco non può guidare un altro cieco, dice Gesù.Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Quanto bisogno di luce vera abbiamo tutti! Quanto bisogno di felicità, di libertà, di pace, di giustizia, di fraternità! Eppure continua ad esserci un mondo che non vuole riconoscere queste necessità, queste urgenze! E’ un grido che non viene accolto e riconosciuto. E’ il Dio Bambino che fa paura ai tanti armati di arroganza e prepotenza, di potere e comando e che, pur di pensare ai propri interessi, calpestano la dignità dell’uomo e non promuovono il bene comune.
Questo è un giorno pieno di luce divina, non riflessa. Una luce che non acceca, non fa giochi psichedelici. Una luce che irradia ciò che umanamente sarebbe impossibile vedere, facendo esultare di gioia l’umanità rinnovata, perché purificata, salvata, dal Verbo della Vita. Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato. Questo è possibile perché Gesù viene nella miseria e non nel lusso, nel perbenismo. Viene nella fragilità di ogni uomo: ecco perché da Dio si è fatto un essere fragile.
Un giorno, quello che stiamo celebrando, durante il quale contempliamo come nella natura umana ogni bimbo è portato a crescere, maturare, scegliere, desiderare di salire sempre più in alto, essere importante, occupare un posto di rilievo, avere l’ossequio degli altri, affermarsi spesso a scapito della collettività. Mentre, nella natura divina, contempliamo il Dio Bambino che da grande, immenso, assoluto, si fa piccolo, inerme, dispensando amore, fraternità, attenzione all’altro, condividendo la sua stessa natura divina e rivestendo questa nostra umanità della sua divinità.
E’ il giorno in cui tutti siamo chiamati ad accendere la nostra lampada prendendo la Luce dal Dio Bambino che illumina le diverse miserie umane. Se questo noi saremo capaci di fare, quando tutte le altre luci artificiali saranno spente (al termine di queste feste), resterà accesa la luce della speranza che ci condurrà in avanti per guardare positivamente sentendoci protagonisti nella storia di oggi.
Protagonisti nella Chiesa, come consacrati, nel servire i fratelli, nutrendoli con la Parola di Vita, il Verbo che si è fatto carne; accompagnandoli e sostenendoli nella quotidianità; vivendo il servizio sull’esempio di Gesù: Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date! Spogliandoci di tutto ciò che ha il profumo dell’apparire, lasceremo la scia del profumo vero: servi per amore!
Protagonisti nella vita pubblica vincendo la logica del prevaricare sull’altro, nella lotta di gerarchie da occupare, della litigiosità politica per affermare i propri principi o interessi di partito. Protagonisti lavorando insieme per promuovere il bene comune, promuovendo il principio della sussidiarietà a favore della collettività. Abbiamo bisogno di una seria progettualità che ci fa guardare avanti positivamente. Le future generazioni ci saranno eternamente riconoscenti se le aiuteremo a promuovere la dignità del lavoro e quella occupazionale. Sono certo che la luce che emana dalla capanna di Betlemme sarete capaci di accoglierla e tenerla accesa nella realtà politica, sociale, imprenditoriale.
Protagonisti nel servire la vita accogliendola e non abortendola, difendendola e non facendo fuori l’altro perché lo considero un avversario scomodo. La vita è sacra perché Dio, facendosi Bambino, l’ha resa sacra. La Vita viene dall’alto e non è l’uomo a decidere se nascere o morire.
Protagonisti nel servire ogni tipo di sofferenza, nel corpo e nello spirito. Questo è il giorno in cui siamo chiamati a ricevere la Luce per portarla nei luoghi di solitudine umana: ospedali, cliniche, carceri, case di cura, case per anziani, case per corpi parcheggiati.
Protagonisti nel difendere la nostra terra da ogni forma di sfruttamento e di avvelenamento. La luce del Dio Bambino s’irradi sulla nostra terra di Basilicata perché, aiutandola ad essere sempre più bella, possiamo gustare e godere di quanto essa contiene e ci offre.
Santo Natale a tutti. Gesù è venuto nel mondo per aiutarlo a risollevarsi dalle tante cadute. Rialziamo la testa e pieni di fiducia guardiamo avanti, sempre più consapevoli che Dio è davvero con noi: Il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi.
+ Don Pino, Arcivescovo
E’ arrivato il Natale 2016. E per vivere il Mistero della nascità di Nostro Signore riportiamo la lettera del Vescovo Don Pino Caiazzo della diocesi di Matera-Irsina per il Santo Natale, la poesia di Natale scritta da Monsignor Caiazzo e la “lettera” che Gesù Bambino ha voluto scrivere alla parrocchia Maria Madre della Chiesa, presentata nell’omelia della veglia natalizia nella stessa parrocchia.
Monsignor Pino Caiazzo: “Gesù viene per rendere questo mondo più umano”.
Carissimi fratelli e sorelle,
Il 26 luglio scorso padre Jacques Hamel veniva ucciso da due terroristi nella chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray vicino a Rouen, dove, nonostante l’età avanzata, continuava a svolgere il suo ministero sacerdotale. Proprio un mese prima diceva come in un testamento spirituale:
“Possiamo ascoltare in questo tempo l’invito di Dio a prenderci cura di questo mondo, per renderlo, là dove viviamo, più caloroso, più umano, più fraterno”.
Partendo da questa affermazione vorrei riflettere insieme a voi sul Natale che ci apprestiamo a celebrare.
E’ un tempo di grande miseria umana quello che stiamo vivendo. Tanti segni di povertà mettono paura e ci fanno rinchiudere nella grotta del nostro intimo. La crisi economica ancora non è stata superata; la litigiosità politica non aiuta a guardare il bene comune; il terremoto che ha provocato morte e dolore, distruzione e cumuli di macerie, mette ansia; il riverbero del terrorismo fa guardare tutto con sospetto…Ma la miseria più grande è l’uomo senza Dio! Ed è proprio Dio che ci ricorda come lui abbia scelto di farsi uomo, per stare con l’uomo, abitare con lui, condividendo gioie e dolori.
Gesù non nasce nelle bellezze delle nostre case piene di luci, se il nostro cuore non diventa “più caloroso, più umano, più fraterno”.
Gesù non nasce nelle nostre chiese, architettonicamente belle e lussuose, se, come Chiesa, non siamo capaci di ascoltare “in questo tempo l’invito di Dio a prenderci cura di questo mondo”.
Un mondo dignitoso che nel silenzio del proprio intimo è bagnato dalle lacrime di mamme che non si arrendono di fronte alle delusioni familiari; di papà che continuano a scrutare pensosi l’orizzonte non sapendo come “sfamare” i propri cari; di giovani che camminano raminghi alla ricerca di un posto di lavoro; di sofferenti nel corpo e nello spirito capaci di lottare, con incredibile dignità, scrivendo nella loro carne pagine di vita che tutti dobbiamo imparare a leggere.
In questo mondo, il nostro mondo, pieno di capanne come quella di Betlemme, nasce oggi Gesù per illuminare e ridare speranza, per renderlo più umano.
Un mondo fatto di profughi desiderosi di uscire dalle ingiustizie, dalle guerre, dalle sopraffazioni, dagli sfruttamenti, pensando che nel mondo pieno di luci ci sia posto e dignità per loro.
Quanti corpi rimasti a marcire nel deserto, soffocati nei nostri mari! Non si contano più! Un naufragio di centinaia di uomini, donne e bambini non fa più notizia: sono neri, perché non restano nel loro mondo?
Ma quanti mondi esistono? Il loro non è anche il nostro? E il nostro non dev’essere anche il loro? Dice Benedetto XVI: “la compassione cristiana non ha nulla a che vedere con i pietismi e gli assistenzialismi. Compas-sione è condivisione, solidarietà”.
E nasce Gesù, in questo mondo fatto di interessi ed oppressi, di mura e steccati.
Gesù nasce in questa miseria umanaperarricchirla, per rendere il mondo più umano.
Solo chi diventa più umano si riveste della divinità e, con gli occhi pieni di luce, sa dare amore, perdono, misericordia.
Nel profeta Isaia troviamo scritto: «Perché mi offrite i vostri sacrifici senza numero? – dice il Signore. Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di pingui vitelli. Il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco. Quando venite a presentarvi a me, chi richiede a voi questo: che veniate a calpestare i miei atri? Smettete di presentare offerte inutili; l’incenso per me è un abominio, i noviluni, i sabati e le assemblee sacre: non posso sopportare delitto e solennità. Io detesto i vostri noviluni e le vostre feste; per me sono un peso, sono stanco di sopportarli» (Is 1,10-13).
Cari giovani, Gesù viene a scuotere gli animi, a destare le coscienze, a farci riscoprire l’essenziale. Il dire di una cantante molto famosa, Fiorella Mannoia, lo applico al dire di Dio: “Non c’è voce che non sia la mia voce né ingiustizia di cui non porto l’offesa. Non c’è pace che non sia la mia pace e non c’è guerra che non abbia una scusa”.
Non permettete a nessuno di rubarvi la dignità, la bellezza di quello che siete, la forza della vita che c’è in voi.
Gesù viene per ridare la speranza che, a volte, troppe delusioni, tradimenti di ideali, fiducia persa nella Chiesa e nelle Istituzioni, hanno fatto smarrire e per riaccendere la fede, l’amore, la pace.
Lui, l’Essenziale, la nostra speranza, ridona luce al buio dell’esistenza. Questo è Natale. Il resto è contorno consumistico che poco ha a che fare con la nascita di Gesù. Festeggiamo tanto, ma forse abbiamo dimenticato che il festeggiato è Gesù.
Santo Natale a tutti!
Ai piccoli come ai ragazzi; ai giovani come agli adulti; agli anziani come agli ammalati; ai profughi e agli immigrati; alle Istituzioni civili e militari.
S. Natale a voi, carissimi confratelli nel Presbiterato, a voi Diaconi, Religiosi e Religiose. Accogliamo con gioia Gesù e, con la stessa gioia, annunciamo ad ogni uomo la sua venuta in mezzo a noi.
Santo Natale e Buon Anno 2017.
Vi abbraccio e benedico.
+ Don Pino, Arcivescovo
Poesia di Natale di Monsignor Pino Caiazzo, Arcivescovo della Diocesi di Matera-Irsina
Il Verbo, testimone della verità
Tu, Bambino, Altissimo,
avvolgi nella luce
la miseria terrena,
il buio della vita.
Dona ricchezza vera
e profumati respiri eterni
di te Dio incarnato.
Tu, Verbo, testimone della Verità,
hai svuotato te stesso
per un volto umano
dai tanti colori;
tracciata la via dell’amore,
la strada della giustizia,
l’uomo ritorna all’inizio di vita.
Tu riversa nella creatura
il tuo essere Altro
passando tra la gente
desiderosa di libertà.
Nell’ascolto della tua voce
l’uomo ritrova il canto perduto:
l’Amore oltre l’umano
che innalza al divino.
Vieni, Dio Bambino, nelle grotte:
della mente senza luce,
dei cuori arresi e senza speranza,
dei sogni ormai svaniti
in una realtà senza sogni.
Vieni, Dio Bambino, nei tuguri:
di chi geme nel silenzio,
di chi soffoca il suo pianto,
di chi non sa più gridare
il suo dolore.
Natale 2016
† Don Pino, Arcivescovo
Riportiamo di seguito la “lettera” che Gesù Bambino ha voluto scrivere alla parrocchia Maria Madre della Chiesa, presentata nell’omelia della veglia natalizia nella stessa parrocchia.
Lettera di Gesù Bambino alla Comunità di Maria Madre della Chiesa
Vi devo confessare che il Natale 2016 rischiava di essere un brutto Natale per questa bella comunità… devo essere sincero con voi, non ho proprio condiviso la scelta del parroco di non fare il presepe in Chiesa, ma io che conosco bene i miei sacerdoti ho pazienza con loro.
Allora, per non farvi dispiacere mi sono permesso di lasciare mamma, Maria, e Giuseppe, di gesso, in tanti altri bellissimi presepi, che troneggiano nelle chiese di tutto il mondo, e di venirmene da solo nella vostra Chiesa (tanto, mi son detto, Maria e Giuseppe sono sempre con me).
Mi sono intrufolato di pomeriggio, quando c’è poco movimento, ho visto che la porta era aperta, ho scoperto poi che la porta è sempre aperta in questa chiesa, come dovrebbe essere in tutte le chiese, e ho cominciato a guardarmi intorno: sì, è vero, mancava il presepe.
Ho notato però che c’erano tanti alberi, tutti diversi, tutti espressione di una creatività unica e generativa; me li sono guardati uno per uno e ho notato che avevano tutti lo stesso tema: umanesimo dell’interiorità e della trascendenza, ed erano uno più bello dell’altro, tanto che ho deciso di non votarne nessuno perché li ho apprezzati tutti.
Come sempre, come 2016 anni fa e come ogni anno, non c’era posto per me. Si, c’è posto nel presepe, in una grotta di legno o di pietra, di cartapesta o anche di plastica, ma faccio fatica a trovare posto nel cuore degli uomini, di una comunità.
Quasi scoraggiato ero tentato di andarmene altrove. Mi stavo talmente immedesimando in quell’umanesimo che ci mancava solo che dell’uomo assumessi anche il peccato.
Ho pensato, però, che qui si tratta di un umanesimo diverso: della interiorità e della trascendenza. Proprio l’umanesimo che piace a me, l’uomo così come è dentro, immagine e somiglianza di Dio, con tutti i limiti di una creatura e con il desiderio di aspirare a qualcosa, meglio a Qualcuno, che lo supera, che lo trascende.
Farò qui il mio presepe. E mentre cercavo un posto, scorrendo i segni e i luoghi presenti in chiesa, ho notato un albero che in maniera plastica rimandava a una Carne, che insieme a mio Padre, abbiamo deciso di abitare. Mentre osservavo quest’albero originale, con una cesta ai suoi piedi piena di tante belle melagrane, notavo tanti volti e braccia che si stringevano o si protendevano al cielo… riconoscevo in quei volti i volti di tutta la comunità:
Vincenzo, malato di sla, con la sua famiglia e gli amici che lo amano tanto e gli fanno sentire il calore dell’amicizia.
Federica con la sua mamma che farebbe chissà che cosa pur di alleviare le sue sofferenze.
Antonio, Tommaso, Federico, Marica, Gennaro, Lucia, Angelo, Francesco… tutti i ragazzi della comunità che hanno tanta voglia di divertirsi e di crescere insieme.
Il volto di tutte le catechiste e dei tanti ragazzi che frequentano il cammino di fede.
Di alcuni volti sentivo anche le voci: erano quelli del coro dei bambini e delle mamme e il coro degli adulti che con tanta dedizione rendono belle le vostre liturgie.
Il volto degli amici del Teatro delle donne che con passione e tenacia dedicano tanto del loro tempo per offrire messaggi positivi e qualche sorriso alla comunità.
I volti di quelli della Caritas, sempre sorridenti e accoglienti; i volti e le mani operose delle donne del laboratorio Impara l’arte…
I volti dei tanti poveri che vengono al centro di ascolto e che cercano di vivere con dignità la loro condizione di indigenza; chiedono amicizia e comprensione, soprattutto rispetto. I volti colorati di chi è fuggito dalla guerra e dalla fame.
I volti degli anziani che attendono con ansia di ricevere la comunione il venerdì e i volti dei tanti nonni della Casa Brancaccio.
Il volto di Antonio che sta su una sedia a rotelle e di Maria che, pur più anziana di lui, lo assiste con amore.
Il volto di quella mamma che non si dà pace perché teme che il figlio continui a drogarsi.
Il volto sfigurato e triste di quella donna che è stata abbandonata dal marito e non sa come portare avanti i suoi figli piccoli.
Il volto di tanti padri senza lavoro che non sanno come sbarcare il lunario e, soprattutto in questo Natale, non vorrebbero nemmeno uscire di casa.
Il volto di quell’imprenditore che non ce la fa più a sostenere le tasse e ad assicurare il lavoro ai dipendenti.
I volti di Tina e Tonia addolorate per la perdita di Franco e Paolo ancora giovani.
Il volto di quelle coppie in crisi perché manca il dialogo e dove forse si consuma violenza psicologica o anche fisica.
Il volto triste di chi vive l’inferno dentro di sé, perché cova rancore, invidia, vendetta, incapacità di perdonare o anche giudizi o pregiudizi che lo opprimono.
Il volto spento di quei giovani che non riescono a vedere un futuro davanti a loro.
Il volto di tante persone che nel nascondimento soffrono o portano sollievo a persone ammalate o che comunque fanno tanto bene.
Anche tanti, tantissimi, direi la maggior parte, volti sorridenti e felici di donarsi agli altri, di accogliere con gioia una nuova vita, di saper fare economia e accontentarsi anche di poco perché hanno scoperto che è più importante l’armonia in famiglia, la sobrietà e l’essenzialità, volti felici di lavorare e di edificare così il bene comune…
Insomma, avrò contato circa 8000 volti, c’erano proprio tutti su quell’albero e quando mi sono nascosto in quella cesta tutti hanno sorriso, si sono sentiti tranquilli e sereni, hanno cominciato ad abbracciarsi, ad elevare al cielo le loro mani in segno di lode e di ringraziamento perché mi ero degnato di stabilirmi tra gli uomini, ho preso la loro carne.
Anch’io ho mostrato loro un bel sorriso e li ho fatti sentire tutti parte del presepe più bello del mondo: il presepe vivente, dove la storia di ognuno l’ho fatta mia, prendendo la carne di ognuno, per risanarla dal male e ridare a ognuno la propria dignità di figlio di Dio, proprio come me.
Allora, vi ho subito invitati a guardare un po’ più in là, dove non c’era il presepe ma l’altare: sì, è vero, sto bene nel presepe, sto bene anche sulla croce, sto bene nel tabernacolo, sto bene nella Chiesa, ancora di più nei poveri ma se c’è un posto che prediligo più di tutti è l’Altare, dove offro la mia Carne, il mio Sangue per la vera felicità di ognuno, per la vita del mondo.
Il vero presepe vivente è quando vi vedo venire a me, in grazia di Dio, verso l’altare per ricevere il mio Corpo. Qui vi rendo felici e uniti, in comunione, come i chicchi di una melagrana.
Vostro, Gesù Bambino