Il Coordinamento USB-LP Natuzzi Spa, dopo aver esaminato in modo approfondito e esaustivo l’evoluzione della vertenza Natuzzi Spa ha stilato uno documento che riportiamo di seguito.
Il Coordinamento USB-LP Natuzzi Spa, dopo aver esaminato in modo approfondito e esaustivo l’evoluzione della vertenza Natuzzi Spa, è giunto alle seguenti conclusioni:
l’Accordo Quadro del 15 nov. 2016, in merito alla ricollocazione dei 215 licenziati da Natuzzi Spa, è stato recepito soltanto da 32 lavoratori, mentre i restanti 183 lo hanno boicottato e rigettato. Questo dato rende ancora più evidente e palese che sussiste un grosso deficit di democrazia sindacale e che le OO.SS. firmatarie agiscono prive di rappresentatività e senza alcun mandato da parte degli interessati. Motivo per cui le Istituzioni hanno il dovere politico di riaprire la vertenza, confrontandosi con i legittimi rappresentanti dei lavoratori e non con i sindacati scelti dall’azienda;
il Coordinamento respinge e stigmatizza con sdegno la campagna mediatica diffamatoria lanciata contro i 183 licenziati, descrivendo quest’ultimi come fannulloni che preferiscono percepire il sussidio statale anziché lavorare. Se gli organi d’informazione avessero diffuso le notizie con un minimo di rispetto verso il loro codice deontologico, sarebbe chiaramente emerso che accettare l’assunzione presso la New Co. non significava lavorare, ma essere collocati in Cassa integrazione per un periodo di tempo non meglio specificato. Ma ciò che la maggior parte dei mass media ha volutamente omesso di riportare è che la stessa assunzione era formalmente subordinata alla transazione coatta di ogni contenzioso aperto con Natuzzi Spa. Pertanto, i 183 ex dipendenti Natuzzi non hanno rifiutato il lavoro, hanno rifiutato un ricatto;
l’USB continuerà a lottare e a rivendicare il reintegro di tutti i licenziati in Natuzzi Spa. Questo è possibile, ed anche giusto e di buon senso, estendendo il Contratto di Solidarietà, attraverso l’innalzamento della riduzione media dell’orario di lavoro prevista negli accordi sottoscritti. Inoltre, il Coordinamento ritiene che un’eventuale modifica dell’Accordo del 15 novembre, finalizzata a rimuovere la clausola capestro contenuta a pagina 2, comma f) sia da valutare positivamente ed incoraggiare. Quindi, esprime apprezzamento per i rappresentanti istituzionali che si sono attivati per migliorare l’intesa e che riconoscono l’USB, in quanto Organizzazione sindacale legittimata a rappresentare i lavoratori interessati.
Alcuni importanti dati a proposito della Natuzzi Spa.
La Natuzzi Spa, grazie ad un ingente investimento produttivo, di cui una quota maggioritaria proveniente dalle casse pubbliche come da Contratto di programma denominato “Progetto Natuzzi 2000”, nel 1997 raggiunse il suo massimo storico, relativo al numero di dipendenti in Italia, contando un organico di 3.466 [fonte: Una ricerca, una proposta. Filca-Cisl Puglia e Basilicata. A cura di M. Talamo, pag. 38]. Tuttavia, nello stesso anno, Natuzzi annuncia al mercato e ai dipendenti l’esigenza di avviare insediamenti produttivi in Brasile, Romania e Cina [fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno.it del 2/7/2013 di M. Scagliarini] e dopo breve tempo invia in questi paesi le sue migliori maestranze, affinché insegnino ai lavoratori del luogo le arti di fabbricare i mobili imbottiti. A distanza di pochi anni, negli stabilimenti italiani si comincia a fare ricorso agli ammortizzatori sociali. Infatti, copre il periodo che va dal 13 gennaio 2004 al 15 giugno 2005 la prima fruizione alla Natuzzi di Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria per riorganizzazione aziendale, seguita da un altro provvedimento di Cigs per crisi aziendale dal 16 giugno 2005 al 15 giugno 2006 [fonte: Verbale di accordo per istanza di Cassa Integrazione Guadagni in deroga, sottoscritto al Ministero del Lavoro il 15/6/2010 tra Istituzioni, Natuzzi Spa e OO. SS.]. Per poi continuare a fare richiesta, pressoché ininterrottamente, di misure di sostegno al reddito fino ai giorni nostri.
Parallelamente al ricorso agli ammortizzatori sociali, alla Natuzzi si è ridotto l’organico complessivo distribuito nei vari siti italiani, riassumibile nei passaggi che seguono:
– il 15 giugno 2010 il numero degli addetti in Italia si era ridotto a 2950 [fonte: Verbale di accordo per istanza di Cassa Integrazione Guadagni in deroga, sottoscritto al Ministero del Lavoro tra Istituzioni, Natuzzi Spa e OO.SS. nella stessa data];
– il 2 luglio 2013 era sceso a 2860 unità [fonte: Comunicazione ai sensi degli artt. 4 e 24 della L 223/91, diramata dalla Natuzzi Spa nella stessa data];
– per poi raggiungere quota 2341 dipendenti il 14 ottobre 2015 [fonte: Verbale di accordo per istanza di estensione del Contratto di Solidarietà, sottoscritto presso il Ministero del Lavoro tra Istituzioni, Natuzzi Spa e OO.SS. nella stessa data];
– fino ad arrivare a 1918 dal 16 ottobre 2016, a seguito delle procedure per licenziamento collettivo avviate il 26 luglio 2016 [fonte: Verbale di Accordo Quadro firmato al MiSE il 15 novembre 2016].
Qualche considerazione in merito
Dalla ricostruzione fatta sopra, emerge chiaramente che il ricorso alla Cig per gli stabilimenti italiani della Natuzzi Spa è iniziato quando la produzione in Brasile, Cina e Romania è entrata a pieno regime. Pertanto, a nostro modesto avviso, è bene partire dal concetto che gli esuberi alla Natuzzi sono la conseguenza di una precisa scelta di politica industriale, tendente alla delocalizzazione produttiva.
Inoltre, il risultato del trasferimento delle lavorazioni all’estero è stato che il numero dei dipendenti Natuzzi in Italia si è quasi dimezzato: dai 3.466 del 1997 ai 1918 di oggi. Tale riduzione di organico è avvenuta, nel primo periodo attraverso il mancato rinnovo dei contratti di lavoro a termine, per poi proseguire offrendo un incentivo economico per coloro i quali non si opponevano al licenziamento. Quest’ultimo punto merita qualche altra riflessione; a partire dal 2004 una crescente porzione di lavoratori è stata collocata in Cigs a zero ore, dunque costretta a vivere con circa 800 euro al mese, non potendo far fronte a tutte le vicissitudini che nel tempo si avvicendavano molti hanno dovuto accettare l’uscita incentivata, in modo da avere un sostentamento aggiuntivo alla misera indennità derivante dalla Cassa integrazione. Tra l’altro, l’opinione che ci siamo fatti interloquendo con molti ex dipendenti della Natuzzi è che perlomeno il 90% di loro non ha ancora trovato un altro impiego e continua ad essere iscritto nelle liste di mobilità. Da questo deduciamo che è palesemente fuorviante enfatizzare, così come fatto ultimamente, che “la Natuzzi riduce gli esuberi”, in quanto, grosso modo la riduzione degli esuberi è simmetrica alla riduzione complessiva del personale e un’entità considerevole di lavoratori passa dallo stato di esubero Natuzzi a quello di disoccupato. Mentre la Natuzzi opera imperterrita nel processo di ridimensionamento della forza lavoro, lo Stato continua a stanziare denaro pubblico a suo favore. L’ultima secchiata di soldi sulla testa di Natuzzi è piovuta lo scorso settembre e ammonta a circa 38 milioni di euro. [fonte: Deliberazione della Giunta regionale pugliese n°1669 del 25 settembre 2015]. Va aggiunto che la Natuzzi, a fronte del finanziamento percepito, non si impegnava ad assumere, ma a ridurre l’organico. Infatti, come già esposto la Natuzzi Spa dichiarava di avere 2341 dipendenti il 14 ottobre 2015 [fonte: Verbale di accordo per istanza di estensione del Contratto di Solidarietà, sottoscritto presso il Ministero del Lavoro tra Istituzioni, Natuzzi Spa e OO.SS. nella stessa data], mentre nel Piano di Trasformazione, che inviava al MiSE, Regione Puglia, Regione Basilicata e Invitalia per la concezione del finanziamento pubblico, dichiarava che l’investimento avrebbe garantito il lavoro a 1918 suoi dipendenti [fonte: pag. 19 del Piano di Trasformazione, allegato all’Addendum all’Accordo di Programma stipulato in data 8 febbraio 2013].
Degni di rilievo sono anche gli accordi sottoscritti il 3 marzo 2015, apparentemente incomprensibili e che fin’ora nessuno ha spiegato il motivo di quanto segue. Per i circa ¾ dei dipendenti Natuzzi si prevede che, per una richiesta di prodotto non congrua ad assicurare l’intero orario di lavoro a tutte le maestranze, si dispone il ricorso al Contratto di Solidarietà [fonte: Verbale di accordo per CdS, sottoscritto presso il Ministero del Lavoro tra Istituzioni, Natuzzi Spa e OO.SS. il 3/3/2015 e Verbale di proroga dello stesso firmato dagli stessi soggetti il 22 marzo 2016], mentre si decide che la restante parte non merita la Solidarietà e viene collocata in Cigs e trasferita presso il già dismesso sito di Ginosa, per poi ritrovarsi licenziata il 16 ottobre 2016. Ora è del tutto legittimo che un’impresa, con produzione articolata su diversi impianti com’è la Natuzzi, trasferisca maestranze da un sito all’altro se l’organizzazione del lavoro lo richieda. Suona però molto strano e anomalo se nello stabilimento di destinazione delle stesse maestranze non si verifica nessuna esigenza di particolari qualifiche e professionalità, in quanto lo stabilimento è stato chiuso molto prima della transizione. Inoltre, va specificato che l’accordo per il Contratto di Solidarietà prevede una riduzione media dell’orario di lavoro del 40%, ma le vigenti disposizioni di legge danno la possibilità di ridurre l’orario medio sino al 60% rispetto all’orario contrattuale. Pertanto, perché non si è fatto un accordo con riduzione dell’orario del 50% coinvolgendo tutti i dipendenti Natuzzi, senza discriminare il restante 1/4 trasferendolo a Ginosa? Questa domanda è stata rivolta a tutti i soggetti contraenti gli accordi del 3 marzo 2015, ma nessuno (quindi anche la Regione Puglia) ha saputo rispondere. Evidentemente si voleva arrivare ai licenziamenti, per poi sfruttare tutti i vantaggi di una riassunzione.
Considerazioni a seguito dell’Accordo Quadro del 15 novembre 2016
Dopo che la Natuzzi Spa ha licenziato 355 lavoratori, gli stessi già trasferiti presso lo stabilimento di Ginosa, è stato stipulato l’Accordo Quadro del 15 novembre 2016, presso il Ministero dello Sviluppo Economico, tra Istituzioni CGIL-CSL-UIL di categoria e Natuzzi Spa. L’intesa si propone di favorire un futuro occupazionale solo per 215 dei 355 licenziati ad ottobre 2016 da Natuzzi Spa. In quanto i restanti 140 hanno accettato l’esodo incentivato (ma comunque sono disoccupati).
A seguire il Comunicato stampa dell’Usb 22 dic. 2016
Vertenza Natuzzi: perché diciamo NO alle New.Co.!
Dirigenti sindacali di Cgil, Cisl e Uil, dichiarano pubblicamente la propria delusione per la non adesione dei lavoratori della Natuzzi al progetto di New.Co., definita nell’ultimo accordo del 15 novembre scorso.
Non ci stupisce tale delusione, infatti siamo sempre più convinti che il collaborazionismo che i sindacati confederali hanno avuto con l’azienda era ed è evidente a tutti.
Stupisce invece la debolezze delle Istituzioni, in primis Regione Puglia e Basilicata, che hanno assecondato tutta questa vicenda, consapevolmente e caparbiamente ostinate a non ascoltare le ragioni dei lavoratori della Natuzzi che si sono organizzati con l’USB (Unione Sindacale di Base).
Oggi si pone una domanda. Chi rappresenta chi? Se 190 lavoratori su 215 rifiutano la proposta di adesione alla nuova società del gruppo Natuzzi, probabilmente quelle Organizzazioni sindacali e gli accordi sottoscritti da Regioni e MiSE non rappresentano una valida risposte alla vertenza. La “mancata” accettazione da parte dei lavoratori di clausole capestri, contenute nell’accordo del 15/11, ci dicono chiaramente che è necessario riaprire tutta la vertenza Natuzzi coinvolgendo effettivamente gli interessati e chi li rappresenta.
La smentita clamorosa dell’accordo, parla chiaramente della non rappresentatività dei sindacati Confederali, infatti come abbiamo sempre detto in quel accordo non c’erano garanzie per i lavoratori, ma ancora più grave vi era l’obbligo di rinunciare ad ogni contenzioso legale con la Natuzzi SpA. Un vero e proprio ricatto nei confronti dei lavoratori! Ed ancora la “nuova” società nascerà con l’avvio dei lavoratori, non al lavoro, ma alla Cassa Integrazione.
E’ evidente che in questo contesto è necessario un ruolo, di primaria importanza, da parte di Regione Puglia e Regione Basilicata che devono riaprire l’intera vertenza coinvolgendo tutte le parti in causa a partire dai lavoratori attualmente in mobilità.
Unione Sindacale di Base Lavoro Privato Puglia