Mentre il Rapporto Demoskopika attribuisce alla Basilicata il primato di “infedeltà” per la mobilità sanitaria passiva, le strutture della specialistica ambulatoriale accreditate associate a Sanità Futura, dai primi giorni dell’anno, hanno affisso all’interno dei propri Centri, Poliambulatori, ecc., l’avviso agli utenti extra-regionali che “le prestazioni mediche previste dal Servizio Sanitario Nazionale, sono nuovamente accessibili fino alla fine dei fondi messi a disposizione, in alcuni casi per soli 2 mesi del 2017. Assurdo ma vero!”. E ciò in attesa che a livello nazionale vengano perfezionati gli accordi tra regioni. Nel frattempo le altre regioni continuano a dare assistenza sanitaria in mobilità attiva e la nostra no. Proprio così, in questa situazione riprendiamo a lavorare nel 2017 con la stessa “spada di Damocle” sulla testa che ci ha fortemente condizionato e penalizzato per tutto il 2016, che ci ha visto negli ultimi giorni dell’anno costretti sottoscrivere contratti retroattivi per un intero anno. Abbiamo dimostrato, per l’ennesima volta, senso di responsabilità nel rapporto con il Servizio Sanitario Regionale e, in particolare, nei confronti dei cittadini-utenti ai quali abbiamo garantito per tutto il 2016 l’erogazione di servizi e prestazioni essenziali. “Ovviamente” lo stesso senso di responsabilità che ci si aspettava dalle istituzioni pubbliche non è arrivato e nemmeno si intravvede all’orizzonte.
Ma prima di archiviare frettolosamente il Rapporto Demoskopikasarebbe il caso almeno di approfittarneper fare emergere almeno un barlume di verità e trasparenza. Non fosse altro che per scongiurare il rischio di commettere i grossi errori dell’anno appena concluso. Parliamo, innanzitutto, del “respingimento” di utenti extraregionali, in numero sempre più crescente affetti da patologie gravi come quelle oncologiche, che si vorrebbe imporre alle strutture sanitarie private accreditate e che burocraticamente viene chiamato con il nome di “mobilità attiva”. Una questione dunque che ha implicazioni sulla cura e sulla prevenzione della salute di migliaia di cittadini, specie della Puglia e della Calabria, che scelgono strutture e centri specializzati della nostra regione per sfuggire alle liste di attesa della propria regione e che ha un peso importante per bilanciare la “mobilità passiva” vale a dire il ricorso di lucani a strutture e centri di altre regioni con un costo a saldo per la sanità lucana intorno ai 39 milioni di euro l’anno. Se i numeri e i dati di Demoskopica non sono attendibili, il Dipartimento Salute ci dica quali sono quelli veri, pubblichi per trasparenza i suoi dati sulla mobilità sanitaria, così che finalmente tutti sapremo che la sua difesa si poggia su questioni di lana caprina.
A dispetto di anni di oppressione burocratica, la specialistica ambulatoriale della Regione Basilicata è riuscita finalmente a raggiungere livelli significativi di competitività e di attrazione dalle regioni limitrofe, ciò ha comportato anche un virtuoso e “vistoso” incremento di risorse sul fondo sanitario regionale degli ultimi anni, ma ci viene riferita solo a voce e però dimostrata con i fatti, tutta l’avversità del Dipartimento Salute sul tema.
E la Regione Basilicata, mentresi arrampica sugli specchi nel tentare di indebolire il Rapporto Demoskopika – che tra l’altro registra come per liti da contenzioso e da sentenze sfavorevoli sempre nel comparto sanitario nel 2016 ha pagato 6,9 euro di spesa pro-capite (4 milioni di euro) – rischia di restare anche nel 2017 l’unica Regione d’Italia ad autoimporsi un tetto di mobilità attiva sulla specialistica ambulatoriale con un danno economico di decine di milioni di euro. Una questione che, da un minimo di analisi, non ha ne capo ne coda e che coinvolge un centinaio di operatori sanitari, dipendenti amministrativi, medici specialisti, una sessantina di strutture accreditate per oltre 600 dipendenti – vale a dire ben oltre il numero dei dipendenti della ex Clinica Luccioni su cui pure c’è una legittima attenzione istituzionale – e oltre 5mila pazienti al mese di altre regioni da rispedire indietro.
Questi i dati, questi i fatti. Su questi dovrebbe venire in soccorso la recente riforma del Servizio sanitario regionale? Lo scetticismo impera ed è doveroso. La strategia regionale sulle finanze della sanità lucana sembra essere impostata esattamente sul contrario di quel che invece sarebbe necessario: rifiuta assurdamente la mobilità attiva sulla specialistica ambulatoriale, che tra l’altro potrebbe aiutare a risolvere il bassissimo tasso di utilizzazione dei nostri ospedali, per continuare a preferire la demagogica difesa della mobilità passiva che da decenni produce i risultati che tutti abbiamo sotto gli occhi. Tutto ciò sarebbe ridicolo se non fosse drammatico: gli ospedali funzioneranno sempre peggio per mancanza di risorse e tutti sappiamo cosa questo comporterà in termini di impatto sull’assistenza sanitaria e sul mantenimento dei posti di lavoro.
Con amarezza dobbiamo bocciare il comportamento del Dipartimento Salute teso a frenare le strutture private accreditate nella loro capacità di attrarre pazienti dalle altre regioni e di entrare in circuito con i nostri ospedali regionali, anche a costo di sacrificare gli interessi generali della Regione di cui è parte. Anche la Corte Costituzionale sulla mobilità attiva ci ha dato ragione principalmente su un punto: la Regione non può legiferare in materia di finanza pubblica, che è una competenza statale, e quindi non avrebbe dovuto fare nemmeno accenno alla mobilità attiva, in quanto materia che tuttora è regolata in sede di conferenza Stato-Regioni.
In linea con tutto ciò, Sanità Futura esplicita la propria richiesta concentrata in due punti sostanziali:
• pagamento delle prestazioni sanitarie extraregionali 2016 sulla base della spesa 2015 regolata dalla Conferenza Stao-Regioni.
• per l’anno 2017 favorire l’accesso dei pazienti extraregionali con le stesse modalità utilizzate da tutte le Regioni Italiane, in attesa dei nuovi accordi interregionali.
Sul piano organizzativo Sanità Futura rende noto che a conclusione della campagna “Non siamo un numero”, promossa con l’obiettivo di mobilitare direttamente l’utenza, che ha superato il muro delle 120mila interazioni attraverso i social e l’iscrizione di circa 700 cittadini, anche nel 2017 proseguirà per promuovere la partecipazione dei cittadini nella battaglia per la trasparenza e il rispetto delle leggi, in nome della salute pubblica e di tutti: medici, operatori e cittadini. Per questo, gli utenti, i cittadini, i giovani, le donne e gli anziani, che hanno condiviso la campagna, saranno protagonisti della nuova fase di attività. Tutto ciò per evitare di tornare a dire nel prossimo futuro un amaro “noi l’avevamo detto!”
Gen 16