“La stasi sulla sperimentazione dell’assegno di ricollocazione ci preoccupa. Si è passati dai grandi annunci degli scorsi mesi al rallentamento di oggi e non e’ accettabile visto che si parla di un tema delicato come quello della ricollocazione di lavoratori che sono in una condizione di disoccupazione”. E’ l’allarme che lancia il segretario regionale della Uil, Carmine Vaccaro, sullo strumento dell’assegno di ricollocazione, la cui sperimentazione, annunciata da ministero del Lavoro e Anpal per fine 2016, non e’ ancora partita. Nel dettaglio la delibera Anpal prevede: da 1.000 a 5.000 euro in caso di risultato occupazionale che applichi un contratto a tempo indeterminato (compreso apprendistato); da 500 a 2.500 euro in caso di contratto a termine superiore o uguale a 6 mesi; da 250 a 1.250 euro per contratti a termine da 3 a 6 mesi (questi ultimi previsti solo nelle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia). In accordo con le Regioni – evidenzia il segretario Uil – la politica attiva nazionale dell’assegno di ricollocazione doveva essere già da tempo oggetto di una sperimentazione per valutarne l’efficacia e l’impatto sul sistema informativo.
E Vaccaro ricorda che “come sindacato avevamo denunciato, quando era stata annunciata la sperimentazione, che l’inadeguatezza, sia dell’infrastruttura informatica che della rete sul territorio, avrebbe provocato rallentamenti, ma non siamo stati ascoltati”. “Il ministro Poletti al riguardo – sottolinea – aveva annunciato l’assunzione, anche se a termine, di 1.000 addetti per la rete dei servizi sul territorio ma ancora non si è visto niente con i nostri Centri per l’Impiego sempre più in affanno.
Per la Uil si rischia un flop: “E c’è da dire anche che dopo l’esito del referendum va rivisitato anche il rapporto tra Stato e Regioni, improntandolo a una sana cooperazione, in modo tale che a pagare non siano sempre i lavoratori”.
E per il segretario della Uil è proprio il meccanismo alla base della sperimentazione che non va: “La sperimentazione sarebbe utile se puntasse a dare un criterio da potere utilizzare poi sulla platea più ampia, che a regime potrebbe arrivare a 800mila persone. Invece così com’è oggi si tratta solo di un algoritmo, che non tocca il tema più importante e cioè il rapporto tra l’utente, il lavoratore e chi lo dovrà prendere in carico per la ricollocazione”.
La speranza, continua Vaccaro, “è che almeno non si scenda ulteriormente sui numeri previsti dalla sperimentazione, che dovrebbe riguardare 30mila soggetti; e poi anche che si superino i ritardi anche della Regione che sembra che non abbia indicato i centri per l’impiego accreditati.
Per la Uil “la febbre nei territori è ancora alta e il piano del governo serve solo ad abbassarla ma non cura la malattia. E’ un tampone e ora serve un provvedimento più approfondito che salvaguardi anche i lavoratori al di fuori delle aree di crisi anche se apprezziamo che il governo abbia avviato una riflessione sul Jobs Act e che prenda atto della necessità di modificare la riforma degli ammortizzatori sociali”.
“L’obiettivo a cui noi di certo non rinunciamo – conclude – è di favorire al massimo il ritorno ad una occupazione per la maggior parte dei lavoratori in un tempo breve, senza aspettare la scadenza degli ammortizzatori”.