Sabato 25 febbraio 2017 alle ore 18 nel Museo Diocesano di Melfi Gina Affinito art consultant& curator in collaborazione con il Museo Diocesano e Palazzo Vescovile di Melfi presenta la mostra “Stupor mundi”, mostra d’arte contemporanea. In mostra 50 opere in 4 categorie: pittura scultura, fotografia, installazione e tra gli artisti selezionaiti per la categoria “pittura” l’unico materano è Mario Intelligente con un’opera dedicata a via Ridola. Parteciperanno all’inaugurazione il Vescovo di Melfi-Rapolla-Venosa Mons. Gianfranco Tudisco, il Direttore del Museo Diocesano Mons. Ciro Guerra, l’Assessore alla Cultura Comune di Melfi Raffaele Nigro, la curatrice della mostra Gina Affinito, artisti, critici ed appassionati d’arte.
Stupor mundi
Stupor mundi (stupor,-ismundus,-i = meraviglia del mondo) è una locuzione in lingua latinaderivante dal lessico militare romano, associata a grandi campagne belliche che consacrava le dotidi un generale resosi protagonista oltre i confini dell’impero romano.E’ l’appellativo con il quale era conosciuto Federico II, uomo di ingegno eccezionale,universalmente considerato ‘superiore’ ad ogni altro personaggio medioevale; letterato, statista,condottiero, legislatore, ricordato soprattutto per la mentalità libera, eclettica ed anticipatrice,fautore di un’integrazione “miracolosa” tra culture diversissime quali quelle greca, latina, araba,ebraica, persino di una lingua unificante, la romanza. Sicuramente uno dei personaggi piùinfluenti e iconici del Medioevo italiano.Anche l’artista trova di volta in volta il proprio personalissimo e al tempo stesso universale“Stupor”: quella luce, quella fiamma che illumina la porzione di realtà che egli si sente chiamato aindagare. Quello stato di grazia “superiore” che lo predispone alla creazione: “E’ dell’artista il fin lameraviglia”, scriveva 400 anni fa Giambattista Marino.Stupor mundi, quindi, è l’artista che opera con forza miracolosa e trasformatrice, artisticamente eculturalmente; che reca in sé l’innovazione volta ad unificare linguaggi e distanze geografiche.Questi i presupposti della mostra espositiva che avrà luogo presso il Museo Diocesano di Melfi, incui gli artisti scelti per questo progetto hanno indagato sulla propria “meraviglia”.
Il percorso espositivo al piano nobile del Museo continuerà fino al 5 marzo e sarà visitabile neiseguenti orari: da lunedì a domenica, escluso il martedì, 10.30/12.30 – 16.30/18.30
Arricchisce la mostra una sezione, esposta al primo piano del Museo, denominata “La GiovaneArte” a cura del Liceo Artistico di Melfi “M. Festa Campanile” che presenta i suoi allievi: “Un percorso che ha visto, ancora una volta, convergere l’arte della parola e l’arte visiva, è stato il concetto pascoliano del “Fanciullino” presente in ognuno di noi ma che, solo il poeta, grazie alla sensibilità e al suo“genio”, riesce ad ascoltare e, pertanto, è in grado di guardare con occhi di “meraviglia” tutto ciò che locirconda, cogliendo nella semplicità, il sublime. La scelta degli studenti del Liceo Artistico “M. Festa Campanile” di Melfi di rappresentare graficamente e pittoricamente le cose “umili”, legate alla terra ma non per questo dimesse, è conseguenziale ad un momento della programmazione pluridisciplinare che ha visto impegnata soprattutto la classe V della sezione Arti Figurative.”
(Prof.ssa Marilina Catarinella).
Il catalogo contenente tutte le opere della rassegna è edito da ‘La cromografica’.
L’opera di Mario Intelligente
In mostra le opere di:
ABBONDI CARLA, ALASCI LIBERATO, ASCIONE ROSARIO, BACIOCCHI MARINA, BELVISO
ANTONELLA, BONGARZONI UGO, CANTIELLO BARBARA, CARLEO CONCETTA,
CAUDULLO GIUSEPPE, CAVUOTI RINO S., CIOCIA ALBERTO, COLOMBO CARLOLUIGI
D’AGOSTINO FABIO, DAMIANO ALESSANDRA, DAMIANO DANIELA – ASDHE DE
ARCANGELIS SIMONA, EIDENAI, FESTINO GIUSEPPE, GALAJIAN SHAKAR, GALLO ERIKA,
GALLO MILENA, GARUTI CESARE, GASPARETTO MORENO, GESUALDI ANTONIO,
GITTARELLI IRENE, GIULIANO PINELLA, GRASSI LILIANA, INTELLIGENTE MARIO,
LAROTONDA DONATO, LUSIGNANI GABRIELLA, MAGNOTTA ANTONIO, MENEGHIN
SUSI MONICA, NACCARATO MARIO, NIZZERO CAMILLA, ORABONA CINZIA, PALLOTTA
TERESA C., PICCIRILLO ELISABETTA PORTA NICOLA, RENZI & LUCIA, RIZZO MIRIAM,
ROSSI ANDREA, SANNA ANTONELLO SANTARSIERO MARTINA, SERRA ALESSANDRO,
SILVESTRE ANGELINA, SIMONETTI MARIANNA, SORVILLO EMILIO, STRAMACCHIA
EDOARDO, VENTRONE DANIELA, ZAMPARELLI GUGLIELMO.
Fuori concorso
GENNARO BARCI
UMBERTO BENANTI
DOMENICO DE MASI
IVAN PILI
ORIANA VERTUCCI
Il team della mostra “Stupor Mundi”
Mons. Ciro Guerra, Direttore del Museo
Gina Affinito, curatore della mostra
Vincenzo Fundone, documentazione fotografica
Prof.ssa Marilina Catarinella, referente Liceo Artistico “M. Festa Campanile”
Annamaria Caputo, assistente museale
Note del curatore Gina Affinito
La principale vocazione dell’arte è senz’altro la produzione di un dialogo possibile tra l’artista e l’osservatore, ossia, la serie di riflessioni suscitate e la condivisione di queste. Dunque, l’opera d’arte, per arrivare ad interagire con la nostra visione, non può prescindere da questa dimensione dialogica che mette in circolo idee, sensazioni ed emozioni. Provo pertanto a presentarvi le opere in esposizione per Stupor Mundi, diverse per generi e forme stilistiche, ma congiunte da un vivo fine comunicativo.
Opere come quella di Alasci in cui l’artista si riconosce in un omaggio al grande artista olandese Mondrian, ma si nasconde tra le pieghe della stessa come un osservatore intimo che riscopre lo stupore dell’essenza dell’arte (“non soffermiamoci solo all’apparenza” ci invita), o come quella narrativa di Baciocchi che pulsa di emozioni e di materiali, quasi a formare uno strato di anime sovrapposte, quella carnale e quella spirituale. E l’anima la ritroviamo anche nell’opera dell’artista Cantiello che ci sussurra, attraverso una figura femminile, di riscoprirla e respirarla, tenendo stretto il filo indentitario che ci collega alla vita terrena. Lo stesso filo (rosso) che dà il titolo all’opera della Silvestre che, in maniera invisibile, lega il nostro passato al nostro presente e al divenire. Vi è un richiamo all’immaginario della fanciullezza nell’opera di Carleo, ai miti ed alle favole che hanno ‘costruito’ e stupito il nostro bambino interiore. Impavido ed ingordo di vita ‘l’impaziente’ ritratto dalla Belviso, che sottolinea, con fine tratto realistico, la voracità dell’uomo moderno e la famelica ascesa verso l’insoddisfazione. Ricerche surrealistiche nell’opera di Caudullo che tratta con grande forza espressiva uno dei momenti più intensi dei racconti della Passione di Cristo: “Il rinnegamento di Pietro”. Audace fierezza emerge dalla scultura di D’Agostino, nell’ardito e coraggioso tentativo di stringere in un arto la furia e la collera antiche, bramando con altrettanta forza il possibile riscatto. Passione e vitalità nello spatolato stratigrafico di De Arcangelis, che ci riporta alla giovinezza dell’animo, all’aurora dei sensi, mescolando con sapienza le tonalità fredde e calde, esattamente come la primavera, mediatrice tra inverno ed estate. Indaga lungo il corso del tempo Cavuoti, portando avanti una ricerca che parte dall’onirico manifesto per liberarne la forma; nelle sue sculture di pietra, modellate ed incise con umiltà, trasuda tutta l’emozione, la pazienza e la sofferenza. Portatrice di un testamento alternativol’opera di Colombo, dove si legge, nell’infuocata colorazione terra, tutta la violazione, la caduta, il traviamento e la perversione del peccato originale, che dà il titolo all’opera. “Di cosa si nutre la coscienza?” Si chiedono Ascione e Ciocia nelle loro opere, e potremmo rispondere, proprio come per lo Yin e per lo Yang, “Ogni parte può essere compresa solo in relazione al tutto..” ; opere che aprono uno spunto filosofico di fondamentale importanza per provare a legare il bene ed il male e, in ultima analisi, l’essenza stessa del mondo. Le stesse suggestioni, orientali, le ritroviamo nell’opera di Alessandra Damiano, che ci fa immergere nei colori e nelle sfumature dell’India attraversoun viaggio onirico riportato come impronta sulle tele del suo trittico. E di viaggio, ma nell’Universo e nella materia di cui siamo fatti, ci parla l’opera di Daniela Damiano (ASDHE), vibrante ed esplosiva come una stella, dal cui dramma, però, nasce la vita. La stessa esplosione, ma di colore, e sapientemente mescolato, la ritroviamo nell’opera di Grassi, in cui il concetto dell’eterno si oppone alla concezione lineare del tempo.
Cruda verità nell’opera di Festino: la ‘porta di Dio’, Babilonia del nostro tempo, è sinonimo di confusione, caos e disordine; per trasposizione di significato gli egoismi ammassati del collettivo sembrano emergere dalla tela. La natura incantatrice e donatrice della sua meraviglia è la protagonista dell’opera di Gallo Erika. che sembra farci immergere, con passi silenti, nella fioritura della vita. E la candida ingenuità pispiglia nell’opera di Gallo Milena dove un fanciullo, già carico di pensieri, si abbandona al gioco di esistere nell’alternarsi di luce ed ombra. Poetica ed elegante l’opera di Galajian che tenta, attraverso l’impronta di luce e la testimonianza calligrafica, di sublimare un’assenza tanto grande quanto la lunghezza del tempo che segna questa mancanza. Un figurativo classico traccia le linee di un ritorno all’antico nell’opera di Gesualdi: un Angelo che oltrepassa la dimensione e si concede all’occhio del fruitore con nuove sembianze. Ed il miracolo della vita, contenuto nel grembo di ogni donna, si fa arte nell’opera di Giuliano, non senza riferimenti al dono della ri-nascita, intesa come catarsi. L’artista Intelligente ci propone, in una tonalità variegata, uno spaccato di paesaggio in prospettiva; le scelte cromatiche confermano l’atmosfera di silente tranquillità che aleggia nel dipinto. Efficacissimo il tentativo di Larotonda di rappresentare la levità, la sospensione dei sogni e delle sensazioni in un dipinto, in cui il solo accenno di colore evoca profumi e leggiadrìa. Angeliche creature alate donano tranquillità e silenzio nell’opera della Lusignani, dai loro volti silenti emerge però tutta la forza di chi è in attesa di una liberazione. Ed un grido disperato, che incide e graffia l’argilla, s’alza dall’opera di Magnotta e lascia i segni di un dolore che è muto, essenziale.
Custodisce una promessa preziosa l’installazione bio di Naccarato: la ricerca delle nostre basi interiori, in grado di condurci e sostenerci come una quercia nel cammino dell’esistenza. Ci riporta al luogo del cuore il trittico di Nizzero, “a casa”, ma lo fa partendo dal suo opposto, dalla suamancanza, luogo che appare irraggiungibile e velato, la cui assenza tocca le corde del disagio, del disorientamento. Del resto, l’importanza delle fondamenta si palesano proprio quando ci vengono a mancare… Un trionfo di luminosità e radiosa energia è l’opera di Orabona, una voragine di luce che accoglie e trattiene l’osservatore, tonifica e galvanizza lo spirito di chi vi è di fronte. Le opere di Pallotta e Piccirillo, che insieme vanno a formare il magnifico trittico, ci riportano con passione al viaggio dantesco, dalla discesa negli inferi fino all’ascesa catartica in paradiso, vittoriosa metamorfosi del bene che prevale sul male. E dagli stessi inferi sembra levarsi, in una corrente ascensionale, l’opera di Bongarzoni, come una Venere multiforme che seduce ed attrae, maliarda circe affamata di passione, che irrompe e divampa, recando in sé il desiderio e l’abbandono, la grazia e l’inafferrabilità. Donna dalla figura indefinita e appena accennata, ma che esprime, in una danza liberatoria, tutto il suo stato di affrancamento ed assoluzione: è la donna dell’artista Porta. L’opera di Santarsiero racchiude in una forma ottagonale, che percorre simboli multiformi, svariati significati: è un tramite per la divinità e rappresenta la molteplicità della potenza. Ci trasporta sulle note immaginarie di una musica melodiosa il dittico di Simonetti, dove figurano due donne di picassiana evocazione, scomposte in tanti coriandoli colorati. Più che unascomposizione, un incastro perfetto e armonioso di tasselli dai colori vivi è l’opera di Stramacchia: frammentare e riunire con certosina esecuzione, riscoprendo, nel mentre, la voglia di meravigliarsi ancora. L’opera di Renzi& Lucia, inspessita mediante il processo anodico, si espande sulla superficie con vigore ed efficacia, simile ad un riverbero di luce che si diffonde con fulgore, abbracciando e proteggendo l’osservatore. La materia si aggrega sulla tela a formare grumi, tracce, escrescenze ed il colore è il mezzo supremo per tendere verso l’interminabile o lenire un’amarezza: ecco l’opera di Rizzo. Sorprendente l’opera di Sanna: pazienza e minuziosità creano legami indelebili, fili orditi scrupolosamente percorrono una trama di incanto e tormento, sottendendo ad una superba catarsi ed alla purificazione. Opera elaborata quella di Serra, ricca di tensione, dove trovano spazio i sentimenti che smuovono l’animo umano: rabbia, sofferenza, coraggio, amore, redenzione;demoni sfocati si affacciano all’altare della trascendenza. Le poetiche figure della Ventrone evocano il repertorio mitologico neoclassico: l’immaginario, imperniato sulla relazione dialettica tra i popoli, trascende la concezione del bello e si fa sublime. Un’opera graffiante, psichedelica quella di Eidenai, di sicuro di un certo impatto; se nell’insieme c’è la voglia di stupire, di urtare l’osservatore, oltre quell’eccesso profuso si cela un rassicurante blu. Crea un sottile, ma intenso e preciso legame con il passato l’opera di Zamparelli; un Magnificat in cui l’artista loda e ringrazia lo Stupor Mundi e ci lascia l’immagine di un falco che, dall’alto della sua dimora, scherma e protegge l’essenza della meraviglia. L’opera di Gasparetto è dotata di alta concentrazione estetica: il guerriero non è inerte, anzi crea una dimensione di dinamismo, che esprime ed influenza il fruitore. Cattura lo sguardo l’opera di Meneghin: la sensibile affettuosità espressa infonde sentimenti di grazia; è più di un’opera, apre il mondo spirituale alla coscienza di chi la guarda. La fotografia di Gittarelliviene qui considerata nella sua feconda quanto ambigua identità di “arte e comunicazione”: un monito, una speranza, funambolica tra creazione e riproduzione, pratica sociale e pratica artistica. Un’installazione originale quella di Abbondi, che mixa arte, architettura e light design, ma, a ben guardare, è molto di più: fragili ed esili echi di luce si diramano come fil di stelle e, quando il buio cala, restituiscono fulgore e calore. Trovano spazio in questa esposizione 5 opere fuori concorso, proposte recenti firmate da artisti di rilievo e quasi tutte presentate per la prima volta. Movimento e leggerezza nell’opera di Barci, la liberazione dell’energia che crea petali multiformi, dando un senso nuovo al concetto stesso di scultura e di design, seppur ancorato alla pop art. Di chiara impronta concettuale invece l’opera di Benanti, in cui emergono echi di arte povera ed il riuso di oggetti appartenuti, di materiali che si trasformano e riprendono essenza, seguendo il rinnovamento ed il mutare continuo della vita. Un vortice di contrasti nell’opera di De Masi: la durezza del marmo si contrappone alla sinuosità della forma, la forza si mescola con la delicatezza, persino la vaporosità sembra illuderci di evanescenza: sembra dichiararci il mutamento possibile di ogni forma di vita. La luce filtra silenziosa e lieve tra le pieghe dell’abito, lascia intravedere esili e delicate fattezze, i colori di pesca e navajo trattengono tutta la femminilità di questa fanciulla e l’acqua sembra accogliere le tenui carezze del corpo che si scava la strada: è l’opera di Pili. Infine la soavità dell’opera scultorea di Vertucci, espressa in tutta la sua nitidezza ed autenticità: un elegante corpo di donna levigato con cura, ma dalle profondi cicatrici.
Gina Affinito