Antonio Flovilla, vice presidente nazionale FederANISAP: “Dalla sanità ospedale-centrica alla Medicina a 4 P”. Di seguito la nota integrale.
Mentre da giorni il dibattito sulla sanità in Basilicata sembra ridursi all’interrogativo “nuovo ospedale Lagonegro sì o no”, il sistema sanitario nazionale che, attraverso i nuovi Lea, deve garantire la cura a tutti, sta sperimentando modelli di continuità ospedale-territorio come i percorsi diagnostici terapeutici ed assistenziali (Pdta) e le dimissioni protette per i pazienti fragili con l’obiettivo di fare ricorso all’ospedale solo quando serve. E’ la “formula della medicina a 4 P”: partecipativa, personalizzata, preventiva, predittiva. Ma se la medicina partecipativa può realizzarsi nel momento in cui medico e paziente diventano “partner di cura”, le altre tre dimensioni non possono prescindere da una forte spinta alla ricerca scientifica. Non è un caso che, in ambito internazionale, la Systems medicine sia all’incrocio tra biologia molecolare e dati comportamentali e ambientali: tre variabili da misurare per trovare la ricetta giusta della salute.
Tra le priorità tutto quanto riguarda la prevenzione attraverso l’incrocio di dati, screening e mappature sempre più precisi per far diventare la medicina da preventiva a predittiva capace di dirci non solo di cosa ci ammaleremo ma anche quando, in modo da correre ai ripari.
In Basilicata invece siamo lontani anni luce da tutto ciò, perché fondamentalmente la politica sanitaria, ancorata saldamente nel Piano Regionale Salute, è strutturata sulla concezione ospedale-centrica, vale a dire ospedali ad unico riferimento su cui far convergere le esigenze dei cittadini. Tutto l’opposto di quanto si sta sperimentando in altre regioni attraverso una concezione utente-centrica che deve porre i servizi sanitari sociali ed assistenziali accanto al cittadino, diffusi sul territorio, coordinati dal distretto – riferimento e cabina di comando- che si organizza in sistema in grado di soddisfare i bisogni di salute.
La nuova sanità, dal nostro punto di vista, ha bisogno di una seria e realistica riconversione del ruolo e delle funzioni dell’esistente, con precisa indicazione delle strutture e dei territori coinvolti.
Il riordino del Sistema Sanitario Regionale, annunciato come riforma definitiva per organizzare il Servizio Sanitario Regionale, si limita ad adeguare l’assetto strutturale ed organizzativo agli standard qualitativi e di sostenibilità economico-finanziaria, mediante interventi di promozione della produttività e dell’efficienza delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale, al fine di garantire l’erogazione dei LEA. Tale riforma nella sostanza vorrebbe definire la governance senza interventi concreti sulle questioni aperte.
Si continua adisconoscere che il modello di cura lineare – il paziente si rivolge prima al medico di famiglia, poi allo specialista, poi all’ospedale e se ne ha ancora bisogno al centro di eccellenza – ha fatto il suo tempo. Quello cui invece bisogna pensare sono percorsi di cura integrati che puntino a riabilitare il paziente e insieme a contenere l’insorgere di altre patologie.
Non potrà essere certamente un mega-ospedale in più o peggio ancora il passaggio gestionale di alcuni ospedali della provincia di Potenza dall’ASL al San Carlo, tra l’altro senza indicarne modalità e termini riorganizzativi ed economici, ad assolvere a queste funzioni.
Tutto ciò perdurando nell’atteggiamento di ignorare del tutto il ruolo da assegnare al privato accreditato e lo spazio da riservare alla libera iniziativa. L’idea di una sua possibile integrazione a pieno titolo nel sistema pubblico di erogazione dei servizi e prestazioni sanitarie, di un suo possibile coinvolgimento nella riduzione delle liste di attesa e nella capacità di agire sul territorio per sopperire alle tante carenze del sistema pubblico, non viene nemmeno sfiorata.