Gianni Perrino, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle in una nota torna ad occuparsi delle estrazioni petrolifere in Basilicata e dichiara che “dalla diffida ad ENI emergono ulteriori raccapriccianti particolari”.
Invece di dissipare i dubbi e tranquillizzare (in maniera molto relativa) i tanti cittadini cittadini lucani sulle vicende collegate alle estrazioni petrolifere lucane, la risposta che la Regione ha dato alla nostra richiesta di accesso agli atti relativa alla diffida inviata ad ENI non fa altro che aggiungere ulteriori elementi di preoccupazione.
La fuoriuscita di sostanze dai pozzetti dell’ ASI PZ antistanti al COVA è la conseguenza di una serie di situazioni critiche che si trascinano addirittura dal 2008. Nella diffida vi è una cronologia degli eventi che hanno interessato i 4 serbatoi di stoccaggio (V220-TB-001A/B/C/D). Si tratta di una sorta di escalation del degrado e dell’usura dei serbatoi:
2008: il serbatoio V220-TB-001D risultava degradato per il 70% della superficie e risultavano alcuni interventi di riparazione. Solo lo scorso gennaio ha avuto inizio l’attività di installazione del doppio fondo.
2009: la sigillatura dei giunti della pavimentazione del bacino di contenimento del serbatoio V220-TB-001A risultava già usurata.
2010: il rivestimento interno del fondo del serbatoio V220-TB-001B risultava degradato per il 50% della superficie.
2012 – 2013: peggioramento della situazione del serbatoio V220-TB-001A che, a seguito di verifiche, presentava una quasi totale assenza del rivestimento con corrosioni estese al trincarino, sul fondo e ai pozzetti di drenaggio. Vengono segnalati anche 2 fori del diametro di 25 mm. Alcune lamiere avrebbero tamponato la situazione.
2013: sul serbatoio V220-TB-001C si effettuavano vari lavori di ripristino, tra cui quelli sul doppio fondo.
2014: venivano evidenziate ulteriori usure al trincarino del serbatoio V220-TB-001B.
Quindi, sono quasi 10 anni che ENI cerca di fronteggiare l’usura e il degrado dei serbatoi di stoccaggio e per di più, gli interventi messi in atto per risolvere il problema, sembrano essere superficiali e poco risolutivi. Solo il 14 marzo scorso la regione ha diffidato l’ENI (questa è la data riportata sul documento trasferitoci dal dipartimento) dall’utilizzare i serbatoi A/B/D ed imposto al colosso aggiornamenti e controlli periodici da parte di ARPAB su quanto disposto.
Ora si tratta di conoscere l’entità dello sversamento di petrolio avvenuto nel sottosuolo e, a giudicare dagli eventi riportati, non ci aspettiamo nulla di positivo. Siamo davanti all’ennesimo danno causato dallo scellerato esperimento petrolifero a scapito di una delle regioni che aveva nelle bellezze paesaggistiche e ambientali la sua vera ricchezza. Tutto è stato sacrificato in nome dell’oro nero e lo stupro sembra proseguire senza fine.
Ancora non pervenuti i documenti del piano di caratterizzazione predisposti da ENI, documenti per i quali abbiamo già inviato un altro sollecito. Nelle prossime settimane vigileremo attentamente su tutte le prescrizioni riportate all’interno della diffida.