Il “primato” per la Basilicata tra le regioni nel raffronto tra il primo bimestre 2016 e il primo bimestre 2017 di ore d cig complessivamente erogate conferma l’indicazione del Centro Studi Sociali e del Lavoro sulla fragilità della ripresa occupazionale. E’ quanto sottolinea la Uil di Basilicata in riferimento ai dati sulle ore autorizzate di cig a febbraio scorso. In Basilicata si passa dalle 161.408 di gennaio-febbraio 2016 (91.990 straordinaria, 68.690 ordinaria e 728 in deroga) alle 787.033 di gennaio-febbraio 2017 (374.482 ordinaria, 232.664 straordinaria e 179.887 in deroga), con un più 387,6%. Nel primo bimestre del nuovo anno sono stati “salvaguardati” 2.315 posti di lavoro di cui 1.101 per l’ordinaria, 684 per la straordinaria e 529 per la cig in deroga.
E’ chiaro che – sottolinea la Uil – i monitoraggi ed i dati sulla cassa integrazione, in assenza di informazioni su “come” e “se” questo nuovo strumento sta funzionando, e quante ore di cassa integrazione sta muovendo, non riescono appieno a fotografare in quale situazione versi il nostro tessuto produttivo ed i lavoratori in esso occupati.
Detto ciò, vi è un altro aspetto preoccupante: l’aumento, mese dopo mese, dei percettori di indennità di disoccupazione. Infatti i beneficiari della Naspi continuano a crescere ed allo stesso tempo si accumulano ritardi nella implementazione delle misure di politiche attive per l’occupazione. Solo in questi giorni è partita la sperimentazione dell’Assegno di Ricollocazione per un campione molto limitato (circa 30.000) di percettori di Naspi.
Siamo di fronte a nuova conferma dei limiti del modello di sviluppo lucano, così come evidenziati da Giancarlo Vainieri, Michelina Zampino, Giampiero Tetta del Centro Studi, che si sostanziano principalmente in una insufficiente attenzione alla domanda interna per consumi, penalizzata da una piramide dei redditi schiacciata verso il basso e da una eccessiva estensione del la¬voro precario, in un modello nel quale di fatto la crescita viene fatta dipendere quasi esclusivamente dai mercati extraregionali, indebolendo il tasso di crescita potenziale dell’economia regionale; in un modello produttivo ancora troppo specializzato su settori maturi (come le costru-zioni, il commercio o i servizi a basso valore aggiunto) o su attività che, nonostante la loro crescita, devono ancora manifestare appieno il loro potenziale occupazionale, peraltro in teoria notevole (in particolare, i servizi turistici).
È carente la riflessione sulla definizione di un nuovo modello di sviluppo, più focalizzato su poche piattaforme strategiche di rilancio complessivo della Regione e delle sue vocazioni produttive ed occupazionali, ancora inespresse, o solo parzialmente espresse. Piattaforme peraltro proposte dai sindacati confederali all’attenzione della Regione, e riassumibili: