Oltre 2mila rumeni braccianti agricoli, circa 700 indiani Sikh abili nella cura degli allevamenti di bestiame soprattutto in Val d’Agri, Alto Bradano e Metapontino e che da tempo hanno acquisito anche la maestria casearia, circa 500 operai agricoli del Burkina Faso: sono i gruppi di immigrati più numerosi che lavorano in agricoltura in Basilicata. Il loro contributo -è stato sottolineato nel corso dell’VIII Conferenza economica promossa dalla Cia-Agricoltori Italiani, in corso a Bologna – è significativo: in particolare, delle 10197 assunzioni di lavoratori immigrati in Basilicata, il 56,4% si registra in agricoltura. Nella prima sessione sono intervenuti, tra gli altri, il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti e il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico.
Oggi -è stato evidenziato nell’analisi della Cia- un’azienda agricola italiana su tre conta almeno un lavoratore nato altrove, in molti casi (25 mila unità) è anche l’amministratore dell’impresa. In un contesto caratterizzato da un fermo nel ricambio generazionale nei campi (sotto il 7%) e con i titolari d’azienda italiani con un età media superiore ai 60 anni, c’è il rischio concreto di un dimezzamento degli addetti nel settore, entro i prossimi 10 anni. Un pericolo che -secondo la Cia- può essere scongiurato anche con l’ingresso di stranieri in agricoltura. Un’evoluzione, già in atto, testimoniata dai dati sugli occupati nel settore che parlano di 320 mila stranieri impegnati di cui 128 mila extracomunitari, tra stabili e stagionali.
Chi non vede di buon occhio lo “straniero” che arriva in Italia dovrà ricredersi di fronte a questi numeri: le loro imprese agricole e alimentari attive nel nostro Paese creano ricchezza, versando nelle casse dello Stato oneri fiscali (6 miliardi) e previdenziali (5 miliardi) per un totale che supera gli 11 miliardi di euro. Il loro apporto, in termini di specializzazione e innovazione, li rende ormai indispensabili, all’interno del tessuto imprenditoriale, per garantire la tenuta e la crescita produttiva del Made Italy agroalimentare tradizionale e di qualità in tutto il mondo
Questo scenario si colloca all’interno di un’Europa che registra analoghe dinamiche. Rapide evoluzioni socio-economiche che vanno governate al meglio. Da qui la proposta della Cia-Agricoltori Italiani a cui ha dato voce il presidente nazionale, Dino Scanavino.”E’ necessario – ha detto – creare un nuovo modello di sviluppo per l’Europa dei Popoli basato su cinque pilastri: alimentare un’economia competitiva e sostenibile; combattere la poverta’ attraverso investimenti nelle aree rurali, li’ dove l’inclusione degli immigrati oltre che possibile e’ utile e necessaria; finanziare la ricerca e l’innovazione; valorizzare le esperienze vincenti in agricoltura; lavorare per una Ue meno burocratica, piu’ solidale e coerente nei comportamenti dei vari Stati membri”.
Un esempio di integrazione – si legge in una nota della Cia Basilicata –è venuto in questi anni dal Progetto Casa del Conte concepito dalla Ong della Cia (Ases) per conciliare la salvaguardia del territorio e l’integrazione sociale. Il progetto sperimentale intende lavorare all’inserimento lavorativo degli immigrati in agricoltura, attraverso la riqualificazione dell’insediamento zootecnico, creato negli anni venti dal Principe Filippo Doria Pamphilj: un totale di 125 ettari pensati come “podere modello”, con all’interno una scuola agraria per i figli dei contadini. Sin dalla fase di candidatura, agricoltura e integrazione sono state le parole portanti del Progetto: Piano del Conte come esempio di un contesto socio-economico moderno, capace di lavorare sul rilancio del comparto agricolo, sul fare rete, sull’inserimento lavorativo degli immigrati, in agricoltura. Partner di progetto, CIA e ALSIA, con incontri, seminari e un lavoro costante di affiancamento e supporto alle aziende che stanno lavorando per ampliare le produzioni agricole del territorio, reintroducendo antiche cultivar e prodotti etnici, per mettere insieme le aziende del comparto in un “Contratto di Rete”, per definire un marchio di qualità “Piano del Conte”. Questo lavoro è il presupposto per il reale inserimento lavorativo degli immigrati in agricoltura. L’obiettivo prioritario del progetto è dato dall’integrazione e dall’inserimento degli immigrati nel sistema lavorativo e socio-culturale locale. Lo spopolamento della nostra regione, l’insufficienza di risorse umane da impiegare nel settore agricolo ed agroalimentare, l’alto tasso di invecchiamento degli imprenditori agricoli, a cui non corrisponde un ricambio generazionale, il processo di spopolamento delle aree rurali, rappresentano delle criticità per il nostro territorio, a cui gli immigrati possono dare un contributo decisivo con la loro presenza ed il loro lavoro.