Sospensione Centro Olio di Viggiano, Regione Basilicata ricorre al Consiglio di Stato dopo la sentenza del Tar Basilicata ha annullato gli effetti delle diffide della Regione ad Eni.
Il Governo lucano ritiene di dover difendere, nelle sedi a ciò deputate, le ragioni poste alla base dell’atto amministrativo annullato dal Tar.
Il presidente della Regione, Marcello Pittella, d’intesa con l’assessore all’Ambiente, Francesco Pietrantuono, ha chiesto ai competenti uffici della Regione di predisporre gli atti necessari per impugnare dinanzi al Consiglio di Stato la sentenza n. 346/2017 emessa dal Tar per la Basilicata, pubblicata lo scorso 26 aprile.
Per quanto la suddetta sentenza non produca alcun effetto nella vicenda legata alla chiusura del Centro Oli di Viggiano, atteso che l’attività del Cova risulta comunque sospesa per effetto di un’altra delibera della Giunta regionale (la n. 322/2017), il Governo lucano ritiene di dover difendere, nelle sedi a ciò deputate, le ragioni poste alla base dell’atto amministrativo annullato dal Tar.
In particolare, non corrisponde al vero l’affermazione, contenuta nella sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata, secondo la quale l’adozione degli atti impugnati dalla Regione sarebbe avvenuta “senza lo svolgimento di attività istruttoria, di accertamento o di proposta da parte dell’Arpab”.
A tal proposito, il Dipartimento Ambiente della Regione ha tenuto a puntualizzare che “le diffide sono state conseguenti ad una puntuale e approfondita attività di verifica e di accertamento espletata da tutti gli organi competenti, fra cui l’Arpab, da cui è emersa l’assoluta necessità di precludere l’utilizzo dei serbatoi privi dei doppi fondi, al fine di garantire la salvaguardia della salute pubblica e la tutela ambientale”.
Gianni Perrino, consigliere regionale Movimento 5 Stelle in una nota informa che il TAR Basilicata ha annullato gli effetti delle diffide della Regione ad Eni perché a proporre alla Regione l’adozione delle diffide nei confronti della compagnia sarebbe dovuta essere l’autorità di controllo (ARPAB) e non poteva, quindi, la Regione esercitare direttamente il potere. Inoltre, alla Regione si contesta di non aver tenuto conto delle prove di resistenza effettuate dalla compagnia sul secondo serbatoio incriminato, distinto da quello individuato come fonte della perdita, di cui si chiedeva comunque lo svuotamento in quanto privo di doppio fondo. Lo si apprende da un articolo a firma di Leo Amato su “Il Quotidiano di oggi”. Dallo stesso articolo, si apprende che l’Eni sarebbe, bontà sua, pronta a rinunciare alla richiesta di risarcimento per il fermo dell’impianto. A me pare di ricordare che, prima ancora che la Regione notificasse la sospensione delle attività, Eni facesse, con gran lena, sapere di aver volontariamente interrotto il ciclo produttivo per “per rispetto delle posizioni espresse dal territorio, dal Presidente della Regione e dalla Giunta Regionale.” (https://www.eni.com/eni-basilicata/home.page). Quindi, se proprio dobbiamo fare gli azzeccagarbugli e non badare alla sostanza (inquinamento conclamato dell’area circostante al COVA, nonché potenziale inquinamento delle falde acquifere) non si capisce perché la compagnia dovrebbe poter aspirare all’ottenimento di un risarcimento se, e questo lo dichiara a chiare lettere la stessa compagnia nel comunicato riportato nel link poco sopra, le attività le ha sospese temporaneamente per propria volontà. Il risarcimento deve chiederlo la Regione a costoro, e pure corposo. Non è più tollerabile farsi mettere la testa sotto le (sei) zampe.
Gianni Perrino, consigliere regionale Movimento 5 Stelle