Inaspettata novità per pranzi e cene nelle case dei lucani. A tavola il consumo della pasta diminuisce tra il 5 e il 7% l’anno. Nella regione considerata la “più pastaiola” d’Italia con una punta di consumo negli ultimi anni sino a toccare i 42 kg pro capite, che divisi per i 365 giorni dell’anno, fanno l’equivalente della quantità minima di un piatto di spaghetti ogni tre giorni, rispetto alla media nazionale di 24 kg pro capite, vale a dire un piatto di spaghetti ogni 5 giorni, il fenomeno merita un’attenta osservazione.
Innanzitutto, oltre alla crisi, sembra che stia influendo sui comportamenti di acquisto di pasta un generale cambiamento degli stili e delle abitudini alimentari, ma soprattutto un ritmo quotidiano sempre più frenetico, modelli estetici orientati alla “dieta continua” e un’offerta alimentare da parte della Grande distribuzione organizzata sempre più incentrata sulle preparazioni veloci. Modelli e abitudini che contrastano con l’esigenza di dedicare parte del proprio tempo alla preparazione dei cibi o alla consumazione dei pasti secondo schemi e modelli tradizionali.
Eppure alla pasta proprio non si rinuncia del tutto. Sarà che per noi lucani la pasta è sinonimo di casa. Sarà che una mamma che lavora e non ha tempo di cucinare, con un piatto di pasta se la cava sempre. E magari trova più soddisfazione da parte del figlio. Infine la pasta significa tradizione, famiglia,mentre l’italiano abbina l’idea di mangiare pasta, al concetto di cibo sano e mediterraneo, superando la “sindrome del peso.”
E per far tornare ad amare la pasta entrano in gioco gli chef creativi. Roberto Pontolillo insiste sulla fantasia. Alcuni esempi? Penne rigate alla tirolese – con speck, gorgonzola e taleggio; Tagliatelle con pesto di pomodori secchi, basilico e sedano; orecchiette con scarola brasata, olive taggiasche e ragu di polpo. E ancora: scialatielli freschi con ricotta, scorzette di limone, mandorle e cicoria campestre saltata; lasagna con radicchio, noci e provola affumicata; spaghetti trafilati al bronzo con asparagi, pomodorini, olive taggiasche e pecorino. Insomma non il solito e scontato piatto di pasta.
Non è possibile stancarsi della pasta, perché – dice chef Roberto – può essere accompagnata da un numero infinito di “condimenti”, cioè una salsa o un sugo, caldi o freddi, sostanziosi o leggeri, vegetali o con carne e variare le combinazioni all’infinito, secondo la fantasia, le stagioni che significa prodotti freschi e la voglia del momento. In più, esistono centinaia di formati, ognuno adatto a un diverso tipo di condimento.
E poi i Millenials portano avanti la tradizione del loro Paese d’origine e ammettono di amare la pasta. Buongustai, sono giovani dai gusti tradizionali e “semplici” (per modo di dire, perché si sa: i buoni piatti semplici, semplici non lo sono mai). L’Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiana rivela come alla pasta i giovani fra i 15 e i 35 anni non vogliano proprio rinunciare. Anzi! In questa scelta di consumo i Millennials intervistati svelano tanta voglia di semplicità e tradizione e una frequenza di consumo inaspettata (praticamente tutti i giorni, ma per un 25% addirittura due volte al giorno).
Secondo una ricerca Aidepi-Doxa del 2016, per il 42% dei consumatori under 35 il piatto simbolo era lo spaghetto pomodoro e basilico, invece oggi, fra le ricette preferite, trionfa lalasagna/pasta al forno (22%), in compagnia di altri piatti semplici,che molti ristoranti di tendenza, probabilmente si rifiuterebbero di mettere nel menu, considerandole banali: carbonara (18%), spaghetti alle vongole (12%), pomodoro e basilico (12%) e tagliatelle al ragù (11%). 5 ricette che più tradizionali non si potrebbe, raccolgono il 75% dei consensi, lasciando al pesto, all’amatriciana, al sugo di tonno e al mitico aglio, olio e peperoncino le “briciole” del gradimento.
Mag 08