Un marchio commerciale che identifichi il prodotto col territorio. E’ la proposta di Coldiretti Basilicata per fronteggiare la crisi dell’ortofrutta nel Metapontino. Di seguito la nota integrale.
Nonostante quest’anno la produzione di nettarine sia di qualità ed abbondante, uno dei prodotti di eccellenza del Metapontino come l’albicocca, non riesce ad avere alcun mercato. E’ l’ennesimo grido d’allarme lanciato da Coldiretti Basilicata che a Policoro ha organizzato un incontro dal titolo “S…fruttati”, alla presenza di oltre un centinaio di produttori dell’area, per analizzare l’infinita crisi dell’ortofrutta del Metapontino e lanciare proposte. L’iniziativa ha visto la partecipazione oltre che del presidente e del direttore di Coldiretti Basilicata, Piergiorgio Quarto e Francesco Manzari, anche di Lorenzo Bazzana dell’area economica di Coldiretti nazionale, di Maurizio Marangon, responsabile ortofrutta FDAI e dell’assessore regionale alle politiche agricole di Basilicata, Luca Braia. “Innanzitutto bisogna ribadire l’importanza di consumare prodotti del territorio perché raccolti quotidianamente e perché alimentano l’economia nel nostro Paese – ha esordito Quarto – riconoscendo allo stesso tempo che la frutta del Metapontino non ha un legame diretto con il territorio che puo’ sicuramente creare le condizioni per distinguere una produzione italiana per quelle che sono le caratteristiche pedoclimatiche necessarie per dare un reddito alle tante imprese agricole della nostra area”. Per Quarto “è necessario trovare soluzioni per mettere in piedi una proposta economica con la grande distribuzione e costruire un progetto valido per il rilancio della frutta di Basilicata, considerata un’eccellenza italiana”. Nel corso dell’incontro il direttore regionale Manzari ha cercato di analizzare le cause del problema. “Non ci esiste alcuna programmazione e per questo è necessario capire qual è il futuro di questa gente del Metapontino che investe in queste produzioni” ha sottolineato Manzari, che ha aggiunto come “oggi ci ritroviamo ad essere sfruttati dai costitutori che detengono i brevetti e hanno immesso nel mercato circa 500 cultivar varietali, di cui circa 30 nell’arco del Metapontino. Una situazione paradossale di fronte alla quale il consumatore non riconosce più qual è la stagionalità e la cultivar. Questo comporta confusione, rigetto dei mercati e la non tracciabilità della frutta del Metapontino come lo è stato, invece, per la fragola candonga”. Per questo è assolutamente necessario – hanno ribadito i rappresentanti di Coldiretti Basilicata – che l’Italia si doti di un sistema trasparente di etichettatura dei prodotti ortofrutticoli trasformati, perché è assurdo che i consumatori non possano sapere da dove proviene la frutta che viene utilizzata per produrre succhi di frutta, nettari, macedonie, frullati. E’ ora che la trasparenza che si è conquistata nel settore lattiero-caseario, che si spera possa essere raggiunta in tempi brevi anche per pasta e riso, non sia più un miraggio neppure per la frutta trasformata. “È alimentare l’ultima frontiera della contraffazione: frutta e verdura di provenienza estera, etichettate come italiane – ha sottolineato Bazzana- ci sono prodotti immediatamente identificabili come di provenienza estera: banane, avocado, ananas che generalmente non creano problemi. Le distorsioni insorgono quando arrivano prodotti contemporanei a quelli nazionali, come ad esempio le fragole. Abbiamo calcolato che il 10 per cento dei prodotti è falso. È un dato importante – ha concluso Bazzana – perché questo è un mercato estremamente volatile: basta una quantità minima di prodotto in più in vendita per farlo crollare. Il danno è difficile da quantificare, ma enorme: all’economia e ai nostri parametri di qualità”. Nel corso della riunione Coldiretti Basilicata ha posto all’attenzione dell’assessore regionale Luca Braia due temi: innanzitutto la creazione di un marchio commerciale che identifichi il prodotto col territorio metapontino e il ruolo delle Organizzazioni di produttori che devono innanzitutto garantire alle imprese a loro aderenti un reddito minimo e non solo vincolarle a regolamenti restrittivi.