Maria Grazia Masella, Garante per l’infanzia e l’adolescenza del Comune di Matera,
in una nota esprime alcune riflessioni sull’opportunità di introdurre l’educazione sessuale a scuola primaria. Di seguito la nota integrale inviata alla nostra redazione.
Masella: “Educazione sessuale sì o no”
L’anno scolastico si è appena concluso ma ancora non si placano le diatribe insorte sull’opportunità dell’educazione sessuale nella scuola primaria a seguito di alcuni casi clamorosi, ultimo a Modena, attraverso metodiche tanto esplicite quanto discutibili si è avviato, infatti, autonomamente, senza la preventiva informazione alle famiglie, un programma di educazione sessuale ed affettiva. L’argomento è di quelli spinosi e delicati e l’approccio di questo ufficio non può che essere il più possibile obiettivo ed equanime.
Va detto, per amore di chiarezza, che molti sono i paesi europei che hanno scelto la linea della programmazione scolastica dell’educazione sessuale anche nelle classi elementari, in ragione di una sollecitazione in tal senso dell’OMS, al fine precipuo cioè di contenere le gravidanze indesiderate tra le giovanissime e di prevenire le malattie a trasmissione sessuale come l’HIV. Vero è che il nostro paese rimane a tutt’oggi privo di una regolamentazione e/o della programmazione della materia ‘educazione sessuale’ nelle scuole, anche primarie, lasciando all’iniziativa, spesso discutibile,- come quella di Modena-, dei singoli istituti la decisione di detta offerta formativa.
Accade, perciò, che alcuni istituti, anche delle scuole primarie, traccino linee e programmazioni sul tema anche senza la preventiva informativa alle famiglie, parendo e/o volendo adeguarsi, invero, a quel comma 16 della legge 107/2015 di Riforma su “La Buona Scuola” che così recita: “Il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei principi di pari opportunità, promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni. Un dettato normativo che come si vede non parla di educazione sessuale mentre più conferente sembrerebbe “l’allusione” ad una – educazione civica- cimelio formativo della scuola del primo novecento, ma che forse occorrerà, ridisegnandolo, rimettere nel circuito educativo-culturale scolastico. Se è vero come è vero che proprio la materia dimenticata dell’ educazione civica potrebbe raggiungere lo scopo prefissato dal dettato normativo de La buona scuola.
Ma questo è un altro discorso e attiene alle scelte politiche del nostro legislatore. Sull’educazione sessuale, invero, in mancanza di una norma di riferimento cui agganciare approcci, tecniche e metodiche valevoli e adeguate per gli studenti minorenni non può che assistersi in maniera preoccupata al proliferare di singole iniziative dei dirigenti scolastici che ogni volta producono malumore tra e nelle famiglie, per una metodica improvvisata e in alcuni casi al limite del consentito o in aperta violazione dei diritti dei bambini ad una crescita sana ed equilibrata ovvero non adultizzata o precocemente sessualizzata. Si ha notizia, infatti, di piccoli scolari che riscoprono il “gioco del dottore” con modalità adultizzanti e che descrivono una realtà di inutile quanto pervasiva inizializzazione alla sessualità precoce. Va da sé che la potestà, meglio la responsabilità genitoriale, è ben esercitata, quando in materie delicate e controverse come l’educazione sessuale a scuola, appunto, i genitori esprimano una vigilanza attiva e richiedano di essere preventivamente informati sui percorsi formativi dei propri figli.
Se ne deduce che nel quadro sopra esposto manca, ed è mancanza grave, un patto, un’alleanza scuola- famiglia che, pertanto, è necessario ridisegnare, affinché entrambe le agenzie educative ne escano potenziate di autorevolezza. In caso contrario, mi pare evidente, la scuola potrebbe soffrire di una diminuita e scemata autorità che non fa bene in primis ai bambini-scolari, i quali è necessario intendano scuola e famiglia come fari ineguagliabili ed insostituibili del proprio percorso di crescita. Se, invece, ad ogni piè sospinto la scuola è oggetto di reazione, impugnativa ed azione oppositiva da parte delle famiglie che reagiscono, giustamente, perché non interpellate e/o non coinvolte nel processo educativo dei figli, come è avvenuto nei casi sopra citati, allora si crea un evidente corto circuito educativo con ripercussioni anche gravi sul sistema globalmente considerato e cosa ancora più grave su quell’equilibrata e serena crescita dei minori, che è, e deve essere, l’unico e formidabile obiettivo di tutta la nostra comunità.
Ora, se educazione sessuale a scuola deve essere, che sia, però secondo standard e livelli non pregiudizievoli alla crescita dei piccoli. In tal senso, faccio mio, l’esortazione della prof. psicoterapeuta Maria Rita Parsi la quale in una recente intervista ha specificato che l’educazione sessuale nelle scuole andrebbe svolta con l’ausilio interdisciplinare di psicologi, pedagogisti, terapeuti che facciano da ponte tra scuola e famiglia in tre passaggi preliminari: – Prima: l’incontro dell’equipe con i genitori e le famiglie per capire quali situazioni i bambini hanno in famiglia rispetto alla sessualità; – Seconda: incontro dell’equipe con gli insegnanti per sapere come loro vivono la possibilità di affrontare questi argomenti con i bambini e per affrontare un discorso di attenzione e prevenzione a quelli che possono essere i disturbi, i problemi, ecc. -Terza fase: un lavoro con i bambini e gli adolescenti, in misura all’età e tenendo conto anche dell’ambiente che hanno a casa e a scuola. «Se vogliamo fare le cose seriamente», ha specificato la prof. Parsi «questo occupa tutto un anno: non meno di 20 ore a fase, quindi 60 ore l’anno». Mi pare, di assoluto buon senso, la metodica e l’approccio all’educazione sessuale nelle scuole come indicato dalla nota professionista.
E, dunque, se esiste un file rouge che distingue ed obiettiva l’intera discussione è quello che abbiamo indicato come alleanza e /o patto scuola –famiglia nel quale confluiscano inderogabilmente la preventiva informazione sui programmi e/o altre scelte educative extrascolastiche e in parallelo una metodica standard universalmente accettata per l’introduzione della educazione sessuale nelle scuole anche primarie dello Stato ed, infine, un tavolo aperto presso il MIUR che scandisca i termini dell’introduzione di questa materia a scuola e che lo faccia al più presto per evitare di incorrere nel depotenziamento delle agenzie educative attraverso la reciproca delegittimazione a tutto svantaggio dei nostri bambini e ragazzi. In conclusione, se educazione sessuale deve essere che sia ma con regole ben precise, altrimenti si ripristini la vecchia educazione civica che bene e forse meglio potrà insegnare ai ragazzi il rispetto delle regole, il rispetto dell’altro da sé, la non discriminazione dei soggetti con diverse abilità, la prevenzione dei fenomeni del bullismo e la parità di trattamento tra soggetti.
Diritti e doveri, questi, manco a dirlo, presenti nella nostra Carta Costituzionale, che, perciò, non sono nuovi e che possono racchiudersi brillantemente nel principio del valore della dignità umana mai negoziabile. Tutto il resto compreso le letture “hard” fatte a scuola anche a bambini piccolissimi, di cui son piene le cronache più recenti, non insegnano la parità e la non discriminazione, la dignità umana ed il rispetto, ma sono altro, ‘altro appunto’, che viola la sana crescita del minore e di cui si può e si deve fare tranquillamente a meno.
Cara signora ministro dell’istruzione, quest’estate, mentre i nostri ragazzi godranno della loro vacanza, noi adulti, occupiamoci dei programmi scolastici e per quanto riguarda l’educazione sessuale di cui tanto si discute, decida di ammetterla con standard prefissati e regole precise se ritenuta utile o di non ammetterla se ritenuta inutile ovvero sostituibile con altra materia, laddove al fine del perseguimento degli obiettivi di cui al sesto comma della legge sulla buona scuola, potrebbe essere l’educazione civica, mentre per quegli altri obiettivi che riguardano la prevenzione della maternità giovanile e delle malattie a trasmissione sessuale, scienze umane. Ma lo faccia presto e con chiarezza delle metodiche applicabili se a favore dell’ingresso dell’educazione sessuale nelle scuole primarie e/o con altrettanta chiarezza decida della sua inutilità. Io e Lei signora Ministro abbiamo a cuore i nostri ragazzi ed è per questo che non possiamo lasciare la materia all’improvvisazione, al pressapochismo e a singole discutibili iniziative.