Al via a Matera, la rassegna teatrale organizzata e promossa dalla cooperativa sociale Easy Work in collaborazione con Ergo Sum Produzioni e con il supporto della Soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio della Basilicata, nell’ambito del programma Le Città di Pietra – Matera Estate 2017. Gli incantevoli Giardini di Sant’Agostino di via d’Addozio, si animeranno della magia del teatro per cinque appuntamenti serali, delle 21.00, all’insegna della grande prosa e musica, con interpreti ed autori di rilievo anche internazionale.
Lunedì 7 agosto andrà in scena la comicità tanto popolare quanto impegnata di Giobbe Covatta con La Divina Commediola, esilarante e personale versione della Divina Commedia di Dante Alighieri, dedicata ai diritti dei minori.
Domenica 13 agosto, farà tappa l’acclamato Uno Nessuno Centomila, interpretato da Enrico Lo Verso, riscritto e diretto da Alessandra Pizzi. In occasione dei 150 anni dalla nascita di Luigi Pirandello lo spettacolo è un omaggio al più celebre dei romanzi dell’autore. A partire dall’esordio estivo dello scorso anno, ospite dei più prestigiosi teatri e festival nazionali ed internazionali, lo spettacolo ha già registrato oltre 70 repliche, sold out quasi ovunque, e più di 50.000 spettatori. Grazie al grande consenso di critica e pubblico, in particolare tra i giovani, Uno Nessuno Centomila ha ricevuto il Premio Franco Enriquez 2017.
Sempre per la regia di Alessandra Pizzi, sabato 19 agosto sarà la volta di Amor, celebrazione, tra musica e teatro, del Secolo Breve. A dar vita allo spettacolo le letture di Iago García, intrecciate alle sonorità di Alessandro Quarta Trio.
Giovedì 24 agosto, Debora Caprioglio salirà sul palco per rievocare in Callas d’Incanto di Roberto D’Alessandro, un mito contemporaneo, icona di arte suprema, attraverso il racconto di una figura insolita ma molto vicina alla più grande cantante lirica del ‘900.
Sabato 26 agosto, ultimo ed imperdibile appuntamento con Domani a Memoria di e con Michele Mirabella, con Eleonora Puglia. Una riflessione sulla persistenza dei ricordi scolastici e della conservazione del patrimonio collettivo attraverso le voci, le passioni, le vicende, le vite, le ispirazioni di alcuni dei poeti italiani e delle loro donne, dei cavalieri, dell’arme e degli amori per mezzo della lettura delle loro pagine poetiche e letterarie.
La rassegna teatrale è una iniziativa di Easy Work, cooperativa sociale nata con il presupposto di rendere la cultura accessibile a tutti, e con l’obiettivo di realizzare un programma di eventi che includono le più varie espressioni artistiche, dalla pittura alla scultura, dalla musica al teatro, sino alle tradizioni enogastronomiche. Il programma Le Città di Pietra – Matera Estate 2017 è ospitato in un contenitore culturale di grande fascino e suggestione. Ubicati nel Sasso Barisano, i Giardini di Sant’Agostino sono parte del complesso dell’omonima Chiesa, il cui nucleo originario risale al X-XI secolo. Gli ambienti, di forte interesse storico-culturale, includono un giardino pensile in cui sono coltivate le essenze tipiche del territorio e del bacino del mediterraneo. L’intento è quello di preservare e raccontare le tradizioni di un territorio unico nel suo tessuto urbanistico e paesaggistico, accogliendo nel contempo manifestazioni artistiche e culturali diverse, in un’ottica di apertura a collaborazioni e proposte anche esterne.
Per informazioni e prevendite chiamare al numero 338.5009645 o al 333.665300, oppure rivolgersi ai punti vendita in città:
Tabacchi e.., via Ugo La Malfa, 10 – 0835.337351;
Fiocchi di Latte, via delle Beccherie, 93.
I biglietti sono disponibili online sul circuito www.ciaotickets.com
SCHEDE SPETTACOLI
Lunedì, 7 agosto 2017, ore 21
LA DIVINA COMMEDIOLA di e con GIOBBE COVATTA
Reading dell’Inferno tratto dalla Divina Commedia di Ciro Alighieri
“O’ vero” disse il Duca dal suo banco “Fin da bambini ci avevano avvisato Se fai il cattivo arriva l’uomo bianco
E mangia tutto! Infatti così è stato”
Tanti illustri personaggi hanno letto e commentato la Divina Commedia del grande Dante Alighieri. Giobbe Covatta ha recentemente reperito in una discarica il manoscritto di una versione “apocrifa” della Commedia scritta da tal Ciro Alighieri.
Purtroppo è stato reperito solo l’inferno e non in versione completa.
Dopo un attento lavoro di ripristino si può finalmente leggere questo lavoro dimenticato che ha senz’altro affinità ma anche macroscopiche differenze con l’opera dantesca.
Intanto l’idioma utilizzato non è certo derivato dal volgare toscano ma è senz’altro più affine alla poesia napoletana.
Si nota poi come il poeta abbia immaginato l’inferno come luogo di eterna detenzione non per i peccatori ma per le loro vittime! E non poteva trovare diversa soluzione in quanto le vittime sono i bambini ovvero i più deboli, coloro che non hanno ancora cognizione dei loro diritti e non hanno possibilità di difendersi. Così mentre resterà impunito chi ha colpito con le sue nefande azioni dei piccoli innocenti del terzo mondo, il Virgilio immaginato dall’antico poeta lo accompagnerà per bolge popolate da bambini depauperati per sempre di un loro diritto, di qualcosa che nessuno potrà mai restituirgli.
Giobbe Covatta ci presenta in un reading al leggio la sua personale versione della Divina Commedia totalmente dedicata ai diritti dei minori.
I contenuti ed il commento sono spassosi e divertenti, ma come sempre accade negli spettacoli del comico napoletano, i temi sono seri e spesso drammatici.
E non mancheranno naturalmente i riferimenti all’attualità: si parlerà anche di “Cucine da Incubo” quando sarà affrontato il tema degli insetti. Nei suoi viaggi li ha dovuti provare ed intende condividere col pubblico anche questa esperienza gastronomica! In fondo anche le cavallette saltano ma non sono esattamente come i pop corn!
Sarà comunque una serata indimenticabile, come sempre accade quando si incontra Giobbe Covatta: si comincia a sorridere all’inizio dello spettacolo e si esce col sorriso sulla bocca!
Giobbe Covatta, biografia
In arte Giobbe, è nato a Taranto nel 1956. Comico e attore, utilizza la sua vena umoristica in tutti i campi dello spettacolo, riscuotendo grande successo in ognuno di essi.
Il suo impegno umanitario lo ha portato nel 1994 a diventare uno dei testimonial dell’AMREF (Fondazione Africana per la Medicina e la Ricerca). Da allora, ogni anno, si dedica ai problemi africani e fornisce un concreto aiuto all’AMREF per portare a termine i propri progetti.
Ha esordito in teatro nel 1991 al Ciak di Milano con lo spettacolo Parabole iperboli. Nella stagione 1993/94, in collaborazione con Greenpeace, ha rappresentato Aria condizionata, affrontando il tema della salvaguardia delle balene. Nel ’95 è andato in scena con Primate assoluto. L’anno successivo ha debuttato al Teatro Parioli di Roma in prima nazionale con Io e lui scritto e diretto da V. Salemme in coppia con F. Paolantoni. Nel 1996/97 è stato diretto da R. Tognazzi in Art. Nel ’99 ha debuttato con Dio li fa e poi li accoppa, riscuotendo enorme successo in tutta Italia e realizzando nell’anno successivo Dio li fa… Terzo millennio.
Nel 2001/02 è tornato alla prosa con la commedia Double Act: due atti a farsi male di Barry Creyton, per la regia di M. Attolini, prodotta dal Parioli di M. Costanzo.
Nel 2003 ha portato in tournée Corsi e ricorsi, ma non arrivai e nel 2004/05 Melanina e Varechina, dedicato al rapporto tra continente africano e mondo occidentale e replicato con successo sino al 2006. Nel 2007 ha debuttato con la pièce Seven.
Nel 2009 è la volta di Trenta dedicato agli articoli della carta dei diritti dell’uomo, spettacolo con cui ha aperto una collaborazione con Amnesty International sul fronte della difesa dei diritti umani. Nel 2011 è stato coprotagonista assieme a E. Iacchetti in Niente progetti per il futuro. Nel 2012 ha portato in scena 6° (sei gradi), con riferimento all’aumento in gradi centigradi della temperatura del nostro pianeta.
La sua carriera televisiva è iniziata nel 1997 con il programma Una notte all’Odeon su Odeon Tv. Da allora è stato ospite di numerose e note trasmissioni in Rai e nelle reti private tra cui il Maurizio Costanzo Show, Banane, Dido Menica, Uno-Mania, Quelli che il calcio, L’ottavo Nano, Mai dire domenica e Zelig.
Nel 1996 ha debuttato nel cinema. È stato coprotagonista nel film di S. Izzo Camere da letto e nel 1999 protagonista in Muzungu – uomo bianco di M. Martelli. Nel 2003 ha recitato in Sono stato negro pure io diretto da G. Manfredonia. Al Festival del Cinema di Venezia edizione 2005, ha presentato il film-documentario Bimbi neri, notti bianche, prodotto da AMREF per la regia di G. Manfredonia.
Covatta è autore del libro Parola di Giobbe, edito da Salani nel 1991, grande successo editoriale che ha realizzato oltre un milione di copie vendute. Nel 1993 ha pubblicato Pancreas trapiantato dal libro Cuore, ancora edito da Salani. Un nuovo grande successo è arrivato nel 1996 con Sesso fai da te, edito da Zelig. Nel 1999 Dio li fa e poi li accoppa, sempre per Zelig Editore, tratto dalla sua fortunata opera teatrale.
Del 2002 è L’incontinente bianco, grande successo insieme a Paola Catella Zelig Editore. Nel 2005 è stata la volta di Corsi e ricorsi ma non arrivai, nel 2015 A nessuno piace caldo – Perché il pianeta ha la febbre.
Domenica, 13 agosto 2017, ore 21
70 repliche Sold Out – Oltre 50.000 spettatori
In occasione del 150esimo anniversario della nascita di Luigi Pirandello
Premio Franco Enriquez 2017
UNO NESSUNO CENTOMILA con ENRICO LO VERSO
Dall’omonimo romanzo di Luigi Pirandello
Adattamento e regia di ALESSANDRA PIZZI
Fotografia Flavio e Frank
Grafica Gabriele Spedicato
Registrazione audio Francesco Mancarella
Video InsynchLab
Coordinamento scenico Marilena Martina
Segreteria Francesca Troso
Produzione ERGO SUM
Introduzione
L’omaggio a Luigi Pirandello, attraverso l’adattamento teatrale del più celebre dei suoi romanzi: la storia di un uomo che sceglie di mettere in discussione la propria vita, a partire da un dettaglio, minimo insignificante. Il pretesto è un appunto, un’osservazione banale che viene dall’esterno. I dubbi di un’esistenza si dipanano intorno ad un particolare fisico. Le cento maschere della quotidianità, lasciano il posto alla ricerca del SÉ autentico, vero, profondo. L’ironia della scrittura rende la situazione paradossale, grottesca, accentua gli equivoci. La vita si apre come in un gioco di scatole cinesi, e nel fondo è l’essenza: abbandonare i centomila, per cercare l’uno, a volte può significare fare i conti con il nessuno. Ma forse è un prezzo che conviene pagare, pur di assaporare la vita.
Il Progetto. Note a cura di Alessandra Pizzi
Avrei voluto che Pirandello fosse vivo, per mostrargli la grandezza della sua parola, la contemporaneità di un messaggio, più attuale oggi a 100 anni dalla sua formulazione, il bisogno impellente, necessario, autentico del pubblico di approvvigionarsi della conoscenza di sé, di leggere per provare a decodificare quei segni della quotidianità come codici di accesso ai meandri delle proprie emozioni. Mi chiedo ogni sera, osservando il pubblico che, immobile, assiste allo spettacolo, se Pirandello fosse veramente consapevole delle conseguenze che la portata della forza tumultuosa, di quella giustapposizione di pensieri, di quella serie, interminabile, di quesiti, della ricerca smaniosa di risposte, avrebbero potuto produrre sul pubblico. O se, come spesso accade, il risultato abbia superato le intenzioni. Di certo nel suo pensiero e nella sua opera c’è la consegna al mondo del fardello della conoscenza, che è peso per la presa in carica di sé stessi, ma anche leggerezza per la scoperta meravigliosa di quella bellezza che ad ognuno la vita riserva.
Uno, nessuno e centomila è il romanzo chiave: non in quanto apoteosi o summa del pensiero, ma quanto incipit per un’analisi introspettiva e macroscopica sulle dinamiche esistenziali, ma anche socio-culturali della società. Uno, nessuno e centomila “apre”, la mente a riflessioni e a dubbi, il cuore alla ricerca della propria essenza, ma soprattutto apre alla vita, affinché scelga la forma migliore con cui rappresentare l’individuo.
Ho raccolto l’eredità di questo pensiero, più per dovere che per amore per l’arte. Il dovere di chi fa questo lavoro e che è chiamato ad interpretare strumenti di conoscenza, inventando specifici e linguaggi in modo da renderli accessibili a tutti.
Ecco che UNO NESSUNO CENTOMILA, nel riadattamento del testo reso in forma di monologo, che ho voluto dargli diventa il presupposto per un teatro che “informa”, che supera la funzione dell’intrattenimento e diventa pretesto, occasione, spunto per la conoscenza. E in questo sta il dovere di un drammaturgo, nel trovare un codice per offrire al pubblico l’occasione per superare sé stesso. Poco importa se il pretesto sia una sera a teatro, del resto, Pirandello stesso ci insegna che il pretesto è pur sempre una banalità.
Ecco che la messa in scena di UNO NESSUNO CENTOMILA, segna il ritorno dopo 10 anni in teatro di Enrico Lo Verso. Una seduta psicoterapeutica affidata alla sua magistrale bravura; tutti ne sono attratti, ma in pochi sono consapevoli degli scenari che possono profilarsi.
Ecco che 70 minuti sono il tempo necessario ad affondare le mani nella propria mente, ricercare come in un déjà vu, gli elementi già noti, riconoscerli e iniziare a guardarli con una luce nuova.
Ecco che lo spettacolo rompe gli schemi, toccando uno dopo l’altro i conflitti di un’esistenza: il rapporto con i genitori, i dubbi sulla provenienza, il rapporto dei generi, la ricerca dell’identità e, infine, l’affermazione di sé.
Ecco che il pubblico si nutre di testo, in silenzio elabora, applaude e, ogni sera, ci chiede di farlo ancora…
Lo spettacolo
In occasione del 150esimo anniversario della nascita di Luigi Pirandello, uno spettacolo sull’ultimo romanzo dell’autore di Girgenti, quello che riesce a sintetizzare il pensiero dell’autore nel modo più completo. Pirandello stesso, in una lettera autobiografica, lo definisce come il romanzo “più amaro di tutti, profondamente umoristico, di scomposizione della vita. Uno, nessuno e centomila è un’opera di lunga elaborazione, di assidua stesura, che accompagna, o per meglio dire informa di sé, il resto della produzione pirandelliana. Da qui l’idea di una nuova e originale messa in scena, che possa ricercare nuovi specifici per lo spettacolo ma, soprattutto, sappia ridisegnare il rapporto, all’interno dello spazio scenico tra parola e gesto. Un unico testo narrativo, per interpretazioni sempre diverse affidate al racconto di Enrico Lo Verso, che mette in scena un contemporaneo Vitangelo Moscarda, l’uomo “senza tempo”. Un’interpretazione naturalistica, immediata, “schietta”, volta a sottolineare la contemporaneità di un messaggio universale, univoco, perenne: la ricerca della propria essenza, dentro la giungla quotidiana di omologazioni. La voglia di arrivare in fondo ed assaporare la vita, quella autentica, oltre le imposizioni sociali dei ruoli. La paura di essere soli, fuori dal grido sociale della massa. Ed infine, il piacere unico, impagabile della scoperta del proprio “uno”: autentico, vero, necessario. Il Vitangelo Moscarda interpretato da Lo Verso diventa uomo di oggi, di ieri, di domani. Ed il testo diventa critica di una società che oggi, come cento anni fa (quando il testo fu concepito), tende alla partecipazione di massa a svantaggio della specificità dell’individuo. Ma la sua è una critica volta ad un finale positivo, la scoperta per ognuno di essere sé stessi, dentro la propria bellezza. L’interpretazione, non manca di ironia e sagacia, ricca com’è di inflessioni e note di colore tipiche siciliane, tanto care all’autore del testo, al personaggio e all’attore che lo interpreta. Una messa in scena mutevole in ogni contesto, nel rapporto empatico con il luogo e con chi ascolta e che dà forma ad un personaggio, che è uno, centomila o nessuno, tutti per la prima volta affidati al racconto di una voce.
Lo spettacolo ha debuttato il 29 luglio del 2016, e ha realizzato oltre 70 repliche, registrando nei prestigiosi teatri e festival italiani e internazionali (tra cui Teatro Comunale di Siracusa, Teatro Pirandello di Agrigento, Teatro Gobetti Pirandello Festival Torino, Teatro Sala Umberto Roma, Teatro Mercadante Altamura, Teatro Abeliano Bari, Istituto di Cultura Italiana a Pechino, Teatro Comunale Corato) quasi ovunque il sold out. Il successo di critica e pubblico (specie giovanile) ha portato all’ambito riconoscimento del Premio Franco Enriquez 2017. La cerimonia di consegna si svolgerà il prossimo 5 agosto a Sirolo (AN).
Lo spettacolo ha inaugurato il programma di Teatro del Circuito delle Arene Romane, con una tournèe che farà tappa nelle Arene della Capitale nei mesi di luglio ed agosto. Prima recita 27 luglio, alla Bibliotechina dell’EUR.
Enrico Lo Verso, biografia
È nato a Palermo nel 1964. Sin da giovanissimo ha frequentato diversi corsi di teatro per poi approdare al Centro Sperimentale di Cinematografia e all’Istituto Nazionale del Dramma Antico. Ha iniziato a recitare in diverse produzioni teatrali, fino al debutto cinematografico del 1988 con una piccola parte nel film Atto di dolore, a cui hanno fatto seguito un ruolo maggiore l’anno seguente in Ragazzi Nervosi di Anselmo Sebastiani e ruoli minori nei film Nulla ci può fermare e Donna d’onore.
Nel 1991 il regista statunitense Michael Lehmann lo ha scelto per il film Hudson Hawk, il mago delfFurto al fianco di Bruce Willis. La popolarità nazionale giungerà nel 1992 con il celebre Ladro di bambini di Gianni Amelio. Sempre per Amelio ha recitato nei film Lamerica (1994) e Così ridevano (1998). Enrico Lo Verso ha preso parte a La scorta di Ricky Tognazzi e a Farinelli – Voce Regina di Gérard Corbiau, che lo renderà popolare anche in Francia. Nell’ultimo decennio l’attore si è diviso tra televisione e cinema, lavorando in pellicole come Hannibal di Ridley Scott, L’educazione fisica delle fanciulle di John Irvin, Salvatore – Questa è la vita di Gian Paolo Cugno, Milano-Palermo: il ritorno di Claudio Fragasso e in fiction come Mosè, I miserabili e Mogli a pezzi.
Sabato, 19 agosto 2017, ore 21
AMOR Letture di IAGO GARCIA
Musiche di ALESSANDRO QUARTA TRIO
Regia di ALESSANDRA PIZZI
È un omaggio al Secolo Breve, attraverso la voce dei suoi più importanti esponenti letterari e la suggestione della musica. Sul palco, l’attore spagnolo Iago García interpreta una raccolta di brani tratti, tra gli altri, da Borges, Lorca, Márquez. Protagonisti della performance diretta da Alessandra Pizzi, anche Alessandro Quarta e i suoi musicisti, per una sorta di jam session tra testo e musiche.
Iago García, biografia
Attore spagnolo, nato a Ferrol nel 1979. A 18 anni si è trasferito a Londra per studiare recitazione. Rientrato in Spagna è entrato a far parte della Real Escuela de Arte Dramático di Madrid.
In ambito televisivo ha interpretato Enrique II, il primo monarca della dinastia dei Trastámara nella serie Siete vidas e Memoria de España. Si è reso noto al grande pubblico per l’interpretazione di Ernesto Expósito nella serie Amare per sempre. La sua definitiva consacrazione si deve all’interpretazione di Don Olmo Mesía, nella serie Il segreto. Dal 2015 ha recitato nelle vesti di Don Justo nella fortunata serie Una vita.
Nel 2016 è entrato a far parte del cast dei concorrenti del popolare programma televisivo Ballando con le stelle, condotto da Milly Carlucci e Paolo Belli su Rai 1, uscendone vincitore in coppia con la ballerina Samanta Togni.
Alessandro Quarta, biografia
Musicista e compositore, nato a Lecce nel 1976. Ha studiato con S. Accardo, A. Stern, Z .Gilels e P. Vernikov, ereditando dai suoi maestri la più grande tradizione violinistica classica.
È poi maturato in territorio blues, soul e pop, fino a diventare il musicista non convenzionale che conosciamo oggi. Le sue collaborazioni eccellenti comprendono alcuni dei più grandi artisti mondiali: A. Franklin, R. Charles, Jamiroquai, J. Brown, T. Turner, T. Jones. Dal 1999 al 2005 ha collaborato alla produzione dei dischi di alcuni dei più importanti artisti italiani, tra cui Lucio Dalla e ha partecipato, come primo violino e solista, alle dirette televisive di programmi musicali in prime time condotti da G. Morandi, A. Celentano, L. Dalla, G. Panariello, R. Zero e Fiorello.
Premio S.I.A.E. 1994 come Miglior talento italiano dell’anno, si è diplomato al Berkley Lee College of Music di Boston.
One More Time è il titolo del suo primo album, caratterizzato dalla fusione degli stili blues, jazz, bossa nova, funky. Il progetto è stato presentato tra il 2010 e il 2011 dal gruppo Alessandro Quarta and his Blues Band all’Anfiteatro Romano e al Politeama di Lecce, e alla Run Tune Up Marathon di Bologna.
Inaugurato con una performance nell’ambito di Jazz in Puglia, storica rassegna che ha ospitato artisti del calibro di P. Metheny, R. Charles, B. Cobham, S. J. Morris, il progetto Alessandro Quarta and his Quintet ha portato alla ribalta la sua capacità improvvisativa, tra pura energia blues, cantabilità ed un suono a tratti più intimistico, rivelatore della sua anima più segreta.
Alessandro Quarta si è esibito con i pianisti D. Naiditch e G. Magagnino al Maggio Musicale Fiorentino – OFF, al Festival Rinascite di Caserta, all’Oratorio San Filippo Neri di Bologna, nella Rassegna Certamen. In duo con il pianista jazz M. Di Toro, si è esibito a Lecce, Mantova e Pescara. Collabora con i percussionisti M. Vadrucci e A. Castrignanò.
Arrangiatore e compositore, nel 2011 ha presentato al Politeama Greco di Lecce Paganini ‘n Funky, primo capitolo del suo Soul Virtuoso Project, assieme alla sua Blues Band e alla AcuString Orchestra. Il progetto è un omaggio all’autore con una rilettura in chiave soul funky.
Alessandro Quarta suona un violino “Giovan Battista Guadagnini” del 1761.
Nel 2013 è stato invitato a Monaco (Landsberg) dai Solisti dei Berliner Philharmoniker per suonare come violino solista classico del gruppo da camera e come solista di improvvisazione jazz blues funky, passando dal suo violino al suo fender rhodes, acclamato in sala e sul palco oltre che dalla stampa italiana e tedesca.
Sempre i Solisti dei Berliner Philharmoniker gli hanno proposto di scrivere un progetto tra classica, soul,funky, jazz, registrando un cd e proponendogli concerti nel mondo.
Nel 2014 è stato pubblicato il suo secondo album Charlot con un sound completamente rinnovato.
Alessandro Quarta suona un violino “Giovan Battista Guadagnini” del 1761.
Giovedì, 24 agosto 2017, ore 21
CALLAS D’INCANTO con DEBORA CAPRIOGLIO
La vita di Maria Callas raccontata dalla governante Bruna
Monologo originale, scritto e diretto da ROBERTO D’ALESSANDRO
Note a cura di Roberto d’Alessandro
Ci troviamo davanti ad un portone con su scritto Maria Callas. Bussiamo, ci apre una signora che ci fa accomodare, è contenta di vederci. “Madame” – cioè la signora Callas – “non c’è, sta per arrivare”. Nel frattempo possiamo sederci ed ascoltare il suo racconto mentre ci prepara un tè.
La donna che parla è Bruna, fedele governante di Maria Callas, al suo servizio dal 1953 al 1977, Bruna è stata l’ombra della Callas e come una Vestale, ne custodisce la memoria, i ricordi, l’idea di una donna che ha rappresentato tutta la sua esistenza, per la quale la sua vita ha avuto ed ha ancora una ragione che va al di là del semplice esistere.
Cos’è un mito?
Nelle religioni, è la narrazione sacra di gesta e origini di dei ed eroi.
Può essere l’Esposizione di un’idea sotto forma allegorica: il mito della caverna in Platone.
Può essere un’utopia, illusione: la sua fortuna è solo un mito.
Per estensione è l’immagine idealizzata di un evento o di un personaggio che svolge un ruolo determinante nel comportamento di un gruppo umano.
Una leggenda.
Maria Callas è tutto ciò. La sua statura artistica ha diviso il mondo dell’opera in avanti Callas e dopo Callas, la sua capacità d’interpretazione ha strappato la scena operistica all’affettazione dei gorgheggi fini a se stessi, ella è riuscita a dare un’anima ai personaggi del melodramma, mostrando sui palcoscenici di tutto il mondo un’anima in una voce. La Callas non era una voce in una donna, bensì una donna con una voce, Così la sua vita al di là della leggenda, si consumò nella tragedia, vissuta in maniera totale, da eroe.
Esattamente questa dimensione mitica ha Bruna della Callas, così ce la racconta con un fervore, una passione quasi religiosa, soffermandosi maggiormente sul tormento della sua anima, e questo tormento aveva un nome, Aristotele Onassis.
Alla fine ciò che ci racconta Bruna è una grande storia d’amore, l’incontro fra due Titani, la loro tormentata relazione, il triste epilogo. Tutto concorre ancora di più a dare alla vicenda una sacralità mitica, pare sussurrarci che la felicità non è di questa terra se due Dei come la Callas e Onassis non hanno potuto essere felici, i perché sono imperscrutabili, ignoti anche al FATO che ineluttabilmente, senza clemenza, si attua.
Bruna attende ancora il ritorno della sua “Madame”, che però “non ç’est pas ici” (non è più qui), L’aspetterà per sempre, perché si sente come la tessera di un puzzle che completa un mosaico, non poteva essere che così, forse anche perché in fondo sa anche che in questo modo si è conquistata un posto nella storia.
Della Callas si sa ormai tutto, sono state scritte decine di biografie, allora perché uno spettacolo su di lei? Perché credo che questo sia un modo per aggiungere un punto di vista alla sua vicenda, all’eredità che ci ha lasciato.
Bruna rappresenta la semplicità, la quotidianità, quella contingenza davanti alla quale non è possibile valutare il genio, del quale tuttavia si avverte la statura, del quale si venera l’immensità di pensiero, la vastità delle imprese. Così ascoltiamo la storia che ci racconta e ci troviamo al suo fianco a spiare quasi con vergogna i palpiti di quel cuore, la sua felicità il suo tormento, tutta la tristezza del mondo. Alla fine il desiderio di vedere entrare dalla porta dalla quale siamo entrati noi Maria Callas, si fa irresistibile, ma la divina non può entrare, il suo corpo non è più fra noi, anche se lei è ancora in mezzo a noi, lei è un’idea, una leggenda, un mito.
Roberto d’Alessandro, biografia
Regista ed attore, nato nel 1966 a Montalto Uffugo (CS). Si è diplomato in Scenografia all’Accademia di Palmi e nel 1991 si è trasferito a Roma, dove vive tutt’ora, per frequentare il Laboratorio di Esercitazioni Sceniche di Roma diretto da Gigi Proietti, diplomandosi nel 1993. Nel 1995 è tra i fondatori del gruppo I Picari, distintosi particolarmente nel panorama del teatro-cabarettistico romano degli anni ’90.
Parallelamente ai numerosi impegni teatrali, negli anni ha recitato in varie fiction tv di Rai e Mediaset tra cui Don Matteo, Cuore, Non lasciamoci più 2, Distretto di polizia, Un posto al sole. Sul grande schermo ha recitato nei film Heaven, Regina dei fiori, 2061 – Un anno eccezionale e Natale col boss.
Nel 2006 è stato autore ed attore nel programma televisivo Fiori di zucca in onda su Odeon TV.
Dal 2000 ha scritto ed interpretato commedie teatrali di successo, tra cui E pensare che eravamo comunisti…, Una casa di pazzi, Bamboccioni e Milano non esiste, quest’ultimo adattamento teatrale dall’omonimo romanzo dello scrittore e poeta calabrese Dante Maffia.
Alla vita e alle opere di Mattia Preti è ispirato Il Cavalier Calabrese – La vita di Mattia Preti raccontata da lui medesimo, suggestiva biografia in prima persona del pittore di Taverna.
Notevole il suo impegno in campo meridionalista: nel 2011 ha trasposto il bestseller Terroni di Pino Aprile in forma di teatro-canzone, ispirandosi esplicitamente al teatro civile di Giorgio Gaber. Ha ideato ed organizzato nel 2015, la prima edizione del Testaccio Comic Off, festival di teatro comico che coinvolge diversi spazi teatrali e non del quartiere romano Testaccio.
Debora Caprioglio, biografia
Attrice e showgirl italiana, nata a Mestre nel 1968. A soli diciassette anni ha vinto il concorso Un volto per il cinema. Notata dal celebre attore e regista Klaus Kinski, a cui è stata legata sentimentalmente e da cui è stata avviata alla carriera cinematografica inizialmente come comparsa non accreditata in Nosferatu a Venezia del 1988 di A. Caminito, successivamente come protagonista in Grandi cacciatori sempre di Caminito, e in Kinski Paganini del 1989, rivisitazione della vita del celebre violinista.
Protagonista del remake de La maschera del demonio diretto da L. Bava, si è resa nota al grande pubblico interpretando la protagonista del film Paprika di T. Brass del 1991.
Dopo il thriller erotico Spiando Marina di S. Martino ed il comico Saint Tropez – Saint Tropez di Castellano e Pipolo, entrambi girati nel 1992, Debora Caprioglio ha voltato pagina interpretando nel 1994 un ruolo drammatico nel film Con gli occhi chiusi di F. Archibugi. La sua carriera si è così evoluta nella recitazione impegnata e nella dedizione al teatro, al fianco di attori del calibro di M. Scaccia, F. Branciaroli, M. Rigillo e C. Tedeschi.
A teatro è stata diretta nel 1998 da Monicelli in Una bomba in ambasciata e da Brass in Lulù, da M. Costanzo in Un coperto in più nel 1999, da Missiroli ne L’importanza di chiamarsi Ernesto nel 2000/01 e Un marito ideale nel 2002/03, da Zampieri in Sogno di una notte di mezza estate nel 2004, Un curioso accidente nel 2005, Il signore va a caccia nel 2008.
Dal 2003 al 2006 ha partecipato al programma televisivo Buona Domenica di M. Costanzo su Canale 5, inizialmente come ospite fissa, in seguito come co-conduttrice. Nel 2007 ha partecipato come concorrente al reality show L’isola dei famosi, in onda su Rai 2.
Nel 2008 ha recitato ne L’Anatra all’arancia e in Spirito allegro, protagonista al fianco di Corrado Tedeschi.
Nel 2012 è tra i protagonisti del cinepanettone campione d’incassi Colpi di fulmine diretto da Neri Parenti, e di Questo nostro amore, serie televisiva in onda su Rai 1 diretta da L. Ribuoli. Nel 2014 è nel cast di due produzioni cinematografiche: Il pretore di Giulio Base e La nostra terra di G. Manfredonia. Nel 2015 è la protagonista della miniserie trasmessa da Rai Premium Isola Margherita. Nel 2016 è nel cast del film-documentario Un’avventura romantica, diretto da D. Cavuti. Sempre nel 2016 è stata in tournée insieme a G. Jannuzzo con la commedia Lei è ricca, la sposo, la ammazzo, liberamente ispirata al celebre film del 1971 di E. May con W. Matthau e al racconto di J. Richtie.
Sabato 26 agosto 2017, ore 21
DOMANI A MEMORIA
Scritto, diretto ed interpretato da MICHELE MIRABELLA con ELEONORA PUGLIA
Note a cura di Michele Mirabella
Il progetto
“Domani, a memoria” era la prescrizione da scrivere sul diario che gli insegnanti di un tempo, raccomandavano agli alunni e, il più delle volte i maestri, o professori che fossero, pretendevano dagli studenti che mandassero a mente le poesie declamate in classe.
Che cosa voleva dire “mandare a mente”. Imparare a memoria. Questa parola, memoria, ha più di un significato. Il più comune riguarda l’accezione fisiologica dell’attività del cervello degli esseri viventi che consiste nel corredare la mente di dati forniti dall’esperienza quotidiana: l’immane materia comprende anche le nozioni che intenzionalmente vogliamo conservare in archivio, per così dire. O in biblioteca, quella biblioteca mentale che riteniamo di allestire per innumerevoli ragioni o che siamo costretti a stipare di dati e nozioni per altrettante necessità.
Ma memoria può anche significare corredo storico, collettiva raccolta di saperi da condividere con tutta l’umanità. Umanità presente, passata e futura. Questa, a detta del filosofo Husserl, è la nozione di cultura.
I miei maestri, i miei professori forse non avevano ancora letto le opere del fondatore della filosofia fenomenologica, ma si ostinavano a ritenere che “mandare a memoria” fosse, a volte, indispensabile, piacevole, necessario, utile sempre. E non solo per stipare la memoria di nozioni, regole, impianti logici, grammatica e narrazioni, indispensabili alla vita a venire, ma, anche perché faceva bene: alla vita da vivere, ai rapporti sociali, alla crescita culturale e civile e alla salute. Esercitare la memoria continuamente fa benissimo, dice il medico.
Quanto al dire “domani a memoria” a me, bambino pareva un controsenso perché pensavo che al domani si dovesse guardare come al futuro e il futuro non lo abbiamo “a memoria”, se mai, lo possiamo immaginare, prevedere, sognare. A memoria possiamo incasellare, rubricare lo ieri, il secolo, i secoli trascorsi e studiarli, raccontarli, immaginarli. Rimpiangerli, anche. E questo lo possiamo fare oggi. Domani si vedrà.
E, invece, avevano ragione i maestri: domani dovremo sapere a memoria l’oggi, se vorremo capirlo e si dovrà provvedere utilizzando la memoria, facendola lavorare. Perché il passato ci riguarda.
Il maestro ammoniva che domani gli studenti avrebbero dovuto ricordare quanto studiato nell’oggi che riguardava gli innumerevoli ieri della storia, della scienza, della cultura e dell’arte. E così che si organizza la cultura di un popolo.
Lo spettacolo
Questo spettacolo teatrale narra le voci, le passioni, le vicende, le vite, le ispirazioni di alcuni dei poeti italiani e delle loro donne, dei cavalieri, dell’arme e degli amori per mezzo della lettura delle loro pagine poetiche e letterarie.
Abbiamo allestito un programma che raduna un’antologia dei programmi scolastici, quelle pagine, note a tutti, che al primo timido esordio della loro lettura invitano al balbettio corale dell’uditorio formato da spettatori che in qualche lontano o vicino ieri si sono sentiti ammonire “Domani a memoria”.
Le “recita” riprende, sì, i modi e le vaghezze della vecchia lezione scolastica, ma in una narrazione che lascia ampio spazio all’aneddotica, alla citazione storica, all’umorismo del ricordo, stimolando anche una interpretazione vera e non accidentata dalla inevitabile retorica dei compiti a casa. Questo grazie anche alla presenza di un’attrice che con me potrà gareggiare nell’interpretazione, con comodo di musiche suonate o trasmesse dal vivo, per meglio ricostruire gli ambienti storici della nostra giovinezza scolastica. Più generazioni possono disegnare il quadro, l’affresco, il polittico del ricordo: un’aula ritrovata, un bandolo di rimembranze, la soavità ironica di un acquerello scolastico, la lavagna dei buoni e dei cattivi, lo “ieri a memoria” con il bonario maestro-professore-poeta pronto ad ingiungere con affetto e con il sorriso ironico del sapiente: “Domani a memoria!”, squadernando “Il sabato del villaggio” o “La cavalla storna”, “San Martino” o “Sant’Ambrogio”, “Il cinque maggio” o “La notte santa”, aggiungendo: “Guardate che interrogo!”. E non è detto che non lo faccia anch’io.
Michele Mirabella, biografia
Laureato in Lettere e Filosofia (cum laude) con uno studio di regia sul teatro di Pirandello e, ad honorem, in Farmacia.
Regista, autore ed attore di teatro, radio, cinema e televisione. Docente, saggista e giornalista. Ha firmato la regia di oltre cinquanta spettacoli (tra i cui autori Goldoni, Plauto, Aristofane, Brecht, Shakespeare, Pirandello, Ruzante, Alberti, Shisgall, Mrozek, Manfridi, Poggiani, Benni, Feydeau, Macchiavelli, Sciascia, D. Churchill, Moretti, Micheli, De Filippo), ha diretto allestimenti e recitato nei teatri stabili e in numerose compagnie primarie in Italia, in Europa e negli Stati Uniti.
Ha curato le regie delle opere La traviata, Madama Butterfly, L’histoire du soldat, La marescialla d’Ancre, L’elisir d’amore, Il barbiere di Siviglia, Don Pasquale, Manon Lescaut, Lucia di Lammermoor, Il tabarro, Cavalleria rusticana, Zanetto, Rigoletto, L’italiana in Algeri, Il pipistrello e di Stravinskij, De Falla, Traetta, Piccinni, Duni, Nini, Philidor.
Ha condotto e presentato numerosi concerti di musica sinfonica, operistici e concorsi di melodramma. In teatro ha debuttato nel Centro Universitario Teatrale di Bari ed è stato assistente di Franco Enriquez, Di Stefano, Planchon.
Negli anni ’80 ha collaborato con “La nuova Opera dei burattini”, formazione diretta da Maria Signorelli. Ha diretto Signori la marionetta! di Gordon Craig e L’inferno di Dante, spettacoli coprodotti dal Teatro Stabile di Roma e invitati dal Teatro della New York University, dove ha tenuto lezioni agli studenti di Italianistica su “Teatro e società” in Italia.
Vincitore di una borsa di studio, lavora in Rai dal 1973. Per la radio e la televisione ha firmato, sia come regista sia come autore e conduttore programmi di grande successo di critica e pubblico, riconosciuti da prestigiosi premi tra cui la “Maschera d’argento”, il “Microfono d’argento”, il “Naxos” e il “Telegatto”.
Ha lavorato per il cinema e per la pubblicità come regista, sceneggiatore e attore. Ha svolto intensa attività di documentarista.
Ha pubblicato per Mondadori il libro Cantami o mouse, narrazione della persistenza dei miti della modernità, parte di una trilogia (con La più bella del villaggio e Lo spettatore vitruviano) che raccoglie le riflessioni sui media delle sue lezioni accademiche e le variazioni sul tema dei miti classici e moderni.
Ha tenuto corsi di comunicazione nelle Università di Viterbo, Lecce, Siena, Urbino, Brescia, un corso biennale di ideazione e produzione radiotelevisiva allo IULM di Milano. Ha insegnato Sociologia della Comunicazione alla Facoltà di Lettere di Bari.
Ha pubblicato ricerche sulla comunicazione, numerosi saggi critici, il libro La lunga vita di Elisir e il manuale Fare teatro.
Ha collaborato con Dacia Maraini per l’allestimento di uno spettacolo sulla vita di Isabella Morra, tratto dagli scritti di Benedetto Croce.
Ha scritto su numerose testate giornalistiche nazionali, tra cui La Gazzetta del Mezzogiorno, Il Messaggero, La Domenica del Corriere ed il Venerdì di Repubblica. Ha collaborato con La Repubblica con un fondo settimanale per l’edizione pugliese. Dal 1996 ha condotto, per vent’anni su Rai Tre, Elisir storico programma di divulgazione scientifica e medica.
È stato per tre anni Sovrintendente e direttore artistico del Teatro Nuovo di Udine. È stato Presidente dell’Accademia di Belle Arti di Bari e consigliere di amministrazione dell’Auditorium Parco della Musica di Roma. E ancora, consigliere di amministrazione e consulente della Fondazione Petruzzelli con cui ha collaborato come regista. È direttore artistico del Teatro Traetta di Bitonto.
Ha ricevuto diversi riconoscimenti tra cui il titolo di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.