A differenza di quanto accade nel Foggiano, in provincia di Potenza, nelle aree più vocate – il Lavellese, Palazzo San Gervasio-Montemilone-Alto Bradano – il conferimento del pomodoro alle industrie di trasformazione non registra particolari problemi. La raccolta è iniziata in anticipo rispetto allo scorso anno anche se da pochi giorni e la quantità di prodotto si preannuncia minore di almeno il 30-40% rispetto alla campagna 2016. E’ questo il quadro fornito da Saverio Carlucci, dirigente di zona Lavellese della Cia. La riduzione è determinata da due fattori: la superficie coltivata quest’anno ha subito un calo già del 30%; la grandine delle settimane scorse ha provocato danni che variano da un minimo del 20% sino ad un massimo del 70%. Il problema maggiore – continua il dirigente della Cia – è il reperimento di manodopera anche se la raccolta con il sistema macchine è sempre più diffuso: quella locale è quasi impossibile da trovare mentre per quella formata da extracomunitari ed immigrati la difficoltà dipende dal concentramento di immigrati nel Foggiano. Da noi pertanto si assumono più lavoratori stagionali provenienti da Romania o Paesi dell’Est Europa. Quanto ai prezzi sono quelli definiti dal recente accordo interprofessionale per il centro-sud sottoscritto e anche per questa campagna permane tra le principali preoccupazioni la remuneratività per i produttori che hanno difficoltà a coprire i costi di produzione.
La Confederazione fa un po’ di conti: coltivare un ettaro di terreno a pomodori, e portare a compimento il ciclo di coltivazione con la raccolta, costa tra i 7 e i 9mila euro a un’azienda agricola. «Questo fa capire – affermano dalle sedi della Cia Alto Bradano, l’area più interessata dalla coltivazione – che oltre un certo limite non si può andare: il prezzo corrisposto ai produttori deve essere remunerativo, altrimenti tutta la filiera diventa insostenibile sia per gli agricoltori che per i lavoratori. Dobbiamo lavorare tutti insieme affinché il pomodoro, come gli altri prodotti di pregio della nostra agricoltura, siano il motore di uno sviluppo economico giusto e sostenibile, che premi il duro lavoro di produttori e lavoratori. Gli agricoltori vanno sostenuti, perché schiacciando loro si schiaccia e si mortifica ogni speranza di rilanciare questo territorio attraverso la sua vocazione più autentica e con maggiore potenziale». L’obiettivo comune è quello di superare le divergenze tra i molteplici attori della filiera agricola meridionale e giungere ad un obiettivo univoco, quello di percorrere una strada comune di sviluppo, superando le barriere geografiche e creando un sistema di rete tra tutte le rappresentanze territoriali del Sud. Bisogna, tuttavia, creare le condizioni favorevoli -continua la nota – affinché le sinergie di filiera si concretizzino in accordi stabili tra produzione ed industria ed accrescendo l’iniziativa sul fronte delle polizze assicurative e del fondo mutualistico da applicare quando i prezzi sono troppo bassi. Ecco perché la Confederazione ritiene che per il Mezzogiorno il Distretto sia il giusto contenitore di questi rapporti economici di filiera e che un’organizzazione interprofessionale efficace, che risolva il problema della mancanza di una programmazione adeguata e tempestiva, e’ lo strumento indicato a sostegno della filiera del pomodoro. Infine sulla questione dell’etichettatura d’origine la Cia ritiene “necessario intraprendere un’iniziativa finalizzata all’armonizzazione comunitaria della disposizione attualmente vigente nel nostro Paese, sia per quanto riguarda l’ identificazione del prodotto “passata”, sia per l’origine del pomodoro da cui deriva. Cosi’ come e’ essenziale la chiara codifica dell’origine a livello Ue di tutti i derivati del pomodoro (conserve di pomodoro, concentrato di pomodoro, passata di pomodoro, pomodori disidratati e semi-secchi), affinche’ il consumatore possa avere disponibili tutte le indicazioni necessarie per un acquisto trasparente”.
Ago 21