Più che al codice che c’è sulle uova che non guardaquasi mai nessuno, i consumatori devono fare attenzione alla provenienza delle uova. Le 330 aziende di galline da uova per 16.795 capi allevatipresenti in Basilicata sono una sicura garanzia. Ad affermarlo è la Cia di Basilicata in merito ai nuovi casi di uova al Fipronilche hanno fatto il giro d’Italia ed allarmano i consumatori. Pochissimi sanno cosa stanno portando a casa dai supermercati e negozi alimentari. Inumerini presenti sul guscio delle uova, infatti, restano ancora un codice “misterioso” per la maggior parte. Sul guscio delle uova di gallina c’è un codice che con il primo numero consente di risalire al tipo di allevamento (0 per biologico, 1 all’aperto, 2 a terra, 3 nelle gabbie), la seconda sigla indica lo Stato in cui è stato deposto, seguono le indicazioni relative al codice Istat del comune, alla sigla della provincia e, infine il codice distintivo dell’allevatore. A queste informazioni si aggiungono quelle relative alle differenti categorie (‘A’ e ‘B’ a seconda che siano per il consumo umano o per quello industriale) per indicare il livello qualitativo e di freschezza e le diverse classificazioni in base al peso (‘XL’, ‘L’, ‘M’, ‘S’). Ma – sottolinea la Cia – per semplificare le informazioni necessarie è sicuramente rilevante verificare l’azienda produttrice ben stampata sulla confezione che mette in vendita sugli scaffali le uova. Analogamente a quanto accaduto per il pollame, anche per il settore delle uova l’evoluzione della produzione dai circa 4 mld del 1958 agli attuali 12,5 miliardi di pezzi, evidenzia l’enorme sviluppo di questo importante comparto economico nel nostro Paese.Passando all’analisi del consumo, basti pensare che cinquant’anni fa ogni italiano mangiava circa 120 uova. Oggi, il consumo pro-capite ha raggiunto le 218 unità, di cui 142 consumate fresche e le restanti sotto forma di pasta, dolci ed altre preparazioni alimentari.L’Italia è autosufficiente per quanto riguarda l’approvvigionamento di uova, che è pari al 94,8%.Il recente adeguamento degli allevamenti di ovaiole alla normativa europea sul benessere delle galline ha influito sulla produzione determinandone una flessione: l’ultimo decennio ha fatto registrare un decremento notevole nel numero di galline ovaiole a vantaggio dell’allevamento del pollo da carne, il cui numero di capi è cresciuto del 42% circa negli ultimi 10 anni. In entrambi i casi, inoltre, si è assistito ad una forte diminuzione nel numero di aziende con il conseguente aumento del numero di capi allevati per singola azienda. La distribuzione territoriale degli allevamenti avicoli mette in luce, un maggior numero di capi e di aziende nella provincia di Potenza, contro il livello di intensità di allevamento superiore nella provincia di Matera in cui il numero di capi allevati per azienda è di 1.024 a fronte dei 762 del territorio potentino. Sta purtroppo scomparendo la tradizionale figura del contadino nei mercati rionali che vende direttamente le uova della sua azienda e perciò è preferibile acquistare in azienda attraverso il progetto Cia-Turismo Verde La Spesa in campagna.