Il Parco Regionale della Murgia Materana è uno scrigno di biodiversità all’interno del quale si possono incontrare numerosissime specie animali e vegetali di estrema importanza conservazionistica. Una di queste è il piccolo avvoltoio Capovaccaio (Neophron percnopterus), presente in Italia con pochissime coppie localizzate soltanto in tre regioni meridionali: Basilicata, Calabria e Sicilia. In tutto si tratta, probabilmente, di una decina di coppie, a testimonianza della estrema rarefazione a cui è andata incontro la specie soprattutto negli ultimi 50 anni.
La Basilicata ospita 2 coppie mentre le rimanenti nidificano in Calabria e Sicilia.
Sono tanti i motivi del declino di questo splendido rapace, legato agli ambienti caldi e aridi del mediterraneo, e fra questi rientrano soprattutto fattori antropici quali il disturbo nei siti di nidificazione a causa di curiosi, fotografi e soprattutto di scalatori che occupano tutto l’anno quasi tutte le pareti del Meridione.
Le due coppie residuali della Basilicata nidificano nel Parco della Murgia Materana e nel Parco Nazionale dell’Appennino Lucano, aree nelle quali da molti anni viene condotto un lavoro costante di controllo e monitoraggio finalizzato anche ad individuare eventuali fattori di minaccia.
Matteo Visceglia, uno degli esperti dell’associazione CERM (Centro Rapaci Minacciati) che da decenni sta seguendo il Capovaccaio nelle due aree protette lucane, quest’anno è particolarmente soddisfatto per i dati raccolti ed afferma: “Dopo 2 anni di insuccesso finalmente una buona notizia per i capovaccai del Parco della Murgia Materana! La coppia è riuscita nuovamente a riprodursi e a portare all’involo nei giorni scorsi 2 giovani, il massimo di quanto ci si possa aspettare da questa specie in termini di produttività. Stesso risultato abbiamo rilevato nel Parco dell’Appennino Lucano dove due giovani si sono involati già nella prima decade di agosto. Il monitoraggio di questa specie richiede una particolare cautela per evitare ogni possibile forma di disturbo”.
A condividere questo impegno sul campo Mariangela Francione, anch’essa socia del CERM, che già dagli anni 90 partecipa regolarmente sia alle attività di monitoraggio che di supporto alimentare per questi avvoltoi.
Il Presidente del Parco della Murgia Materana Pierfrancesco Pellecchia nel confermare che questo risultato è di estrema importanza commenta: “La rarità del Capovaccaio e il pericolo di una sua definitiva scomparsa dai cieli italiani deve sempre spronarci a garantire a questa specie condizioni idonee ad assicurarle un futuro. Il ruolo dei Parchi è proprio quello di dare priorità assoluta alla conservazione della natura e delle specie di grande valenza naturalistica.
Il Parco della Murgia Materana riveste questa importante funzione per molte specie di rilievo a livello italiano, oltre al Capovaccaio, quali Cicogna nera, Falco grillaio, Nibbio reale, Lanario, Lupo, Lontra e Gatto selvatico, che qui trovano un ambiente ideale per alimentarsi e/o per riprodursi. Quest’area custodisce, dunque, un immenso patrimonio naturalistico che deve essere oggetto di azioni di conservazione attiva e monitoraggio”.
Il capovaccaio è oggetto da molti anni di azioni di ripopolamento da parte dell’Associazione CERM, ultima delle quali effettuata qualche giorno fa nel Parco Nazionale dell’Appennino Lucano, con il rilascio di due giovani capovaccai nati nel 2016 nel centro di riproduzione gestito dall’associazione in Toscana. Le altre operazioni di rafforzamento della popolazione sono state condotte in passato in Puglia e Calabria.
Il Presidente del CERM Guido Ceccolini, da anni impegnato su questo fronte promuovendo ogni iniziativa utile a supportare la specie in Italia, ritiene che: “la liberazione di giovani nati in cattività sia solo una delle misure di conservazione necessaria per questa specie sull’orlo dell’estinzione. Altre misure urgenti ed indifferibili sono il divieto di arrampicata sulle pareti rocciose di molte aree protette meridionali (norma spesso completamente disattesa), la sorveglianza dei nidi e la creazione e gestione di carnai”.
Foto di Matteo Visceglia