Venerdì 8 settembre 2017 alle ore 17,30 presso Canova in via Annunziatella n. 103/105 a Matera l’associazione ZFM Zona Franca Matera organizza la presentazione del libro “Le Zone Economiche Speciali. Una straordinaria opportunità per il rilancio dell’economia in Italia”. Interviene l’autore Maurizio D’Amico, avvocato, esperto in diritto dell’Unione Europea; Segretario Generale dell’Advisory Board della federazione mondiale delle Zone Franche e delle Zone Economiche Speciali (FEMOZA).
Il contributo che l’istituto delle Zone Economiche Speciali (ZES) puo’ offrire, per consentire la ripresa economica dell’Italia, è rilevante, come hanno dimostrato alcuni esempi a livello internazionale ed europeo. Infatti le ZES, per la maggiore capacità di catalizzare investimenti diretti esteri grazie alla concessione di agevolazioni fiscali, finanziarie, amministrative ed infrastrutturali, si sono rilevate un efficace strumento di accellerazione economica, rispetto al modello classico di zona franca doganale,risultando più attraenti per la business community. il nuovo modo di concepire lo sviluppo economico ed il rapporto della business community con la società si concilia con il nuovo approccio al concetto di ZES, quale è quello proposto dall’Autore di questo ebook, nel quale un altro ruolo attribuibile alle ZES puo’ essere quello di una sorta di laboratorio istituzionale ( c.d. “laboratorio territoriale sperimentale”), per verificare se le politiche adottate al loro interno nei settori commerciali, finanziario ed imprenditoriale possano essere successivamente estese all’intero territorio nazionale. l’introduzione di questi formidabili strumenti di accelerazione economica in Italia, cambierebbe il ruolo del Paese nel Mediterraneo: non più solo “porta dell’Europa” ma fulcro e volano dell’economia euro-mediterranea.
Maurizio D’Amico, Segretario Generale Advisory Board – Federazione Mondiale delle Zone Franche e delle Zone Economiche Speciali (FEMOZA): “Il coinvolgimento dell’Italia nel progetto “One Belt One Road” e le interconnessioni con la creazione di Zone Economiche Speciali”.
La recente presentazione dell’ambizioso progetto cinese One Belt One Road (la riedizione dell’antica Via della Seta) prefigura interessanti opportunità di aumento degli interscambi commerciali fra l’Estremo Oriente e l’Italia attraverso il diretto coinvolgimento del suo apparato logistico-portuale nella cd. Via della Seta Marittima, e di conseguenza accresce le aspettative della Penisola circa un concreto rilancio del suo ruolo di Paese centrale (anche non soltanto per ragioni geografiche) nel delicato scacchiere politico-economico del Mediterraneo.
A tale riguardo unitamente a fattori di carattere infrastrutturale e logistico, un valido contributo al successo di tale coinvolgimento nell’iniziativa OBOR, non può non dipendere anche dal positivo esito dell’iter normativo-procedurale riguardante l’implementazione di Zone Economiche Speciali, la cui rilevanza come eccezionali strumenti di accelerazione dello sviluppo economico è stata sperimentata con straordinarie capacità strategiche ed attuative proprio dalle Autorità di Pechino, in concomitanza con il varo della politica della “porta aperta” lanciata da Deng Xiao Ping alla fine degli anni ’70 del secolo scorso.
Le ZES già esistenti o i progetti di nuova realizzazione negli Stati della sponda meridionale del Mediterraneo (come ad esempio la ZES del Nuovo Canale di Suez) rischiano di produrre conseguenze dirompenti rispetto ad importanti scali euro-mediterranei, in particolare quelli italiani.
Lo scenario internazionale rivela una dinamica propensione di molti Governi di Stati terzi all’utilizzo delle zone economiche speciali, e delle zone franche in generale, avvantaggiati dall’incomparabile libertà di poter decidere sull’opportunità o meno di ricorrervi per contribuire a risollevare la situazione economica, commerciale e sociale, dei propri Paesi avvalendosi esclusivamente di ragioni di carattere economico e politico, e, per loro fortuna, senza l’obbligo di osservare la regolamentazione dell’Unione Europea sugli aiuti di Stato.
La realizzazione di ZES competitive a livello internazionale compatibilmente con la normativa “unionale” sugli aiuti di stato e sulla concorrenza non è impossibile, come dimostrano alcuni esempi di successo nell’Unione Europea, primo fra tutti la Polonia che, anche grazie a ciò, intorno al 2012 ha assunto una capacità attrattiva di FDI tale da classificarlo al terzo posto al mondo dopo Cina e Usa. Tuttavia rispetto al contesto mondiale il gap europeo per quanto concerne la presenza di Zone Economiche Speciali ed in generale di zone franche, è ancora enorme e nell’ambito del confronto commerciale è molto forte la concorrenza delle merci e delle produzioni dei Paesi terzi, soprattutto se provenienti da zone franche cd. “di seconda generazione” ed in particolare da Zone Economiche Speciali.
Di tale assunto bisognerà tener conto nella prospettiva di un incremento strutturale degli interscambi commerciali fra il nostro Paese e l’Estremo Oriente, conseguente all’attuazione dell’iniziativa OBOR, che condizionerà i flussi dei prossimi cinquanta/cento anni.
Dal punto di vista “unionale” continuare a misconoscere l’utilità dello strumento della “zona economica speciale”, ignorando gli evidenti effetti positivi realizzati in Europa e nel mondo o, peggio, amplificandone alcuni marginali esempi negativi (si veda al riguardo l’esito della riunione tenutasi presso il Consiglio dell’Unione Europea il 3 aprile scorso del Code of Conduct Group (Business Taxation) – Subgroup on third and fourth criteria avente all’ordine del giorno, fra gli altri, il Draft Guidance on Tax privileges related to Special Economic Zones) rischia di isolare in uno sterile dogmatismo le Istituzioni dell’Unione Europea, rispetto alle legittime aspirazioni di rilancio economico di molti Stati membri prostrati dalla grave crisi recessiva.
Pertanto la scelta della tipologia di approccio al tema delle zone economiche speciali, attesa la persistenza dell’attuale rigida regolamentazione “unionale” sugli aiuti di Stato (probabilmente inadeguata al diversificato contesto economico di un’Europa a 28 membri e a fronteggiare le rapide e gravi ripercussioni sociali ed economiche prodotte da epocali eventi finanziari come quello verificatosi nel 2009 ha dimostrato, stante anche l’amplificazione derivante da uno scenario internazionale globalizzato) e la parallela sempre maggiore necessità di una compatibilità di tali strumenti con la regolamentazione del commercio internazionale, costituisce uno dei nodi cruciali di cui i governi devono diventare sempre più consapevoli.
A tale riguardo, i modelli precedenti esistenti e l’attuale fase storica, dimostrano che il superamento di questa notoria impasse eurocratica dipende dal ricorso a soluzioni non solo di natura giuridica (certamente compatibili con la normativa sugli aiuti di Stato) ma anche soprattutto frutto di trattative politiche, come molte risposte ad interrogazioni europarlamentari, anche recenti, lasciano intendere, nelle quali la posizione assunta dai governi nazionali diventa centrale.
L’arroccata posizione di dogmatico ostracismo della Commissione Europea, rischia, diventando di fatto fine a sé stessa, di penalizzare ingiustamente soprattutto le potenzialità di quei Paesi membri, primo fra tutti proprio l’Italia, che si trovano geograficamente, politicamente ed economicamente inseriti in un contesto territoriale che dovrebbe autorizzare il ricorso a soluzioni regolamentari legittimanti l’adozione di tali strumenti in base al rispetto di equilibri di sviluppo economico in chiave Euro-Mediterranea, piuttosto che in quella Europea tout court.
La Gran Bretagna prima dell’inizio del processo Brexit rappresentava, nell’ottica One Belt One Road, l’interlocutore potenzialmente fondamentale per la Cina per mediare all’interno dell’Unione Europea su argomenti particolarmente “caldi” dal punto di vista commerciale.
Adesso la centralità dell’Italia nell’ambito dell’Unione Euro-Mediterranea ed il suo potenziale ruolo di porta di accesso ai mercati continentali europei per i flussi merceologici della Via della Seta Marittima provenienti attraverso il Nuovo Canale di Suez, potrebbero ancor più intensificarsi nello scenario post Brexit e contribuire a farne assurgere il ruolo di partner chiave della Cina nei suoi rapporti con l’UE, pur considerando il persistente rischio di una relativa maggiore libertà del Governo britannico di prescindere dalla regolamentazione europea in tema di concorrenza nell’ipotesi, tutt’altro che improbabile, di istituzione di ZES sul suo territorio, intensificando la strategia di introduzione di agevolazioni fiscali in continuità con il programma di istituzione delle Enterprise Zones previsto nel Plan for Growth iniziato nel 2012.
A tale riguardo, probabilmente non è un caso che in occasione della recente presentazione dell’iniziativa OBOR da parte del Presidente Xi Jinping, l’unico Paese membro del G7 presente sia stata proprio l’Italia.
Lo sviluppo delle Zone Economiche Speciali dipenderà sempre più in futuro dal loro collegamento con la supply chain composta da porti/retroporti-inland terminals/interporti e piattaforme logistiche integrate: pertanto la loro implementazione nel nostro Paese, indispensabile per sostenere e catalizzare la business community, rappresenta anche un fattore essenziale per consentire il coinvolgimento vincente delle infrastrutture portuali e logistiche italiane nella riedizione dell’antica Silk Road.