Danni inevitabili a turismo, agricoltura e agroindustria. Con questa laconica ma chiara motivazione Confapi Matera esprime la propria contrarietà all’ipotesi di realizzare in Basilicata il deposito nazionale di scorie nucleari.
La voce di Confapi Matera si unisce a quella di quanti, soggetti pubblici e privati, nei giorni scorsi hanno opposto un fermo no alla sciagurata idea. Infatti, oltre a motivazioni di ordine propriamente tecnico, per cui il sito di rifiuti radioattivi non si concilia con la morfologia del territorio lucano, l’associazione ritiene che il solo effetto psicologico del malaugurato provvedimento governativo sarebbe talmente dirompente da essere potenzialmente in grado di distruggere in poco tempo l’economia turistica e agricola che caratterizza larga parte del territorio regionale.
“Non è solo la conformità geologica dei luoghi a indurci alla contrarietà – dichiara il presidente Massimo De Salvo – ma anche l’impatto sull’economia che avrà un’iniziativa assolutamente incompatibile con il nostro territorio. Quello che dicemmo nel 2003 per Scanzano vale per tutta la nostra piccola regione a causa dell’impatto che la collocazione del deposito nazionale destinato allo smaltimento di rifiuti radioattivi avrebbe sull’ambiente, sulla salute pubblica, sui beni culturali e paesaggistici”.
“Per una regione che intende connotarsi sempre di più per le sue bellezze naturali, paesaggistiche, storiche e architettoniche, con Matera capitale europea della cultura e i Sassi patrimonio dell’Unesco, il sito delle scorie nucleari non è opportuno, tralasciando i pericoli per la salute pubblica che valgono per qualsiasi regione e per qualunque territorio. Se la motivazione fosse solo quest’ultima, infatti, chiunque potrebbe opporsi e il sito non si farebbe da alcuna parte”.
“E’ giusto preoccuparsi di mettere in sicurezza le scorie radioattive, ma bisogna tenere conto dell’impatto sull’economia della zona. Nessun incentivo economico potrà compensare i danni che si produrranno all’economia. A volte l’effetto psicologico è più nocivo di una fuga radioattiva.”, conclude De Salvo.