Leggieri e Perrino (M5S): medici di continuità, occorre aprire un tavolo con il Ministero per trovare una soluzione. Di seguito la nota integrale.
Paradossale è la vicenda che stanno vivendo i medici del servizio di continuità assistenziale al centro di una storia tipica italiana.
Appare a dir poco surreale che oggi la Regione Basilicata richieda la restituzione di somme erogate a favore dei medici di continuità assistenziale (ex guardie mediche) quando era stata la stessa Regione a riconoscere tali indennità, nell’ambito della contrattazione di secondo livello.
Ricordiamo che il servizio di continuità assistenziale garantisce l’assistenza medica di base per situazioni che rivestono carattere di non differibilità, cioè per quei problemi sanitari per i quali non si può aspettare fino all’apertura dell’ambulatorio del proprio medico curante o pediatra di libera scelta. Il medico di continuità assistenziale può prescrivere farmaci, per terapie non differibili, può rilasciare certificati di malattia per un periodo massimo dì tre giorni e può proporre il ricovero ospedaliero.
I presidi di Continuità Assistenziale sono disposti su tutto il territorio regionale e spesso sono ubicati in zone periferiche ed isolate. Il Medico di continuità spesso è isolato ed è costretto a spostarsi per gli interventi del caso con il proprio mezzo. Gli spostamenti spesso avvengono nel cuore della notte e senza alcuna protezione e tutela. Tali condizioni di lavoro, unitamente alla particolarità del territorio della nostra Regione, hanno portato in passato a riconoscere con apposito accordo, un incremento di 0,50 euro/ora di servizio come indennità per “usura automezzo”.
Che oggi si arrivi a disconoscere questo accordo e a chiedere la restituzione delle somme erogate in questi anni, benché a seguito dell’intervento della Corte dei Conti, senza aprire alcun tavolo di dialogo e di concertazione e senza interrogarsi su chi siano i responsabili di questa situazione kafkiana, è il segno del poco rispetto che la Regione Basilicata mostra nei confronti della categoria dei medici di continuità, nonché di tutti i cittadini cui è rivolto questo indispensabile servizio.
Il rischio infatti è quello di mettere in ginocchio intere famiglie e di colpire duramente i medici di continuità che oltre a vedersi drasticamente ridotto lo “stipendio” (causa l’eliminazione delle indennità) ora vedono calare sulla loro testa la spada di Damocle della restituzione delle somme percepite negli anni e dichiarate illegittime.
E’ chiaro che la questione meriti un approfondimento da parte della politica regionale e si renda indispensabile portare la questione anche sui tavoli romani, trattandosi peraltro di una problematica non legata esclusivamente alla nostra Regione. Già a giugno, il M5S tramite formale richiesta al Presidente della IV Commissione, aveva richiesto un’audizione delle parti coinvolte. In quella occasione si è avuto modo di ascoltare sia i medici che alcuni dei dirigenti degli uffici regionali, ma l’assurda richiesta delle restituzioni non era ancora stata disposta dalla Giunta Regionale. Tra l’altro, la cosa più sconcertante, è che a seguito della richiesta a dedurre della Corte dei Conti, la Regione, anziché argomentare, ammette l’errore e scarica gli oneri (non si capisce con quale legittimità) sull’anello più debole: i medici che hanno assicurato il servizio per anni! Appare allora improcrastinabile trovare soluzioni condivise con il Ministero della Salute per evitare il salasso ai danni dell’intera categoria nonché per garantire la prosecuzione delle prestazioni. Se, poi, dietro tale situazione dovesse celarsi la volontà di cancellare il servizio dell’assistenza di continuità, si abbia almeno il coraggio di dirlo e di essere chiari con i medici e con i cittadini.