Le recenti notizie in merito alla consapevolezza dei dirigenti di Eni che i serbatoi del Centro Olio di Viggiano perdevano greggio sin dal 2012 impongono delle domande e alcune riflessioni da parte di Mediterrano no scorie, già Mediterraneo no triv, che riportiamo di seguito.
La società pur consapevole degli enormi rischi ha evitato di intervenire tempestivamente lasciando così che il territorio e la popolazione potesse correre pericoli incalcolabili.
Ma quali le conseguenze a medio e lungo termini dovranno pagare i Lucani per una così grave negligenza?
Difficile a dirsi soprattutto perché le responsabilità non sono solo di Eni e dei suoi dirigenti ma anche di chi avrebbe dovuto controllare e vigilare e non l’ha fatto in maniera adeguata.
Quando la Regione Basilicata ha disposto la chiusura del Centro Olio di Viggiano ad aprile 2017 infatti, ci eravamo subito accorti che nessuno tra i responsabili dell’accaduto ma anche tra le istituzioni osava pronunciare la realtà che era sotto gli occhi di tutti, ossia che quello che veniva semplicemente accaduto non era un semplice incidente.
Nessuno osava ricordare ai cittadini che quell’industria non è, appunto, solo e soltanto una semplice attività industriale ma rientra nella classificazione di industrie soggette alla Seveso III e quindi a rischio di incidente rilevante.
La dispersione del petrolio per le modalità in cui si era verificata andava classificata, pertanto, come incidente rilevante consentendo così l’adozione di misure urgenti e straordinarie.
Eppure nessuno ne voleva parlare. Perché?
Perché le istituzioni preposte al controllo dei serbatoi non hanno riscontrato tutte quelle anomalie che le associazioni ambientaliste hanno, in questi anni, evidenziato?
E poi quale è lo stato di tutti i serbatoi che consentono il trasporto del greggio anche al di fuori del centro Olio?
Abbiamo sempre chiesto anche un intervento immediato e risolutivo per garantire la sicurezza degli abitanti eppure si continua, imperterriti , a parlare di indennità, di ristoro economico per le compensazioni ambientali non riscosse durante il fermo del centro piuttosto che concentrare tutta l’attenzione sulla prioritaria sicurezza dei Lucani e del territorio.
Evidentemente abbiamo una classe dirigente e politica che considera i Lucani cittadini di seconda serie che possono e devono essere sacrificati in nome di un’economia scellerata.
Ma la questione non è solo il Centro Olio di Viggiano e i controlli non svolti e la consapevolezza nascosta dei rischi e dei pericoli concreti.
La questione è molto più ampia e abbraccia tutto il territorio perché il petrolio e i suoi rifiuti vengono trasportati su ruote con centinaia e centinaia di viaggi in lungo e largo e con ulteriori rischi e pericoli forse ancor maggiori.
C’è il discorso dello smaltimento, dello stato dei fiumi, della reiniezione, del raddoppio dell’estrazione, delle emissioni, degli scoppi, delle fiammate, come anche di tutti i pozzi chiusi e abbandonanti in tutto il territorio e che nessuno monitora.
Ma soprattutto c’è l’inquinamento delle coscienze che porta a sottovalutare, a sottostimare, a nascondere a omettere.
Ma per quanto tempo i responsabili potranno sfuggire alle loro responsabilità?
La politica ha la sua buona parte di responsabilità perché evita il dibattito e si dimostra incapace di comprendere l’enorme portata del problema.
L’ambiente non è uno slogan buono solo da sventolare in campagna elettorale ma è anche una domanda.
Perché quanti sapevano hanno taciuto?
Perché quanti dovevano controllare hanno omesso?
Perché la politica si auto-assolve con tanta semplicità?
Perché la politica non chiede dimissioni immediate del Presidente della Regione Basilicata e dei dirigenti del suo partito?
Mediterrano no scorie (già Mediterrano no triv)