Si è concluso con un lungo applauso al feretro all’uscita dalla Cattedrale di Matera il rito funebre per l’ultimo saluto a don Mimì Falcicchio, La salma del sacerdote originario di Altamura e materano di adozione è stata trasferita nel pomeriggio di mercoledì 8 novembre dall’ospedale di San Giovanni Rotondo nella parrocchia di San Giovanni, il luogo in cui ha svolto per tantissimi anni il suo sacerdozio. In mattinata, intorno alle 9,30, è partito il corteo funebre verso la Cattedrale di Matera, la parrocchia affidata ad inizio ottobre proprio al caro Don Mimì, stroncato nel giro di poche settimane da un male che si è rivelato incurabile. Al termine del rito officiato da Monsignor Pino Caiazzo, ha preso la parola Nunzio Falcicchio, nipote di don Mimì e sacerdote di Altamura per ringraziare tutta la comunità materana vicina in questo momento di dolore alla famiglia di suo zio e ha ricordato che la salma sarà tumulata nella cappella del Capitolo Cattedrale al cimitero di Matera di via IV Novembre E’ seguito un altro intervento di don Pierdomenico Di Candia, presidente del Capitolo Cattedrale.
Omelia per le esequie di Don Mimì Falcicchio nela Basilica Cattedrale di Monsignor Pino Caiazzo
Oggi la Chiesa celebra la festa della Dedicazione della Basilica Lateranense, la Madre di tutte le chiese. “Con gioia e letizia celebriamo oggi, fratelli carissimi, il giorno natalizio di questa chiesa: ma il tempio vivo e vero di Dio dobbiamo esserlo noi. Questo è vero senza dubbio. Tuttavia i popoli cristiani usano celebrare la solennità della chiesa matrice, poiché sanno che è proprio in essa che sono rinati spiritualmente.
Per la prima nascita noi eravamo coppe dell’ira di Dio; la seconda nascita ci ha resi calici del suo amore misericordioso. La prima nascita ci ha portati alla morte; la seconda ci ha richiamati alla vita. Prima del battesimo tutti noi eravamo, o carissimi, tempio del diavolo. Dopo il battesimo abbiamo meritato di diventare tempio di Cristo”. (S. Cesario di Arles, vescovo). E noi, come Chiesa Diocesana di Matera – Irsina, ci ritroviamo a celebrare questa mattina la terza nascita, la più dolorosa ma la più vera e la più bella: la nascita al cielo di Don Mimì. Un nascita che, pur creando tanto vuoto e dispiacere, dà la vita eterna.
Tuttavia ho voluto che venissero proclamate le letture del giovedì della XXXI settimana T.O. per la riflessione che vi propongo mentre ringrazio tutta la Chiesa qui presente: gli Ecc.mi Mons. Scandiffio, Mons. Favale, Mons. Pennacchio e uniti nella preghiera Mons. Ligorio e Mons. Cornacchia, tutti i confratelli sacerdoti, i Diaconi, i Religiosi e Religiose, i familiari di Don Mimì, le autorità, voi tutti fratelli e sorelle.
«Sia che viviamo, sia che moriamo siamo del Signore. Per questo Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi» (Rm 14,7-9).
Le parole di S. Paolo non sono comprensibili a tutti. Non è così per noi qui riuniti stamattina. Di certo un appuntamento non previsto, non cercato, non voluto. Ma siamo qui e davanti a noi c’è una bara e dentro un corpo ormai senza respiro, freddo così come solo la morte lo sa essere.
Proprio noi, comunità cristiana, uomini tra gli uomini, fragili tra fragili, non possiamo fermarci al gelido corpo senza vita. C’è un calore che, nella fede che professiamo, esce dal corpo del nostro caro Don Mimì e riscalda i cuori di ognuno di noi. E’ il calore della vita che ha il gusto e il respiro dell’eternità. Per cui queste parole di S. Paolo ci dicono di come la vita dei cristiani sia orientata.
Dovremmo sapere perché viviamo, perché moriamo, per chi moriamo, dove andiamo. A maggior ragione è chiamato a saperlo chi, chiamato da Gesù, ha consacrato la sua vita servendo lui e la sua Chiesa.
Il prete è diventato, non per merito suo, annunciatore di un messaggio di salvezza che, a volte, lui stesso dice ma non coglie profondamente. E’ lo Spirito che parla in lui e attraverso di lui.
Don Mimì, potremmo dire, ha sentito dentro di sé, che Lo Spirito Santo gli aveva installato il congegno di navigazione (nel linguaggio moderno si chiama GPS: navigatori,smartphone,tablet, smartwatch e orologi, solo per citarne qualcuno) che gli ha facilitato il suo itinerario terreno.
Si, cari fratelli e sorelle, oggi siamo esperti (l’ingegneria elettronica ce li mette nelle mani), di tanti congegni che ci permettono di percorrere strade che non conosciamo e arrivare a mete mai visitate. Basta sincronizzare il cellulare che ci dice tutto orientandoci, anche se a volte ci fa fare giri assurdi perché magari non è aggiornato o non collegato con il satellite.
Abbiamo fatto progressi incredibili: l’intelligenza dell’uomo mette nelle mani del medesimo invenzioni che l’aiutano ad orientarsi per non perdersi sulle strade della terra.
Dio, attraverso Gesù Cristo, ci ha rivelato che lui non è un’invenzione dell’intelligenza umana e che l’orientamento nella vita quotidiana è molto di più del percorrere strade asfaltate, scalare montagne, scendere a valle, sfrecciare in pianura. Dio è molto di più: è Spirito Santo, amore, fuoco che riscalda, luce che illumina, vento che trasporta verso una meta che nessun GPS potrà mai condurci: la vita eterna.
Così mi spiego le parole di S. Paolo, così l’ho colto nella vita del carissimo Don Mimì. Uomo e prete dalle mille risorse umane, dall’entusiasmo contagioso, dal sorriso disarmante, dalla giovinezza rinnovata. Piccolo tra i piccoli, giovane tra i giovani, adulto tra gli adulti, anziano tra anziani, malato e sofferente tra i malati e sofferenti, povero tra i poveri, peccatore tra peccatori.“Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore? Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò paura”?
Il Signore gli ha impiantato il GPS della vita e lui si è fidato, si è lasciato condurre, soprattutto quando ha capito che le parole di Gesù, nel Getsemani, dovevano diventate le sue: “E’ giunta l’ora”! Quell’ora che umanamente parlando tutti vorremmo allontanare ma che, chi vive le parole di S. Paolo, è pronto a dire: “Non come voglio io, ma vuoi tu o Padre”.
Don Mimì si è preparato, nonostante la paura del momento, lasciandosi avvolgere dalla potenza dello Spirito Santo per consegnarsi definitivamente nelle mani di Dio Padre. Sono certo che le ultime parole di Gesù sulla croce saranno state anche le sue: “Nelle tue mani, Signore, affido il mio spirito”.
Sapeva di non appartenere a se stesso ma al Signore. E infatti era entusiasta di essere prete. Uomo di comunione, capace di rinsaldare e unire cuori divisi anche tra il presbiterio. Aveva capito che la comunione presbiterale è esattamente il contrario dell’isolamento che crea sofferenze e malessere, quindi rottura. Ecco perché è stato amato da tutti i sacerdoti, giovani e meno giovani.
Il Signore gli ha dato la gioia di vedere tante vocazioni sia maschili che femminili che ha accompagnato nella loro formazione. Il 31 ottobre tra commozione e lacrime ha seguito in diretta, dalla sua stanza della Casa della Sofferenza di S. Giovanni Rotondo, l’ordinazione diaconale di Valerio e Giuseppe. Felice di averli visti se pur dal cellulare. Ho raccolto, da parte di tanti sacerdoti, testimonianze e legami spirituali molto profondi.
Ha lasciato scritto su alcuni fogli, datati 20 ottobre 2017, queste parole: Ringrazio immensamente il Signore per aver suscitato vocazioni al Sacerdozio (Valerio, Giuseppe, Stefano) di speciale consacrazione (Sr. Giovanna Paola, Sr. Daniela Nimi, Sr. Silvia Latorre) sono i frutti della preghiera per le vocazioni che non abbiamo mai omesso, con l’aiuto e l’impegno del Serra Club.
Ormai, Don Mimì, superando, direi, la velocità della luce, è entrato nella pienezza della Luce che è Dio stesso. Per noi cristiani questo è il fine della nostra esistenza: attraverso l’insegnamento di Gesù Cristo, “conoscere Dio Padre”. Ecco perché ha senso il dire di S. Paolo: «Sia che viviamo, sia che moriamo siamo del Signore».
La vita sacerdotale di Don Mimì è rimasta radicata in Dio riuscendo a resistere a tutte le provocazioni della vita, alle ingiustizie, alle solitudini. Ha sempre permesso al GPS divino di reimpostare il percorso sacerdotale e ministeriale ben sapendo che l’obbedienza nella vita di un prete è ricchezza per la sua vita e per quella della Chiesa. Un prete che a 72 anni è capace di rimettersi in gioco per quello che il Signore gli chiede attraverso il vescovo, è un prete che non ascolta le leggi della fisica, della carne e dei suoi desideri, ma quelle dello Spirito. E’ un prete che ama. E Don Mimì resterà sempre per tutti noi il prete che non si è fidato di se stesso e dei consigli interessati degli altri: si è fidato di Dio. Si è fidato anche quando il Primario (presenti anche io, le sorelle Paola eMaria, Don Francesco Gallipoli) ha spiegato con molta chiarezza che poteva accadere quanto nessuno di noi avrebbe voluto. Con il suo solito sorriso, sdrammatizzando e facendo battute, come lui solo sapeva fare, ha sfidato la morte e ha vinto. Dice ancora: Fiducio(so) nella perizia dei medici mi rimetto nelle Braccia del Signore sapendo che i suoi progetti sono diversi dai nostri. Sono pronto a fare memoria della mia vita, del lavoro svolto e di ciò che il Signore mi darà ancora da compiere nel resto della mia vita.
Non nascondo che mi turba in questi giorni il mistero della morte pur sapendo che sono nelle mani di Dio, per questo ringrazio il Signore del dono della vita e di come l’abbia potuto vivere.Si è spiritualmente preparato. Ci ha detto: “Mi son confessato, ho ricevuto l’Unzione degli infermi, ho celebrato l’Eucaristia. Sono pronto”.
Si, cari fratelli e sorelle, ha vinto Don Mimì, soprattutto quando, cosciente che stava per verificarsi quanto il Primario aveva detto, non ha esitato a confidare: “Me ne sto andando”. E’ vero, Don Mimì, se n’è andato per raggiungere e occupare il posto che Gesù, Maestro e Signore, gli aveva preparato in Paradiso. Ha sfiorato per poco il posto che gli avevo chiesto di occupare in questa Basilica Cattedrale.
Ancora dai suoi appunti troviamo scritto quanto dice proprio oggi il Salmista: Ed ora camminiamo verso la vita eterna. “Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco, abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore e ammirare il suo Santuario” (Sal 26,4). La vita alla quale quei giorni appartengono, anche quelli della mia vita, non conosce tramonto.
Quel 01 ottobre sembrava un bambino: emozionato, pieno di luce, contento e un po’ nostalgico per i suoi bambini e fedeli di S. Giovanni Battista che riempivano, come stamattina ogni spazio di questo luogo sacro. Non importa quanto ha servito questa comunità parrocchiale della Cattedrale: da qui sta partendo un messaggio che stiamo raccogliendo come eredità e che noi tutti porteremo per le strade della nostra città e della nostra Arcidiocesi di Matera – Irsina durante il percorso sinodale che abbiamo da poco iniziato. Siamo certi che, dal cielo, ci aiuterà e ci sosterrà pregando per noi.
Don Mimì è stato grato a Dio per il dono della vita e del ministero sacerdotale, per quanto ha ricevuto da tutti e nello stesso tempo chiedendo perdono. Con cuore di padre dice ancora: Sento il dovere di ringraziare tutti, chi mi ha dato alla luce, chi mi ha educato (zia Maria), benvoluto, aiutato, circondato di buoni esempi, di cure, di affetto, di fiducia e di stima. Di tutti costoro conservo un bel ricordo perché da tutti ho ricevuto tanti doni.
Il Signore vi benedica tutti e vi ricompensi per il bene che avete compiuto. A tutte le persone che ho incontrato chiedo umilmente perdono se sono stato causa di malintesi, incomprensioni, offese. Vi porto tutti nel cuore cosi come ringrazio il Signore per avermi fatto incontrare poveri, sofferenti e bisognosi, per me tutti costoro sono stati maestri di vita.
Rabbi di Gher dice: Considera tre cose: sappi da dove vieni, dove vai e davanti a chi un giorno dovrai rendereconto.
Carissimo Don Mimì, io vi dico grazie a livello personale e di tutta la nostra amata Chiesa di Matera Irsina.
Vi dico grazie perché i vostri consigli mi sono stati preziosi. La vostra continua preoccupazione per la mia vita spirituale e per la mia salute. Vi dico grazie per il bene che avete voluto ai preti. L’altro ieri, qualche ora prima della vostra nascita alla vita eterna, sono venuto accanto a voi nella sala della rianimazione, vi ho assolto per l’ultima volta e nell’orecchio vi ho detto: “I preti vi salutano tutti e vi vogliono bene”. Ho visto un sussulto nel vostro corpo e tanta serenità nel volto.
Vi dico grazie a nome di tutta la Chiesa di Matera – Irsina per come l’avete servita, amata e offerto le vostre sofferenze per il bene delle nostre comunità.
Ma dico grazie a tutti i familiari di Don Mimì, soprattutto a Paola e Maria: non l’avete mai lasciato solo, sempre vicine, notte e giorno. Grazie a tutti i nipoti e in particolare al nipote prete, don Nunzio, del quale era orgoglioso.
Alla Madonna della Bruna ci affidiamo affinchè ci aiuti a vivere questo momento di distacco nella consolazione della fede.
Don Mimì da buon pastore che è andato sempre alla ricerca delle sue pecore e di quelle perdute, ora, a noi che siamo nel pianto ci dice: “Rallegratevi con me perché ho incontrato Dio. Oggi in cielo c’è festa”. Che questa celebrazione, nonostante il dispiacere del momento, diventi festa insieme agli Angeli ai Santi, cantando ad una sola voce la santità di Dio: “Santo, Santo, Santo”! Amen!
Don Domenico Falcicchio, nato ad Altamura il 30 Settembre 1945, è stato ordinato sacerdote da papa Paolo VI il 17 Maggio 1970. E’ stato parroco a Matera presso San Giovanni Battista, è stato membro del Collegio dei Consultori, è stato membro del Consiglio Presbiterale, è stato responsabile della Zona Matera, Canonico del Capitolo Cattedrale, Direttore dell’Archivio ordinario Curia diocesana, dal 2 ottobre 2017 Parroco presso la cattedrale Maria SS della Bruna di Matera, Amministratore parrocchiale della Parrocchia S. Giovanni Battista di Matera, Procuratore chiesa S. Biagio di Matera, Rettore della chiesa S. Domenico di Matera, Rettore della chiesa S. Rocco di Matera, Rettore della chiesa Purgatorio di Matera, Rettore della chiesa S. Francesco d’Assisi di Matera, cappellano del Serra Club di Matera e del Distretto 73 del Serra International.
“Sembra incredibile come il male, scoperto da pochissimo tempo, lo abbia distrutto, dopo aver superato brillantemente un intervento chirurgico di qualche giorno fa ed essersi ripreso bene. Abbiamo perso una colonna nella nostra Chiesa di Matera- Irsina – ha detto mons. Antonio Giuseppe Caiazzo che gli è stato vicino amorevolmente – ma abbiamo un intercessore in cielo per questa Chiesa che ha amato senza riserve. Sono certo che la Madonna e tutti i Santi staranno facendo festa in cielo, anche se i nostri occhi sono pieni di lacrime e le nostre guance bagnate”. I confratelli sacerdoti hanno detto all’arrivo della notizia: “Abbiamo perso un Fratello buono, allegro, sempre disponibile, innamorato di Cristo, del sacerdozio, della Chiesa e lo ritroviamo più sorridente che mai al cospetto di Dio, fonte della vera gioia e amante della vita. Mite e festoso ti appaia il Volto di Cristo e possa Tu contemplarlo per i secoli in eterno”.
Scomparsa don Mimì Falcicchio, nota consigliere regionale Achille Spada (PD)
Si è spento l’amatissimo don Mimì Falcicchio, Storico parroco della chiesa di San Giovanni a Matera.
Ordinato sacerdote da papa Paolo VI il 17 Maggio 1970, era divenuto il nuovo parroco della Cattedrale di Matera. E’ stato un grande riferimento spirituale per tantissime generazioni.
Mi sento quindi di ricordarlo con le splendide parole espresse da S. E. Mons. Pino Caiazzo, “abbiamo un intercessore in cielo per questa Chiesa che ha amato senza riserve”.
I funerali di don Mimì Falcicchio (foto www.SassiLive.it)