Rapporto svimez, Gruppo Cestari: “Cosa possono (e devono) fare le imprese”. Di seguito la nota integrale inviata alla nostra redazione.
Il Rapporto Svimez mette tutti – classi dirigenti e politiche, forze sociali ed imprenditoriali – di fronte ad un interrogativo: come fa il Sud ad agganciare la ripresa che pure è in atto nel Paese, sia pure non con la velocità che tutti vorremmo? E’ su questo interrogativo che il Gruppo Cestari costruisce la sua attività di promozione e sviluppo delle imprese, di rafforzamento dell’internazionalizzazione, di impulso alla cooperazione tra imprese ed istituzioni regionali-locali (come i numerosi protocolli siglati tra enti lucani e campani, ecc.) di penetrazione nei mercati, di consulenza ed assistenza all’imprenditoria anche meridionale, di sostegno ai programmi Matera 2019-Basilicata Attrattiva 2019.
Prendiamo atto che il Mezzogiorno “non è un vuoto a perdere”, ma per rendere la crescita strutturale c’è bisogno di mettere mano ad alcuni nodi che il Rapporto Svimez delinea bene e che hanno a che fare con il crescente profondo gap infrastrutturale, con il nuovo dualismo geografico determinato dai giovani meridionali formati nelle migliori università che vanno via e i meridionali che rimangono, trovano lavoro ma a reddito basso, che ha a che fare con il desolante, dice la Svimez, gap burocratico e amministrativo che continua a separare i cittadini e le imprese da una crescita ragionevole.
Intanto il punto dolente delle infrastrutture.Il crollo della spesa per infrastrutture nell’ultimo cinquantennio è stato del 2 per cento medio annuo a livello nazionale con un divario profondo ( un -0,8 per cento nel centro-Nord e -4,8 nel Sud). In termini pro capite, gli investimenti in opere pubbliche nel 1970 erano pari a livello nazionale a 529,6 euro, con il centro-Nord a 450,8 e il Mezzogiorno a 673,2 euro. Nel 2016 si è passati a 231 euro a livello nazionale, con il centro-Nord a 296 e il Mezzogiorno a meno di 107 euro pro capite. Dunque il gap infrastrutture-logistiche resta la prima emergenza. E in questo – si legge nella nota – non ci possono certamente tranquillizzare le rassicurazioni del Ministero alle Infrastrutture sul rispetto dei tempi per l’ultimazione al 2022 della Matera-Ferrandina. Per rendere la Basilicata e il Mezzogiorno non solo attraenti ma anche attrattivi, occorre agire sul contesto nel quale c’è la storica questione dell’aviosuperficie di Pisticci che ha tutte le carte in regola per diventare dal 2018 (quattro anni prima della Matera-Ferrandina) aeroporto.
Gli economismi mettono in guardia: la soluzione ai problemi strutturali dell’economia italiana, e meridionale in particolare, non verrà da una ripresa internazionale a cui “agganciarsi”, ma dal riavvio di un solido e durevole processo di sviluppo. E lo sviluppo di un’area di 20 milioni di abitanti, come il nostro Mezzogiorno, dipende dall’interazione dei fattori regionali, nazionali e sovranazionali, da ricondurre tutti a un disegno coordinato e coerente. La questione meridionale è oggi una questione europea. Bisogna partire dunque dal livello europeo dove il protagonismo del Mezzogiorno potrà realizzarsi soltanto nell’ambito di un rinnovato interesse, dell’Europa e dell’Italia, per la frontiera mediterranea.
Nel Rapporto si evidenzia, in proposito, come, con tutta la complessità e le contraddizioni nell’area, il Mediterraneo conservi un rilievo strategico per l’Italia e per il Sud. Da anni, la SVIMEZ suggerisce di assumere l’opzione mediterranea come orizzonte strategico, anzitutto per l’Europa, con una politica che vada ben oltre la gestionedei flussi migratori. Il Mediterraneo significa logistica, scambi commerciali, filiere agroalimentari, e anche per questo le ZES sono fondamentali, significa gestione di grandi infrastrutture e appalti di opere pubbliche, che l’Italia, un po’ paradossalmente, sa realizzare nel mondo ma non riesce a fare a casa propria.
Infine si rafforzi la consapevolezza che oggi il problema non è più far arrivare investimenti e capitali al Sud quanto piuttosto dare certezza ed assicurare velocità.