Un Ungaretti segreto e vitale, che all’età di 78 anni si riscopre innamorato di una giovane donna di 26, diventata sua amante e musa ispiratrice, è stato raccontato nell’appuntamento del “FurorSinisgalli 6” organizzato dalla Fondazione Leonardo Sinisgalli a Matera lo scorso 9 ottobre presso Palazzo Lanfranchi. Una sala gremita soprattutto da tanti studenti del Liceo Classico “Duni” di Matera, ha partecipato alla presentazione del volume “Lettere a Bruna” (Mondadori, Milano 2017) curato dal docente, poeta e saggista Silvio Ramat, che in esso ha raccolto ben 377 lettere inedite scritte da Giuseppe Ungaretti a Bruna Bianco, conosciuta nel 1966 a San Paolo del Brasile durante un viaggio per un ciclo di conferenze.
Per un libro di tale pregio, la prima presentazione a Sud, dopo quella a “Pordenone legge” alla presenza della Bianco, non poteva che essere nella Capitale Europea della Cultura 2019, come ha sottolineato Biagio Russo, direttore della Fondazione ad apertura dell’incontro. A dare il benvenuto a relatori ed ospiti, la “padrona di casa” Marta Ragozzino, direttrice del Polo Museale Regionale della Basilicata e Patrizia Di Franco, Dirigente scolastica del Duni, che con entusiasmo ha accolto la proposta formativa rivolta ai suoi studenti. Proprio loro sono stati i veri protagonisti dell’incontro, sia leggendo con grande trasporto e passione alcune delle lettere di Ungaretti rivolte alla sua amata, sia partecipando numerosi e attenti ad una lezione fuori dalle classiche aule scolastiche.
A dialogare con il curatore, la docente dell’Università della Basilicata, Maura Locantore, profonda conoscitrice del genere epistolare, che attraverso la sua analisi ha messo in luce come il volume di Ramat sia riuscito ad aggiungere una pagina importante alla biografia di Ungaretti attraverso il fil rouge della poesia. È per mostrare i suoi versi, infatti, che la giovane Bruna si avvicina al grande poeta, facendo scoccare la scintilla di un amore, vissuto prevalentemente a distanza, per circa tre anni. Ed è sempre la poesia a permeare il dialogo epistolare, fra gli esercizi poetici di Bruna che Ungaretti guida come suo precettore e i componimenti dello stesso Ungà, immerso grazie alla sua Musa in una nuova stagione creativa.
Nella poesia ungarettiana prodotta negli stessi anni delle lettere, si trovano le tracce di questo “furor” d’amore che il poeta definisce “demente”, ma che forse è più da intendersi come “de-mente”, nel senso di intellettualistico. All’interno del libro, la quotidianità diventa infatti lo spunto per l’ispirazione poetica, da cui si generano nello stesso tempo dei veri e propri estratti di saggi, di reportage di viaggio, fino ad arrivare alla forma del romanzo epistolare. Come ha spiegato in chiusura Ramat, in questo libro si riflette la biografia del grande poeta, raccontata con il cuore in mano. Ancora oggi la Bianco, diventata un importante avvocato, una moglie e una madre e abbandonata la strada della poesia, continua a non dimenticare il suo Ungà e a sentirsi da lui sempre guidata.