Siapprovi prima della fine della legislatura la legge sul biologico ferma da mesi in Senato. La Cia-Agricoltori Italiani e la sua associazione di riferimento per il settore, Anabio, si mobilitano per l’approvazione del ddl.
In una nota congiunta Cia e Anabio evidenziano che in Basilicata sono 5340 le aziende agricole che hanno rinunciato all’impiego di concimi chimici e fitofarmaci di sintesi operando nel rispetto dell’uomo e dell’ambiente. Si tratta principalmente di aziende ad indirizzo cerealicolo-foraggero che unite ai prati pascolo e ai boschi, costituiscono più dell’80% dell’attività biologica territoriale; a seguire le aziende olivicole, frutticole, orticole e zootecniche.
Considerato che, ad oggi, circa 116 mila ettari dei 538 mila totali costituiscono la superficie agricola destinata al biologico, risulta che quasi un quarto della SAU regionale è destinata a questo metodo di produzione.
Su questa crescita (nel giro di un anno le aziende biologiche sono quasi raddoppiate) molto hanno inciso le politiche di sviluppo rurale messe in atto fino ad ora dalla Regione Basilicata, prevalentemente con gli aiuti al reddito concessi a quegli agricoltori che hanno adottato, sull’intera superficie aziendale, tecniche biologiche.
Per questi motivi, secondo Cia e Anabio, con la programmazione dello sviluppo rurale 2014-2020 il biologico deve porsi ambiziosi obiettivi: innanzitutto raddoppiare le superfici e il numero degli operatori e creare filiere in nuovi settori, rafforzando quelli già strutturati. Poi sviluppare l’aggregazione e la logistica e istituire distretti biologici volti a valorizzare l’ambiente, la storia, le tradizioni, la cultura di un determinato territorio. E ancora: sviluppare la zootecnia “bio” e le relative filiere a cominciare dalla produzione di alimenti biologici per animali, dando particolare attenzione all’alpeggio e alla monticazione. Inoltre, bisogna dare priorità ai giovani che praticano l’agricoltura biologica e istituiscono fattorie sociali e didattiche e intraprendono programmi di trasformazione in azienda, per agriturismi biologici, per la produzione di erbe officinali. Infine è necessario andare nella direzione di abbattere i costi di certificazione del “bio” tramite parziale rimborso, adottando modalità di rendicontazione semplice.
Il disegno di legge sul biologico ha, tra i suoi punti salienti, il riconoscimento e la disciplina dei bio-distretti; l’introduzione dei contratti di rete tra imprese della filiera biologica, la circolazione delle sementi per assicurare la tutela e la circolazione della biodiversità; l’introduzione di una formazione specifica sul biologico, che attualmente le Istituzioni non contemplano.
In più, l’approvazione di questa legge consentirebbe all’Italia di potenziare alcuni aspetti qualitativi delle produzioni biologiche, che il Regolamento comunitario ha lasciato in sospeso, rinviandoli di fatto di dieci anni (deroghe e soglie di contaminazione), rendendo le imprese agricole bio ancora più competitive.
Regole e norme innovative che non si può rischiare di dispendere. Per questo Cia e Anabio chiedono al presidente del Senato Pietro Grasso di compiere ogni tentativo per inserire il prima possibile la discussione in aula sul provvedimento.