Domenica 17 dicembre 2017 alle ore 19,30, presso la sede della Momart Gallery di Matera in piazza Madonna dell’Idris di Matera, s’ inaugura la mostra di Vittorino Curci “Drawing badly in the right way”, a cura di Antonella Marino.
“Curiosi personaggi stilizzati e pedomorfici popolano quadretti dai colori vivaci di Vittorino Curci , in cui sfondi monocromi o con tessiture astratte si integrano a sintetiche silhouettes di omini, cose, animali che fissano situazioni ordinarie dal risvolto comico, enigmatico o surreale. Il tutto sottolineato dall’inserzione di scritte che spaziano dallo slang dell’inglese globale all’ idioma dialettale, dall’onomatopea alla battuta salace, da riferimenti di cronaca a più profonde annotazioni di carattere esistenziale…
L’ aspetto ingenuo ed elementare dei suoi lavori è però il risultato di una precisa strategia: che trasforma il disegnare male, “drawing badly”, in modalità di agire “in the right way”, come indica il titolo della mostra. Nell’opportunità, cioè, di sovvertire regole e schemi precostituiti: evidente anche dal dispositivo di esposizione, l’allestimento a parete di un puzzle di frammenti dipinti, ricomponibili a piacimento con variazioni ritmiche che riprendono li metodo di improvvisazione jazzistica a lui caro.”(A.Marino)
Testo critico
“L’umanità si prende troppo sul serio. E’ il peccato originale del mondo. Se l’uomo delle caverne fosse stato capace di ridere, la storia avrebbe avuto un altro corso”, scriveva Oscar Wilde. E Palazzeschi puntualizzava: “gli uomini che prendono sul serio gli altri mi fanno compassione. Quelli che prendono sul serio se stessi, mi fanno sganasciare dalle risa”.
Di certo Vittorino Curci ha l’intelligenza di non prendere troppo sul serio se stesso e il mondo,quello dell’arte compreso. Il registro su cui operaèinfatticonnotato da una “leggerezza pensosa”, da un’autoironia cosciente che “l’umorismo è un modo per dire qualcosa di serio” (Thomas Eliot). I suoi dipinti e disegni tratteggiati su piccole superfici di tela o di carta anche d’imballaggio, con cornicette di varie fogge e stili, hanno una cifra popular, vignettistica, infantile, che attinge con disinvoltura al repertorio del fumetto d’autore come alla street art, a certa arte naif e ad una tradizione colta di immediatezza espressiva che attraversa la storia dell’arte contemporanea da Picasso a Klee, Kandinsky, Mirò. Passando per l’Art Brut di Dubuffet o il primitivismo grottesco del gruppo Cobra, fino alle più recenti esperienze della californiana Mission School.
Curiosi personaggi stilizzati e pedomorfici popolano i suoi quadretti dai colori vivaci, in cui sfondimonocromi o con tessiture astrattesi integrano a sintetiche silhouettes di omini, cose, animali che fissano situazioni ordinarie dal risvolto comico, enigmatico o surreale. Il tutto sottolineato dall’inserzione di scritte che spaziano dallo slang dell’inglese globale all’ idioma dialettale, dall’onomatopea alla battuta salace, da riferimenti di cronaca a più profonde annotazioni di carattere esistenziale…
Difficile inquadrare il lavoro di Vittorino Curci in uno schema o in una tendenza. Come il “perfetto dilettante” di cui parla Cesare Pietroiustiquale prototipo di artista che si sottrae agli specialismi della società tecnologica, Vittorino mescola riferimenti e ambiti linguistici, contamina l’immaginario visivo con la poesia e la musica. Conseguenza del suo sfrangiato talento eclettico, che l’ha fatto emergere e affermare come poeta e sassofonista prima ancora che artista. Ma esito anche della scelta voluta di un versante comunicativo antintellettualistico, che lo ha spinto a “dimenticare a memoria” (come usa dire Achille Bonito Oliva citando Vincenzo Agnetti) le tecniche e le abilità acquisite nel periodo di formazione all’Accademia di Belle Arti di Roma, negli anni Settanta. Per abbracciare un personalissimo mix stilistico capace di rivolgersi a tanti, di far riflettere divertendo.
“Mi sembra chiaro che l’arte non è un’attività elitaria riservata all’apprezzamento di pochi. L’arte è per tutti,e questo è il fine su cui voglio lavorare”. Di sicuro Vittorino Curci sottoscriverebbe queste parole di Keith Haring. Nonché il concept di una “art for all”professato dal provocatorio duo Gilbert & George. L’ aspetto ingenuo ed elementare dei suoi lavori è infatti, come accennato, il risultato di una precisa strategia: che trasforma il disegnare male, “drawingbadly”, inmodalitàdi agire “in the right way”, come indica il titolo della mostra. Nell’opportunità, cioè, di sovvertire regole e schemi precostituiti: evidente anche dal dispositivo di esposizione, l’allestimento a parete di un puzzle di frammentidipinti, ricomponibili a piacimento con variazioni ritmiche che riprendono il metodo di improvvisazione jazzistica a lui caro.
Dietro l’allure dilettantesca, dietro il gusto per il paradosso e il grottesco, dietro l’apparenza di un caos sia pur ordinato, si cela dunque da un lato unaimplicita critica alle convenzioni del sistema artistico. Dall’altro un’allegra e scanzonata, ma in realtà serissima, allegoria della condizione umana. La chiave ce la offre in tal senso una considerazione di Picasso: se “il mondo non ha senso, perché dipingere immagini che ne hanno”?
Antonella Marino