Le festività di Natale e Santo Stefano sono state l’occasione per Giovanni Baldantoni, presidente di Palazzo Italia Bucarest, quartiere generale dell’Associazione Lucani nel Mondo, per rientrare in Basilicata e presentare a titolari di imprese alimentari e a produttori lucani le novità del progetto partito da Bucarest nei mesi scorsi in sintonia con la FIC (Federazione Italiana Cuochi) Romania da estendere in tutti i Paesi Balcanici e in Germania.
In stretta sintonia con le intese tra la FIC di Rocco Pozzullo e la Regione, ultima quella qualche giorno prima di Natale con l’incontro con il Presidente Pittella, sono state intensificate le attività del progetto “mangia lucano” con serate promozionali in tanti ristoratori e locali e, con la supervisione della presidente della FIC Romania, Enza Barbaro, si stanno svolgendo corsi di formazione per realizzare una nuova leva di chef ai quali trasmettere l’arte della nostra cucina. I primi diplomi sono stati rilasciati a chef romeni che adesso sanno cucinare italiano.
E’ l’alimentare tipico e di qualità lucano – dice Baldantoni – l’elemento più importante per i mercati dei Paesi Balcanici e la Germania dove Palazzo Italia ha sedi decentrate. La recente settimana della cucina e della musica italiana, promossa insieme alla delegazione romena della Federazione Italiana Cuochi, impegnata a formare nuovi cuochi e a diffondere la cucina della nostra regione, ha rappresentato un ulteriore successo per il made in Italy a conferma del crescente potenziale rappresentato dal mercato estero. Di qui l’occasione delle festività per incontrare produttori, titolari di piccole imprese interessati nello specifico ai Balcani e alla Germania. L’obiettivo – spiega – è quello di realizzare una piattaforma web per esportare produzioni alimentari lucane e meridionali nei Balcani.
Quanto al fenomeno dei lucani ed in generale degli italiani migranti, tanti di ritorno nei nostri centri per le festività – sottolinea Baldantoni – ha caratteristiche e motivazioni diverse rispetto al passato. Riguarda fasce d’età e categorie sociali differenti. I flussi tuttavia non si sono fermati e, talvolta, rappresentano un segno di impoverimento piuttosto che una libera scelta ispirata alla circolazione dei saperi e delle esperienze. I giovani, però devono poter tornare. E il compito che svolgiamo nei Balcani (oltre che in Romania, in Serbia, Ungheria, Repubblica Ceca) e in Germania– spiega Baldantoni – è quello di intercettare questi nuovi emigrati: sono almeno 55mila gli under 40 che nel 2016 hanno lasciato l’Italia e trasferito la propria residenza all’estero, chi per cercare fortuna, chi per inseguire un lavoro, una passione o una nuova carriera. Immigrati, expat, foreign professionists con meno di 40 anni rappresentano la metà circa del totale dei trasferimenti di residenza che gli italiani hanno registrato. Per i giovani, si tratta in pratica di 3,3 trasferiti all’estero ogni mille under 40, in aumento del 34,3%. Rispetto al passato, si tratta di una emigrazione più limitata nel tempo e di qualità almeno per quanto riguarda le partenze dalle metropoli del Nord. Spesso si tratta di giovani mandati all’estero dalle famiglie (imprenditori o professionisti della media borghesia settentrionale) per studiare o comunque acquisire conoscenze, competenze e know-how da riversare poi, una volta rientrati in Italia, nelle attività professionali familiari o personali. È un fenomeno, a cui stiamo assistendo ormai da qualche anno. Noi puntiamo a farli diventare moderni imprenditori, liberi professionisti, ambasciatori del “made in Italy” con un collegamento costante tra i Paesi di lavoro e l’Italia, una sorta di “pendolari” del lavoro all’estero.