Riceviamo e pubblichiamo alcune riflessioni del politologo materano Franco Vespe sul recupero della memoria politica del nostro paese. Riscoprirla per poter ripartire con nuove speranze. Di seguito la nota integrale inviata alla nostra redazione.
Una cosa davvero incredibile è la percezione che la gente ha della storia recente del nostro paese. Una percezione che getta luci inquietanti sulla capacità della nostra nazione di rialzarsi e ripartire. Una percezione anacronisticamente ancorata alle due ideologie che si sono combattute nel 900. I modelli che vengono richiamati ed apprezzati sono quelli dell’uomo“forte” mandato dalla provvidenza come Mussolini/Hitler/Stalin o, il loro alter-ego moderno Putin. Gli stessi movimenti giovanili politicizzati (i pochi) o sono di ispirazione fascista/nazista , oppure comunista. La cosa più penosa è vedere giovani strilloni per la strada che vengono giornali che hanno la pretesa di rendere ancora attuale il comunismo. Ma torniamo al fascismo. Nell’opinione pubblica corrente poco informata si crede che Mussolini poi alla fine non abbia fatto tanto male. Si crede che abbia modernizzato il nostro paese compiendo opere pubbliche di una certa rilevanza. E’ così forte questa convinzione che, per esempio, si crede che la bonifica del Metapontino sia stata opera del fascismo. Niente di più falso. Fu opera della riforma agraria del dopoguerra dei governi repubblicani . Ci consumiamo così in una diatriba anacronistica quanto grottesca su ideologie che la storia ha bocciato senza appello, quando invece ignoriamo la grandezza raggiunta dal nostro paese nella prima fase della sua storia repubblicana. Una storia totalmente rimossa o, quel che è peggio, marchiata con l’infamia di essere statala I repubblica democristiana.Ma nella prima fase della nostra repubblica siamo stati i primi al mondo nel campo della chimica con il premio nobel Natta e le grandi industrie del settore. Dopo USA ed URSS siamo stati i primi a metter piede con Luigi Broglio nello spazio ed i primi ad usare con Felice Ippolito il nucleare per scopi pacifici. Con Adriano Olivetti abbiamo realizzato per primi al mondo iPersonal Computer. Con Enrico Mattei abbiamo creato una compagnia petrolifera che competeva a livello mondiale con le sette sorelle. Con Pasquale Saraceno e la Cassa per il Mezzogiorno la forbice delle differenze fra Nord e Sud, allargatasiin modo indegno ed allarmante con il regime fascista, si ridusse drasticamente tanto da accarezzare e rendere tangibile il miraggio della parità fra le due italie agli inizi degli anni 70. Poi, impossibile a crederci, la lira agli inizi degli anni 60 era una delle monete più robuste al mondo. Una grandezza, come dicevamo, completamente rimossa o dimenticata nel dibattito storico politico odierno. Ha invece senso cercare di capire quali furono le ragioni di quello straordinario sviluppo del nostro paese non per abbandonarci alla “nostalgia”. Ci potrebbe far riscoprire risorse preziose che sono ancora oggi in circolazione nel nostro paese e che noi o stiamo ignorando, oppure dolosamente e criminalmente non stiamo valorizzando.
Non a caso ho associato alle eccellenze raggiunte del nostro paese nei diversi settori i nomi delle persone che pilotarono questo sviluppo. I primi anni repubblicani consegnarono le sorti del nostro paese ad una classe dirigente di straordinario livello. Una classe dirigente selezionata e forgiata sui tavolacci delle prigioni fasciste o di lunghisssimi anni di penoso esilio. Una classe dirigente è tale e degna prima di tutto dal punto di vista etico-morale. La loro passione civile era stata rigorosamente certificata dalla guerra e dalla Resistenza. In secondo luogo la politica svolgeva pienamente il suo dovere. Selezionava e formava adeguatamente la sua classe dirigente e definiva con coraggio strategie e programmi politici lungimiranti e rispettosi delle competenze presenti nella società (ecco il perché dei nomi!). Per capire qual è stato però l’ingrediente fondamentale usato per favorire lo sviluppo post-bellico italiano mi rifaccio ad un commento di una saggia ristoratrice di Roma raccolto nel periodo in cui esplose tangentopoli: “A dottò ’, prima l’Italia era nelle mani dei giovani, oggi è in quelle dei ladri!”. Ebbene per la sua ricostruzione l’Italia si era affidata alle energie dei giovani. Quando si parla della categoria dei giovani non dobbiamo pensare solo ai dati anagrafici o alla vivacità vitalistica che comporta un’età dai piccoli numeri -faremmo lo stesso errore fascista che cantava giovinezza..e forze politiche questo errore lo stanno continuando a fare ancora oggi- ma alla capacità di un paese di mettere in circolazione energie nuove e vitali e, soprattutto, di alimentare ed organizzare nuove e rinnovate speranze collettive.Oggi è proprio questo che manca nel nostro paese. Ma perché siamo sprofondati in questo baratro della disperazione?In Italia abbiamo bruciato tante speranze ed opportunità in questi ultimi 25 anni tanto da rendere sempre più difficilie pesanti le “ripartenze”. Mattarella con il suo bel discorso di fine anno, ha dato una spiegazione straordinariamente efficace della crisi odierna del nostro paese. “Non possiamo vivere nella trappola di un eterno presente, quasi in una sospensione del tempo, che ignora il passato e oscura l’avvenire, così deformando il rapporto con la realtà. La democrazia vive di impegno nel presente, ma si alimenta di memoria e di visione del futuro”. L’esercizio di riscoprire la recente grandezza dell’Italia post-bellica di cui si è parlato, non può che far bene, per rafforzare l’autostima del nostro paese e per ri-guadagnare quella profondità temporale di cui parla il nostro Presidente.