L’oramai plurisecolare problema del mancato collegamento ferroviario di Matera e dei territori limitrofi alla rete ferroviaria statale impone un approfondimento delle conoscenze, che affidiamo allo storico materano Gianni Maragnio. Di seguito la nota integrale.
Era il 26 maggio del 1906 quando l’aviglianese Emanuele Gianturco si insediò nel ruolo di Ministro dei Lavori Pubblici, generando grandi aspettative tra i cittadini della Basilicata.
Il ventennio successivo all’unità del Paese, aveva visto la realizzazione di importanti infrastrutture, fondamentali nel collegare e tenere unito un Regno di nuova istituzione. La strada ferrata Eboli-Brindisi, che entrò in esercizio 1876, attraversando la valle del Basento raggiunse Potenza, capoluogo della provincia di Basilicata, ma lasciò isolata Matera, capoluogo di Circondario, che più di tutti contribuiva in termini di tasse e apporto di ricchezza ai fabbisogni della provincia, con gravi danni per il commercio e le attività economiche.
Eppure già dal 1864, la municipalità insieme alla comunità materana si prodigò per ottenere un collegamento ferroviario adeguato, sostenendo anche costi economici notevoli per l’approntamento dei progetti.
Il documento che segue è estremamente indicativo del grado di sfiducia che dopo quasi 50 anni di richieste disattese, nel 1907 la società civile materana inviò al Governo:
Associazione Democratica G.B. Torricelli
Matera
Egregio Signore,
Mi pregio di comunicare alla S.V. il seguente ordine del giorno votato ad unanimità dall’Assemblea nella sua riunione del 19 corrente, con grandissimo concorso di soci:
L’Associazione Democratica G. Battista Torricelli di Matera, riunita in Assemblea, oggi, 19 febbraio 1907;
considerando
Che la città di Matera ha, per antichi impegni di uomini di Governo e per effetto della legge per la Basilicata, diritto alla ferrovia;
e che dal Governo furono qui mandati molti ingegneri a studiare quel che si doveva credere fosse già stato studiato abbastanza;
e che in fine niente ancora fa sperare in un pronto principio dei lavori pel tronco Altamura – Matera – Ferrandina;
fa voti
Al Governo del Re, perché non tardi più oltre a soddisfare alla giusta aspettazione dei Materani, con la pronta costruzione, a spese dello Stato, del sullodato tronco Altamura-Matera-Ferrandina.
Inoltre, al Rappresentante politico e al Consiglio Comunale di Matera, di unire la loro voce autorevole a quella dell’Associazione, perché i diritti della città non siano più a lungo misconosciuti, e perché da chi deve sia presto provveduto in conformità della Legge.
Con stima
Matera, 29 Febbraio 1907.
Il Presidente
Antonio Di Donna
Pochi mesi dopo, il 6 novembre del 1907, Emanuele Gianturco cessò come Ministro dei Lavori Pubblici e le speranze riposte furono frustrate dai successivi provvedimenti del Governo, che continuò a ignorare le richieste del territorio materano. L’opposizione a tale ingiustificata indifferenza, definita la turlupinatura della ferrovia, si sviluppò in forme disparate. Ne rendono testimonianza fiumi di inchiostro e tonnellate di carta, che hanno denunciato uno scempio già da allora intollerabile.
La sentenza che segue, descrive un episodio emblematico.
Pretura di Matera
In nome di Sua Maestà Vittorio Emanuele III
Per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d’Italia
il Pretore del mandamento di Matera signor Avv. Murante Giuseppe Clemente, alla pubblica udienza penale del di 18 luglio 1908 ha emessa la seguente sentenza nel procedimento penale a carico di:
Andriulli Vito Nicola di Pietro di anni 18, Santantonio Giovanni Benvenuto di Nicola di anni 28, Andrisani Francesco Paolo di Francesco Saverio di anni 24, Morelli Giuseppe di Gaspare di anni 19, Padula Giuseppe di Damiano di anni 23, Falconieri Francesco Saverio fu Domenico di anni 37, Eletto Francesco Paolo di Emanuele di anni 19, Radogna Michele fu Domenico di anni 57, Dubla Leonardo di Eustachio di anni 19. Tutti di Matera.
Il primo scrivano; il secondo pastaio; il terzo commerciante; il IV muratore; il V carpentiere; il VI commesso; il VII ozioso; l’VIII fabbro ferraio; il IX proprietario.
imputati di
a) di avere promossa e diretta una pubblica dimostrazione con bandiere senza il preavviso della Pubblica Sicurezza
b) di non aver ubbidito all’intimazione di sciogliersi fatta dal tenente dei Carabinieri ripetuta dal Delegato di Pubblica Sicurezza.
c) di avere disturbata la quiete pubblica e privata essendo passata la dimostrazione per la piazza di San Francesco, dove si celebrava la festa di San Antonio in Matera il 14 giugno 1908 verso le ore 21:30 pomeridiane.
Art. 1.3.e 6 della legge di Pubblica Sicurezza 23 gennaio 1888; 434 e 457 del Codice Penale.
Letti e discussi gli atti della causa udito il facente funzioni da Pretore mandamentale nelle sue orali conclusioni.
Uditi i difensori di tutti gli imputati, e costoro che per ultimi ebbero la parola
osserva in fatto
durante la discussione parlamentare del bilancio dei Lavori Pubblici cominciò una viva agitazione in questa città per la costruzione della ferrovia Grumo-Ferrandina, manifestazione in voti e proteste presso il Governo del Re e poi in pubbliche dimostrazioni. L’ultima di queste ebbe luogo il 14 del detto giugno immediatamente dopo una riunione tenuta nella Società Operaia “Principe di Napoli”: preceduta da alcune bandiere ed emettendo grida di evviva ed abbasso, giro per le vie principali; fermandosi sotto il Palazzo della Sottoprefettura. Quivi si trovarono pronti il Delegato di Pubblica Sicurezza colla fascia tricolore ed il Tenente dei Carabinieri con altri agenti e sotto ufficiali della benemerita, che in nome della legge invitarono ripetutamente i dimostranti a sciogliersi procedendo poscia all’arresto di alcuni di essi per motivi di Pubblica Sicurezza, e con rapporto del giorno successivo denunziavano a questa giustizia tali prevenuti per rispondere delle contravvenzioni come in rubrica.
in dritto
La prima indagine a farsi è se la dimostrazione del 14 giugno u.s. fu una riunione pubblica vera e propria predisposta e preordinata ai sensi dell’Art. 1 della legge di P.S. o non piuttosto un assembramento fortuito e materiale di gente disposta a fare un po di chiasso e nient’altro: ogni altra indagine diretta ad accertare il turbamento dell’ordine pubblico, che poteva derivare da una tale dimostrazione, in rapporto specialmente all’indole della popolazione, è frustrante ed inopportuna come quella che rientra negli apprezzamenti dell’autorità di Pubblica Sicurezza che non possano essere sindacati dall’autorità Giudiziaria, che deve limitare unicamente a vedere sé la legge suindicata, e se furono rispettate tutte le forme poste a garanzia della legge stessa. Che nella specie si sia trattato di una dimostrazione avente il carattere di una riunione vera e propria è risultato chiaramente da parecchia circostanze: l’agitazione per la ferrovia, che teneva in fermento la popolazione da parecchi giorni prima; i voti e le proteste fatti dai sodalizii operai; il preavviso per la dimostrazione che fu fatto, ma non in tempo debito al Sotto Prefetto; l’essere questa avvenuta immediatamente dopo la riunione tenuta nella Società Operaia “Principe di Napoli”; l’essersi trovato già pronto con bandiere un nucleo di persone; che poi una buona accolta di monelli avessero anche seguito i dimostranti, data l’indole curiosa di quella ragazzaglia, non può menomare l’importanza dei fatti accennati, che violano chiaramente, oltre che il concerto prestabilito, il proposito di fare un atto di volontà collettiva, che avrebbe dovuto impressionare la colerità.
Quanti furono i promotori della dimostrazione?
Non può aversi alcun dubbio sul conto di Andriulli Vito Nicola, che il Maresciallo dei Reali Carabinieri, il V. Brigadiere Volpe hanno additato come il principale dei promotori: fu egli che fece il preavviso alla Sotto Prefettura ma, non avendolo fatto almeno 24 ore prima, fu diffidato dell’illegalità dell’avviso stesso; fu egli, che dopo la riunione tenuta nella Società Operaia distribuiva le bandiere; che in Piazza Municipio faceva atti di incitamento presso i dimostranti; e infine avesse promossa una precedente dimostrazione allo stesso scopo. Che poi fosse stato visto dal teste a discarico Vizziello Tommaso aggregarsi alla dimostrazione, quando questa si avviava verso il palazzo della Sotto Prefettura può spiegarsi pure per l’interesse che l’imputato avesse a non mettersi in vista presso la P. Sicurezza, che , certamente lo avesse preso già di mira, o di procurarsi un salvataggio colla deposizione di un testimone autorevole: quindi niente di più facile, ch’egli si allontanò momentaneamente quando la dimostrazione giunse in Piazza Plebiscito tornando poscia ad aggregarsi poco dopo.
Che dire poi sul conto di Andrisani Francesco Paolo, Dubla Leonardo e Santantonio Giovanni, che portavano le bandiere? Costoro certamente avevano dovuto essere in accordo coll’Andriulli sul tempo e sul modo come doveva farsi la dimostrazione; altrimenti non potrebbe spiegarsi come mai essi si fossero trovati riuniti in Piazza Plebiscito, come si fossero messi alla testa dei dimostranti, pronti a portare le bandiere che rappresentavano come il segnacolo per raccogliere e dirigere la dimostrazione.
Per gli altri imputati non sono emersi dai risultati del pubblico dibattimento fatti tali da ritenere che fossero stati dei promotori veri e propri o semplicemente dei partecipanti: onde devono essere assoluti.
In ordine alle altre contravvenzioni sembra a questa giustizia che la prova non si sia raggiunta per nessuno degli imputati. Infatti non è risultato quali sarebbero state le grida sediziose emesse, non potendosi certamente ritenere per tali quelle di abbasso Giolitti, abbasso il Governo del Re. Né anche è risultato in modo chiaro se vi fu un vero e proprio rifiuto di obbedienza: se alle volte la giurisprudenza ha ritenuto che le formalità prescritte dagli art 4,5 e 6 della legge di P.Sicurezza ove si tratti di sciogliere una riunione o un assembramento che nella specie, data la mancanza di un trombettiere e l’urgenza del momento, non fu possibile addivenire ai tre squilli di tromba, resta sempre il dubbio se l’ordine di scioglimento fu inteso da tutti gli imputati, e se fu fatto uso della forza per rivolta od opposizione di alcuno di essi a tali ordini, tanto più dei testi a discarico attendibili hanno dichiarato, che qualche arresto avvenne quando la dimostrazione era quasi finita.
Un dubbio resta pure sull’esistenza della contravvenzione di cui all’Art. 457 del C. Penale; perché l’avere i verbalizzanti affermato che col passaggio della dimostrazione per la Piazza S. Francesco dove si celebrava la festa di S. Antonio si fosse disturbata la quiete pubblica e privata della gente che si trovava colà raccolta può essere l’effetto piuttosto di un apprezzamento collettivo che di altro, dato sovratutto il carattere momentaneo e transitorio del fatto che avrebbe cagionato il disturbo.
Poiché in quanto alla pena si crede giusto condannare l’Andriulli, l’Andrisani, il Dubla ed il Santantonio all’ammenda di L. 100 per ciascuno, diminuendo di un sesto nei rapporti dell’Andriulli e del Dubla, entrambi di anni 18.
Mentre tutti e quattro devono essere condannati solidalmente alle spese processuali. Poiché dati i buoni precedenti dell’Andriulli, dell’Andrisani e di Dubla possa loro concedere il beneficio della condanna condizionale sospendendo la pena nel termine di un anno.
Per questi motivi
Il Pretore dichiara Andriulli Vito Nicola, Andrisani Francesco Paolo, Dubla Leonardo e Santantonio Giovanni Benvenuto colpevoli di avere promossa una pubblica dimostrazione con bandiere senza il preavviso alla P. Sicurezza, almeno 24 ore prima, e letto gli art. 1 della legge 30 giugno 1889 della P. Sicurezza; 568 cod. penale; condanna l’Andriulli a lire 83 di ammenda e gli altre tre a lire 100 della stessa pena. Solidalmente alle spese processuali (letto l’art. 344 di P.S.) assolve i detti Andriulli, Andrisani, Dubla, Santantonio nonché tutti gli altri imputati da tutte le altre contravvenzioni loro rispettivamente ascritte per non provata reità.
Letti gli art. 1 e 3 della legge 26 giugno 1904, ordina la sospensione della pena inflitta nei rapporti di Andriulli, Dubla ed Andrisani per un anno sotto le comminatorie della legge.
Il Pretore
Centodieci anni fa, i cittadini materani rivendicarono il loro diritto di poter competere con il resto del Paese per mezzo della ferrovia Grumo-Ferrandina. Ma senza effetto. Nel corso di tutti questi anni le richieste si sono susseguite periodicamente e incessantemente. Matera è passata dal medioevo della città troglodita, a Capitale Europea della cultura 2019, ma l’isolamento infrastrutturale continua a pregiudicarne lo sviluppo e la creazione di attività lavorative con conseguente emigrazione di giovani e famiglie. Una condizione avversa e sciagurata non più ignorabile, che non potrà comunque essere superata dalla sola tratta Ferrandina-Matera.
bella rievocazione!