Nella sede AIEA di Matera, in Viale De Martino 65, le associazioni WWF Matera, Comitato No Inceneritore, AIEA – Associazione Italiana Esposti Amianto e Medicina Democratica hanno comunicato ai giornalisti gli aggiornamenti sull’iniziativa “Grazie, non fumi”, lanciata il 6 gennaio scorso e illustrare nel dettaglio il ricorso da presentare al TAR contro la delibera della giunta regionale n. 1197 del 7/11/2017 che ha autorizzato Italcementi a bruciare nel suo cementificio in località Trasanello, alle porte di Matera, ulteriori 48.000 tonnellate all’anno di CDR (Combustibile derivato da rifiuti, cioè rifiuti) e CSS (Combustibile solido secondario, cioè plastiche varie).
All’incontro hanno partecipato Mimmo Genchi, Francesco Filippetti e per il Comitato No Inceneritore a Matera, Nicola Frangione per Medicina Democratica e Mario Murgia per AIEA e l’avvocato Angelo Calzone, il legale scelto per preparare il ricorso con cui portare avanti una impegnativa azione amministrativa al Tar.
Come annunciato subito dopo la pubblicazione della “sciagurata” delibera regionale – ha dichiarato Genchi – il Comitato No inceneritore a Matera, il WWF, l’AIEA e Medicina Democratica si sono immediatamente attivate per predisporre un ricorso al Tar di Basilicata per chiedere l’annullamento di questo atto amministrativo. Dopo aver acquisito la consulenza di un tecnico di Genova ci siamo rivolti all’avvocato Angelo Calzone, che è già riuscito a vincere i ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato per fermare la costruzione di un pirogassificatore a Metaponto. Calzone è anche il presidente del WWF di Vibo Valentia. Calzone ha preparato il ricorso che abbiamo depositato il 12 febbraio scorso al Tar, che dovrà esaminarlo il 21 febbraio o il 7 marzo prossimi. Ricordo che un altro ricorso è stato presentato dal Comune di Santeramo, mentre il Comune di Ginosa procederà successivamente con un’intervento di supporto al ricorso del Comune di Santeramo. Il Comune di Montescaglioso inoltre ha deciso di inviare un ricorso al Presidente della Repubblica. Quindi non siamo solo quattro ambientalisti come dice Italcementi. Purtroppo il Comune di Matera ha evitato di esporsi su questa vicenda e il suo silenzio-assenso ha favorito questo atto di prepotenza sul territorio e sulla salute dei cittadini. Con questo ricorso chiediamo di sospendere la delibera con cui la Regione Basilicata ha autorizzato Italcementi a bruciare 60 mila tonnellate di rifiuti. Il rischio che il ricorso non venga accolto c’è ma noi non ci fermeremo”.
Angelo Calzone illustra le motivazioni contenute nel ricorso presentato al Tar: “Bisogna prendere in considerazione tre aspetti. Il diritto alla salute inteso come diritto ad un ambiente salubre, l’ambiente in generale e tutto quello che riguarda gli ecosistemi antropici e le modalità e i termini della valutazione ambientale realizzata dall’Ente competente alla Regione e una valutazione più ampia che però è il cuore della valutazione ambientale ovvero il fatto che non è stato effettuato il bilanciamento tra il sacrificio imposto ai cittadini e alla natura, alle attività economiche, al turismo, all’agricoltura, all’enogastronomia, rispetto ai benefici che si possono trarre dall’attività autorizzata dalla Regione ad Italcementi. Un bilanciamento che non è stato effettuato e si decide di passare da 12 mila a 60 mila tonnellate di rifiuti senza valutare minimamente gli impatti che incidono così fortemente sul territorio.
Dal punto di vista della salute umana e del diritto ad un ambiente salubre abbiamo rilevato che mancano le prescrizioni sanitarie da parte del sindaco di Matera, così come previsto dalla legge. Le prescrizioni si risolvono in un parere che prevede valutazioni che riguardano la situazione sanitaria della popolazione, le incidenze che ha sull’acqua, sul terreno, sul suolo nell’aria le emissioni di fumi da parte della cementeria, lo stato di mortalità e di morbidità, indagini che hanno a che fare con il rischio di incidenti rilevanti. Queste prescrizioni che dovevano essere contenute nella VIA in realtà mancano del tutto. E non possono essere sostituite da un parere favorevole alla concessione dell’AIA da parte di un dirigente o di un assessore comunale.
Inoltre queste prescrizioni non sono sostituite neppure dal parere dell’Asm, parere nel caso di specie condizionato all’applicazione del protocollo d’intesa già sottoscritto con le associazioni ambientaliste, il Comune di Matera e l’Ente Parco, protoccolo denominato “Non mento sul cemento”. Per la Regione Basilicata questi protocolli non servono a niente e quindi per l’AIA non li dobbiamo neppure considerare e quindi non sono applicabili.
A nostro avviso andava condotta anche una indagine epidemiologica da parte della Regione, che diventa presupposto dell’AIA. Prima di autorizzare un’emissione così consistente di diossine, di fumi e di materie chimiche doveva essere verificato lo stato sanitario della popolazione.
Per quanto riguarda invece il metodo seguito per la valutazione di impatto ambientale la cosa che è balzata agli occhi è il fatto che sia parziale, perchè prende in considerazione solo il passaggio da 12 mila a 60 mila tonnellate di rifiuti da bruciare presso la Cementeria di Matera pur nell’evidenza del fatto che la VIA manca da quando è stato realizzato l’impianto. Nel 201′ c’è stata una verifica di assoggettabilità ma non una verifica di impatto ambientale. Quindi la Corte di Giustizia Europea e la Corte Costizionale nelle sentenze dicono che se manca la valutazione di impatto ambientale non si può fare una valutazione parziale o limitata ma bisogna prendere tutto, compreso l’impianto. A questa valutazione parziale si è aggiunto un altro problema, cioè che non si è tenuto conto degli impatti comulativi. Qui accanto alla cementeria ci sono due cave, quella di Trasanello e quella di Torre Spagnole. Lo studio di impatto ambientale presentato da Italcementi evidenziano che sia l’una che l’altra cava hanno un impatto significativo dell’ambiente per l’attività di escavazione, emissione di polveri e trasporto di materiale con tutto quello che deriva per l’utilizzo di mezzi meccanici. Si tratta di attività connesse all’attività della cementeria, perchè c’è un nastro che collega le cave alla cementeria. Bisognava tenere conto della strada statale 7. Inoltre parallelamente alla valutazione di impatto ambientale dell’impianto è stata fatta una valutazione di impatto ambientale limitata alla cava di Trasanello. Per logica è chiaro che se prendo in considerazione solo la cava o solo l’impianto l’impatto è diverso. Se li prendo insieme l’impatto è maggiore. Inoltre non è stata fatta a distanza di tempo l’una e l’altra e allora mi chiedo per quale ragione questa valutazione è stata frammentata. Avrei capito se fossero state fatte in tempi completameante lontani, è evidente che è un modo per aggirare l’ostacolo.
Altra questione riguarda la valutazione di incidenza ambientale, che manca di una valutazione dell’impatto cumulativo del progetto e non di tutte le attività annesse e connesse. Poi ci sono altri vizi di carattere procedurale. La legge dice che trattandosi di impatti che possono interessare paesi limitrofi visto che si trova al confine tra le Regioni, il progetto dell’AIA andava mandato sia alla Regione Puglia che agli altri enti competenti, di cui andava acquisiti anche i rispettivi pareri. Non è stato fatto neanche questo. Anche l’Ente Parco della Murgia Materana, l’ente competente dal punto di vista ambientale, non è stato ascoltato in merito.
Per quanto riguarda la corrispondenza al piano regionale di gestione dei rifiuti. L’autorizzazione fa riferimento al piano regionale di gestione dei rifiuti del 2012 mentre oggi siamo nel 2018 e nel frattempo è stato approvato un altro piano regionale di gestione dei rifiuti che prevede cose diverse rispetto al passato. Per esempio una delibera della giunta regionale autorizza questi impianti quando ne rileva l’indispensabilità e comunque stabilisce che è valida entro settembre 2014. Ora siamo nel 2018, c’è un nuovo piano regionale dei rifiuti e questa indispensabilità dell’impianto deve essere valutata in riferimento al nuovo piano di gestione dei rifiuti che prevede al massimo i rifiuti che possono essere rifiuti nei due cementifici lucani, quello di Matera e quello di Barile deve essere al massimo di 36 mila tonnellate complessive all’inceneritore di Fenice o 18 mila per impianto, a Matera e Barile. Il trend dei rifiuti prodotti in Basilicata è in calo probabilmente anche per un calo demografico. Quindi dire che questo tipi di impianti è indispensabile nell’ambito del piano di gestione dei rifiuti non tenento conto di questi dati è un errore anche perchè contrasta con il piano regionale di gestione che va in tutt’altra direzione, che prevede di eliminare gli inceneritori e a Matera c’è un impianto di co-incenerimento perchè non si limita solo a bruciare i rifiuti ma li utilizza come combustibile. Smalatisce i rifiuti attraverso l’incenerimento ma realizza un prodotto, il cemento. Dire che questo è indispensabile per la gestione de rifiuti è un travisamento dei fatti, perchè dal punto di vista oggettivo mancano i presupposti e vuol dire che i rifiuti li porteranno da fuori. Voglio ricordare che nella valutazione di impatto ambientale concessa a Italcementi non ci sono nemmeno limiti alle emissioni olfattive e Italcementi potrà stoccare i rifiuti all’aperto. Adesso attendiamo la risposta del giudice, che potrebbe ritenere fondato il ricorso ma dichiarare che non c’è danno grave e irreparabile, negando quindi la sospensiva, potrebbe accogliere il ricorso come noi ci auguriamo e in quel caso si dovranno attendere i tempi necessari per consentire al Tar di entrare nel merito del ricorso”.
Michele Capolupo
La fotogallery della conferenza stampa (foto www.SassiLive.it)